di Giovanni Caselli

Benozzo Gozzoli, Cacciata dei diavoli da Arezzo – Montefalco, ciclo affreschi sulla vita di San Feancesco

Quasi svanita l’autorità politica dei vescovi, gli aretini cambiarono modo di governo. Il supremo potere era esercitato da un’assemblea generale di tutti i cittadini, una specie di parlamento cui partecipavano le famiglie residenti da lungo tempo in città e che doveva discutere e decidere intorno ai bisogni e necessità di maggiore entità. Ciò non riuscì ad eliminare le discordie dovute ai vari orientamenti politici. Gli aretini si schierarono in due fazioni: ghibellini e Tarlati da una parte, guelfi dall’altra.                                                          

Alla rinnovata importanza politica si accompagnò una fioritura culturale: la città si dotò di una università , lo Studium, già attiva nel 1215 i cui ordinamenti risalgono al 1252 brillarono i primi ingegni della nuova poesia lirica italiana Guittone d’Arezzo e Cenne de la Chitarra; della scienza con quel Ristoro che nel 1282 scrisse la prima opera scientifica in volgare; della composizione del mondo; e della pittura, con Margaritone d’Arezzo, poi affiancato da maestri fiorentini e senesi quali Cimabue e Pietro Lorenzetti.                                     

In questo periodo (1282) la città era governata dai Guelfi capeggiati dalla famiglia Bostoli il cui potere durò dall’anno 1282 al 1287, quando fu siglato un accordo tra la famiglia Bostoli e i Tarlati con il vescovo Guglielmino Ubertini che rese Arezzo ghibellina.             

Nella famosa battaglia di Campaldino (1289) l’esercito ghibellino aretino fu sopraffatto dalle preponderanti forze guelfe fiorentine e senesi. Gli eserciti vincitori però non riuscirono ad espugnare la città che seppe resistere eroicamente agli assalti. Arezzo così divenne ghibellina grazie anche all’odio nutrito verso i guelfi di Firenze.   

                                                              

Le lotte interne fra i due maggiori partiti erano intrecciate, se così si può dire, con quelle esterne per l’allargamento del territorio. All’interno la lotta per il potere si svolse tra la famiglia degli Ubertini e quella dei Tarlati. Guido Tarlati nel 1312 ottenne la vittoria e fu nominato signore a vita della città. Il clero gli tolse la sua protezione, perché questo signore si era dato anima e corpo ai ghibellini: allora nel 1324 Guido fu scomunicato da papa Giovanni XXII sotto l’accusa di eresia.

La dominazione fiorentina

Nel 1328 morì Guido Tarlati e il governo della città fu assegnato ai fratelli Pier Saccone e Tarlato, rivali del partito presieduto da Buoso degli Ubertini nominato vescovo da Giovanni XXII. Questo fatto, associato alle rivolte delle città assoggettate, alle guerre contro Perugia, alle avversità delle più importanti famiglie aretine, fece sì che i Tarlati si trovassero in grande difficoltà a governare.                                                                   

Nel 1337 Pier Saccone dovette accettare, (forse per amor di pace o per un compenso di una forte somma di denaro) che i Fiorentini spadroneggiassero su Arezzo per un certo periodo. Nel 1343 essendo stato cacciato da Firenze il duca di Atene, anche gli aretini, approfittando della situazione, si ribellarono a Firenze riacquistando la propria autonomia. Numerosi furono i tentativi per la riconquista del potere in città, ma il più importante parve essere quello del vescovo Giovanni degli Albergotti. Ma il tentativo fallì.

Nel 1384 Firenze approfittò delle lotte fra Carlo di Durazzo e Luigi d’Angiò per la conquista del trono di Napoli per occupare la città di Arezzo. Quindi il potere passò nelle mani di Carlo di Durazzo che mandò a governare Arezzo Jacopo Caracciolo. Nel settembre del 1384 la città fu occupata dal francese Enguerrand de Coucyche durante la sua discesa in Italia, con la scusa di aiutare Luigi d’Angiò, saccheggiò la città di Arezzo; mentre Caracciolo dovette rifugiarsi con i suoi nella fortezza chiamata cittadella. Firenze corruppe questo condottiero francese con una forte somma di denaro (40 000 fiorini d’oro) e quindi ridiventò padrone di Arezzo.

I Medici

La situazione ad Arezzo, (dal punto di vista demografico), all’inizio del Principato mediceo risultava confortante perché, la popolazione, XIV secolo rispetto ai dati dell’inizio del + (circa 18.000 abitanti), era, come nelle altre città della Toscana, aumentata, (in totale si era arrivati a 22.698 abitanti). Questo dato però non rimase costante per tutta la durata del Principato, secondo i risultati demoscopici del 1745, epoca in cui cessò la dominazione medicea. Mentre a Pisa, a Pistoia, a Firenze, la popolazione era aumentata, ad Arezzo era successo l’inverso: dai 22 698 abitanti si era passati ad appena 17 610.

Tutto ciò ebbe inizio con la politica e il governo di Cosimo I (1519-1574), che modificò considerevolmente l’assetto urbano della città di Arezzo. A partire dal 1539 Arezzo subì consistenti modifiche ad opera del Granduca, che rivoluzionò in grande parte la struttura urbana: chiese, palazzi, torri e interi quartieri furono distrutti. Nel 1561 il Granduca procedette anche alla distruzione totale del Centro Sacro di Pionta per erigere al suo posto una nuova cinta muraria e fortificare ulteriormente la Fortezza di Sangallo. A Cosimo I successe Ferdinando I: l’unico Granduca che si possa ricordare per le sue opere ad Arezzo. Egli seppe ben investire il denaro ricavato dalle imposte sui suoi sudditi in una grande opera di bonifica della Val di Chiana.

  1. Angelo Tafi, Pionta il Vaticano Aretino, Calosci Editore, 1995.
  2. Vito Piergiovanni, Medioevo Notarile, Giuffrè Editore, 2007.

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