Un itinerario in auto

Montauto visto da Colignola nei pressi del Passo di Scheggia

La strada consolare romana detta Ariminensis che congiungeva Arezzo con Rimini è ancora oggi percorribile, il nuovo tracciato infatti segue prevalentemente l’antico, diramandosi,  come è ovvio immaginare per l’importanza della via di comunicazione, in più percorsi per toccare località limitrofe. Oltre che incantevole dal punto di vista paesaggistico, l’itinerario è disseminato di  edifici medievali e resti di età romana. Ne abbiamo percorso un tratto, quello che da Arezzo attraverso il Passo di Scheggia, conduce ad Anghiari. La statale odierna prende il nome di Libbia. Il percorso originario passava dove oggi troviamo il castello di Montauto, ricordato già dal 967 quando Ottone I lo concesse a Goffredo d’Ildebrando dei Barbolani, un’importante famiglia di feudatari, proprietari di molti castelli nella zona; l’estensione del loro feudo era tale che gli permetteva di muoversi da Anghiari ad Arezzo senza mai uscire dai propri confini.

Da qui la strada si biforcava: un ramo si dirigeva verso Castrum Angularium (Anghiari) per  poi scendere verso la valle del Tevere, l’altro procedeva verso Ponte alla Piera, Sigliano e Pieve Santo Stefano, ricongiungendosi al ramo precedente.

Ci lasciamo il Montauto alla sinistra che con la sua forma appuntita, cui deve il nome, si staglia alto tra i monti Rognosi, oggi area protetta. Come spiega il Repetti nel suo Dizionario: ”non tanto dall’essere in gran parte nudi di vegetazione, ma forse anco dall’aspetto della loro superficie sparsa di macchie verdi, nere e bianche, a similitudine di una pelle umana coperta di scabbia” il cui nome non è tra i più accattivanti, ma si deve alla loro particolare composizione rocciosa costituita da “ofioliti” o roccia del serpente, come il Sasso di San Zanobi, di origine magmatica di colore nero o verde scuro, ricca di minerali di rame sfruttati sin dal passato più lontano e dalla vegetazione particolarissima.

 

 

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Decidiamo di deviare a sinistra seguendo uno dei percorsi dell’antica Ariminensis che ci condurrà a Ponte alla Piera. Il centro abitato si sviluppa lungo il Cerfone tributario del Sovara e conserva, oltre al suo curato agglomerato di case e l’aspetto di antico centro medievale, il bel ponte del XIII secolo, già ponte romano, con il suo  bell’arco a sesto acuto.

Scendiamo verso la valle del Sovara e, all’indicazione Galbino, giriamo a destra. La strada è sterrata ma dopo pochi chilometri si apre alla nostra vista, con tutta la sua magnificenza, il castello.

Galbino, il castello

Imponente con i suoi quattro torrioni circolari e l’elegante facciata a carattere rinascimentale, nonostante i rimaneggiamenti subiti. Appartenne alla potente famiglia dei Barbolani signori anche di Galbino.

Galbino una delle quattro torri del castello

Lungo il Sovara una breve deviazione a destra ci porta alla Pieve di Santa Maria alla Sovara, una delle architetture romaniche meglio conservate della Val Tiberina toscana.

L’edificio risale al X-XI secolo anche se il suo aspetto attuale lo riconduce al XV secolo data di edificazione del massiccio campanile.

Sovara il paesaggio con i campi a tabacco con la Pieve
Sovara la pieve triabdidata
Sovara, il campanile

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