E iniziamo con la ciancifricola il cui nome è già tutto un programma.
Vediamo perché: il suo appellativo deriva da due modi di dire dialettali e precisamente da cianciare e fricolare. Se il primo è di uso comune ancora oggi, nel senso che tutti sanno cosa siano le ciance, il fricolare è meno usato e diffuso. Ma non perdiamoci in ciance, ovvero senza perdersi in discorsi inutili, e vediamo invece di raccapezzare qualche significato per fricolare che pare derivare dal latino fricare, stuzzicare o sfregare, costruito in forma iterativa cioè indicativa di un’azione che si attua in modo ripetuto, da cui fricolare, quasi un fare e rifare senza costrutto.
In effetti la ricostruzione etimologica non mi soddisfa a pieno e preferisco riferirmi a Giovanni Righi Parenti che nel suo “La cucina toscana” taglia corto sull’etimo e riassume in un’espressione il significato di fricolare che a suo dire sta ad “esprimere tutto quel tramestio e quel darsi da fare, talvolta inconcludente, dei preparativi all’ultimo minuto”.
Definisce inoltre la ciancifricola un piatto tipico della nostra campagna e particolarmente della zona di Monte Stigliano, nel senese.
Il piatto è a base di uova cui s’accompagnano le cipolle, l’aglio, gli odori e qualche pomodoro.
La ricetta, senza indicare le quantità, recita di far soffriggere l’olio con un trito di aglio e cipolla poco sale e pochissimo pepe, quindi due pomodori. Dopo che le verdure saranno appassite si sbattono le uova con un po’ di brodo e si mescolano all’intingolo ottenuto facendo completare la cottura agli albumi; al termine il tutto deve risultare ben cotto, ma non asciutto.


Se la ciancifricola non vi stuzzica, passiamo ad una frittata con un prodotto raccolto in primavera nel bosco, abitudine ormai caduta in disuso, ed è un peccato, perché il suo gusto è delicato e ricorda quello degli asparagi: è la frittata di vitalba. Il nome scientifico è clematis vitalba, pianta rampicante molto gradita alle greggi ma anche, in tempi lontani, agli umani per la realizzazione di frittate rustiche oppure semplicemente bollita e condita. Dalla fine di maggio e quasi per tutto il mese di giugno se ne coglievano i butti prima della fioritura, “una rara ghiottoneria” li definisce nella sua ricetta Neri Parenti:
E aggiunge che qualcuno ama prepararle come per gli asparagi aggiungendo un po’ di formaggio grattugiato, anche pecorino.
Ricorda inoltre e avverte che vanno raccolti solo i germogli delle vitalbe, i rami più legnosi infatti possono dare disturbi se ingeriti o a contatto con le mucose.
E per finire i “rivolti di Chiusure” dove sono gli albumi a farla da padrone. Chiusure è un paesino del senese a pochi chilometri dalla ben più nota abbazia di Monte Oliveto che si può ammirare anche dal paese affacciato come una terrazza sulla bella abbazia. A Chiusure inoltre, non va dimenticato di citare una nota trattoria dal nome invitante, Paradiso, e dai piatti genuini e saporiti.
Ma torniamo ai nostri “rivolti” che possono essere anche “gialli” se si usano le uova intere:
Beh, tutte le varianti a leggerle paiono abbastanza invitanti, non resta che provarle!

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