di Giovanni Caselli

L’invasione dei Longobardi, discesi in Toscana poco prima del 575 (occuparono Arezzo non molto tempo dopo), costrinse gli aretini a rifugiarsi sul Colle di San Donato luogo ritenuto più sicuro, ove rimasero fino al XII secolo. Sotto il regno di Rotari (636 – 652) quando Siena inizia a crearsi uno spazio per la sua esistenza tra Arezzo e Volterra iniziò una lite con Arezzo per il possesso dei territori di una ventina di pievi. In questo periodo nella città di Arezzo il potere era in mano al vescovo Cunemondo (753 – 782) che qui fondò il primo monastero e fu nel 774 sotto il cui dominio che Carlomagno pose fine alla dominazione longobarda dando inizio a quella dei Franchi.
Nella città di Arezzo che risorge dalle sue vetuste rovine etrusco-romane troviamo che nel 714 vi è una Curtis Domno Regis presso San Martino, poiché vi ebbe luogo un dibattito davanti a un messo regio, ma questa è la sola menzione che si fa di questa corte. Purtroppo non sappiamo dove fosse ubicata questa chiesa di San Martino ad Arezzo, nonostante sia menzionata in tutti i più antichi elenchi di chiese, pare che sia scomparsa, ma forse si trovava nel Pionta. La curtis di Arezzo, probabilmente nel colle del Pionta, fu il primo centro dell’amministrazione regia, come dice il Pasqui, lo storico aretino. Non è certo che vi risiedesse Carlo il Calvo in occasione del suo documentato soggiorno dell’876.
I discendenti di Carlo soggiornarono tutti nel Palazzo Vescovile del Pionta, del quale parleremo più avanti. Carlo II riferisce del suo soggiorno in Arezzo (ha actum in ecclesia sancti Donati). Tuttavia nonostante la pessima condizione delle strade la città veniva frequentata anche dai sovrani. Secondo una nota informazione del Libellus de imperatoria potestate in urbs Roma, Carlo il Calvo donò alla Chiesa Romana le civitates di Arezzo e di Chiusi. Fu probabilmente in questa occasione, scrive lo Schneider, che il palazzo reale con i locali ad uso dell’amministrazione, venne definitivamente ceduto. Carlo dette ai Romani tutto quello che desideravano da lui, come del resto si donano le cose che non abbiamo diritto di avere e che temiamo debbano essere restituite, come spiega il libello. Il re aveva già in precedenza dispensato, con generosa manica larga, beni statali al Vescovo aretino Giovanni, suo particolare fedele.
Nella città stessa il Vescovo ottenne il foro anche se ormai non aveva più valore dopo la cessione della contea, per ragioni di disciplina ecclesiastica, affinché la cattedrale e la casa fortezza del chierici, o claustralis munitio, del Pionta, non restassero più a lungo fuori dalla città. Una curtis di Arezzo chiamata turris (probabilmente la più antica torre cittadina documentata in Toscana) era pervenuta mediante permuta con un conte a Carlo II, che la regalò al Vescovo. Il perielasium, o anfiteatro, e menzionato solo nel 936. Un esteso campo nelle vicinanze, Longoria, era dello stato, Ugo e Lotario lo regalarono in quell’anno ai canonici.
Alla contea apparteneva nel 916, Gratigiata, il campo ad ovest della città, davanti all‘antica Porta Fori, nella zona dove si trovava anche il Piunta, che fu donato al Capitolo da Berengario I. Il Capitolo del Duomo, nelle lotte per il trono che seguirono, non poté mantenere il possesso di queste terre situate in buona posizione. Queste terre passarono di mano in mano, per essere riacquistate da Berta, la moglie del Marchese Adalberto II e alla sua successione divennero beni privati di suo figlio, il re Ugo, che a sua volta li ridonò al Capitolo. Corrado II nomina insieme al Piunta, una vinea regia, che era stata parte di questi possessi con l’amministrazione della Corte principale della città di Arezzo. Questi possessi regi nelle vicinanze della città dovevano essere un bene cittadino come lo erano già nell’803 “la terra de hominis Aritini”, che rimaneva non lontano dalla città in un colle dove brucavano le pecore. Non avendo nozione del Pionta, lo Schneider fa un po’ di confusione, ma è chiaro che faccia riferimento a questo colle. Nell’819 un prete aveva costruito una chiesa e affittato dal conte una terra incolta per dissodarla; nell’835 Lotario I donava la chiesa e le sue pertinenze al Vescovado di Arezzo affermando che quel prete l’aveva ceduta da sua proprietà al re Pipino, che morì nell’810. Non sappiamo dice Schneider se vi era in origine terreno statale o se solo la chiesa appartenesse allo spirituale. Ma poiché nell’819 questo terreno viene descritto come posto in territorio Arretinae civitatis, si potrebbe pensare più a un antico bene cittadino che a una posteriore donazione allo stato. La translazione delle reliquie delle SS Florae et Lucillae da Roma ad Arezzo, fu l’atto che causò la fondazione del più antico monastero benedettino di Arezzo, che è dei primi del X secolo.

Dai vescovi ai vescovi-conti ad Arezzo
Il dominio dei Franchi, che si estese sul territorio e la città di Arezzo non si affermò con la violenza ma con moderata saggezza anche nei riguardi della popolazione Longobarda ancora numerosa in Arezzo. Carlo Magno mirò piuttosto ad estendere anche ad Arezzo una riforma, portata avanti pure dai suoi successori, che favorì un ulteriore sviluppo delle strutture ecclesiastiche a tutto vantaggio dei vescovi che così si videro favoriti e arricchite e abbellite le loro chiese. Tra questi si ricordano: Pietro I (830?-850?) che ottemperò alla richiesta di Lotario che presso la Cattedrale del Colle del Pionta fosse istituita la “Canonica”. A lui successero Pietro II (853-865) e poi Giovanni (868?-900), sotto il quale la Cattedrale dal Pionta venne trasferita nella chiesa di San Pietro. Da Arnaldo in poi (1052), durante la lotta per le investiture, nelle mani del vescovo passò il potere temporale e religioso. Si creò la figura del vescovo-conte.
In questo periodo, ad Arezzo, i vescovi furono: Everardo (960), Elemperto (986- 1010), Guglielmo (1010-1013?), Teodaldo (1023-1036), Immone (1036-1051), Arnaldo (1052-1062) Gregorio I (1104-1114) . Nel 1111 Arezzo subì l’occupazione, la devastazione e il saccheggio da parte dell’esercito di Enrico V per cui questi incorse successivamente (1115) nella scomunica da parte di papa Callisto II. Nel 1122 terminarono le lotte tra Papato e Impero con il concordato di Worms tra Enrico V e il Papa: i vescovi-conti ripresero la loro autonomia in Arezzo come nelle altre città della Tuscia. Ma, il potere dei vescovi-conti tendeva a perdere l’autorità che i Papi e l’imperatore avevano loro assegnato; ciò, più che altro per logoramento. Gli aretini allora indignati, nel 1131, arrivarono al punto di assalire e distruggere il castello vescovile che era stato edificato fuori delle mura sul Colle del Pionta.
In questo periodo si susseguirono come vescovi: Buiano (gennaio 1129 – 30 maggio1134), Mauro (1134 – 1142), Girolamo (1144-1177).
Poiché il popolo o almeno gli estremisti, stavano recando danni alla cattedrale, il vescovo e il suo seguito decisero di trasferirsi dentro le mura e ciò avvenne nel 1203. Verso il 1300 Arezzo cominciò a espandere il suo dominio ben oltre le vecchie mura dalla Val Tiberina fino al Casentino, sfiorando il Valdarno.
Non si sa se sia leggenda o verità, che ad Arezzo si creda che Via Sasso Verde, la strada che corre dietro al Duomo di Arezzo, sia una corruzione del teutonico Sachsen Ward e che indichi il luogo dove si trovava la caserma della guardia sassone dei vescovi aretini. E’ infatti emersa ad esempio la notizia che alcuni vescovi di Arezzo erano in origine sassoni e continuarono ad avere una loro guardia armata da quella regione della Germania.
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