Celebri battaglie in terra di Toscana

Azzo di Masetto – Scontro tra cavalieri (particolare di affresco fine sec. XIII)

La battaglia di Alalìa fra Etruschi, Greci e Cartaginesi (540 a.C. circa)

 La battaglia di Talamone tra Celti e Romani del 225 a.C.

 La battaglia di Talamone narrata da Polibio

Annibale dalla Trebbia al Trasimeno 217 a.C.

La battaglia di Pistoia (62 a.C.)

La battaglia di Scarperia del 542 d.C.

La battaglia di Montaperti fra storia e leggende (4 settembre 1260)

11 giugno 1289, la battaglia di Campaldino

La battaglia di Colle val d’Elsa

La battaglia della Meloria

La battaglia di Montecatini

Linea Gotica in Toscana: la battaglia del Giogo (settembre 1944)

Firenze scomparsa: i vecchi Tiratoi a Firenze

Da: Guido Carocci, Firenze scomparsa, Firenze 1897

Fabio Bprbpttoni – Tiratoio delle grazie

“Ricordo e simbolo dell’importanza infinita di un’arte che fu la causa prima e principale della ricchezza e della potenza di Firenze erano i tiratoi, quei colossali e strani fabbricati che fra un basamento di pietrami ed una gigantesca tettoia racchiudevano un laberinto di terrazze, di scale, di anditi, di antenne, di traverse, di staggi, una costruzione di legname insomma d’un tipo tutto speciale. Come lo dice il loro stesso nome, cotesti edifizi erano usati per stendere e tirare le stoffe, nella stessa guisa che le Gualchiere erette fuori della città sulle rive dell’Arno servivano a lavare e battere le stoffe medesime. Appartenevano o alla corporazione dell’arte della Lana o a società commerciali o a famiglie che esercitavano l’arte della lana o quella della tintoria. L’ampiezza di questi tiratoi dove potevano trovar posto migliaia di braccia di stoffe e matasse in gran copia, il numero cospicuo di questi edifizi esistiti in un epoca a Firenze servono a dare una idea della immensa quantità di produzione che Firenze diffondeva in ogni parte del mondo. E l’arte della lana era difatti la fonte principale di quelle ricchezze che affluivano a Firenze e che facevano della nostra repubblica uno de’ più forti e più autorevoli Stati d’Italia. Le galere coll’orifiamma fiorentina trasportavano anche ne’ mari più lontani i panni qui lavorati, in tutti i centri più importanti d’Europa e d’Asia i nostri mercatanti avevano case e rappresentanti ed i guadagni prodotti da quest’industria contribuirono efficacemente a render Firenze così splendida per dovizia e per imponenza di monumenti. Nel xiv e xv secolo si può dire che oltre una metà della nostra popolazione fosse occupata nell’esercizio dell’arte della lana e ricercando fra le matricole di quest’arte si ritroverebbero facilmente fra i proprietari di tiratoi, di fabbriche, di fondachi, di banchi d’arte della lana i nomi delle famiglie che nella storia fiorentina occupano le pagine più gloriose, delle famiglie più cospicue che costituirono la nostra nobiltà. Li stessi cittadini che discendevano dai più alti lignaggi, che avevano conquistato i gradi più elevati nel governo dello stato, che avevano avuto onori e titoli e dalla repubblica e da sovrani stranieri, stavano a trattar di persona i loro affari, dirigevano i loro fondaci, andavano all’estero per ismerciare le loro mercanzie.

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Paesi fantasma in Toscana

e piccoli borghi abbandonati

Isola Santa

Isola Santa

Castelnuovo dei Sabbioni

Lucchio un paese semi abbandonato

Poggio Santa Cecilia, un borgo abbandonato

Toiano in Valdera

Franchi e Longobardi ad Arezzo

di Giovanni Caselli

Rotari e la sua corte (particolare di una miniatura dell’XI secolo)

L’invasione dei Longobardi, discesi in Toscana poco prima del 575 (occuparono Arezzo non molto tempo dopo), costrinse gli aretini a rifugiarsi sul Colle di San Donato luogo ritenuto più sicuro, ove rimasero fino al XII secolo.  Sotto il regno di Rotari (636 – 652) quando Siena inizia a crearsi uno spazio per la sua esistenza tra Arezzo e Volterra iniziò una lite con Arezzo per il possesso dei territori di una ventina di pievi. In questo periodo nella città di Arezzo il potere era in mano al vescovo Cunemondo (753 – 782) che qui fondò il primo monastero e fu nel 774  sotto il cui dominio che Carlomagno pose fine alla dominazione longobarda dando inizio a quella dei Franchi. 

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La battaglia di Montaperti nella Divina Commedia

«Lo strazio e ‘l grande scempio
che fece l’Arbia colorata in rosso,
tal orazion fa far nel nostro tempio».
Inf.  X, 85-88

Battaglia di Montaperti

La battaglia di Montaperti, una delle più sanguinose battaglie del medioevo, trova vari riscontri nella Divina Commedia. Lo scontro fra la guelfa Firenze e la ghibellina Siena, avvenuto nel 1260, impegnò oltre 55.000 soldati, un numero esorbitante per i combattimenti dell’epoca, e la sconfitta dei fiorentini garantì a Siena la propria autonomia per qualche secolo.

Ancora al tempo di Dante, nato 5 anni dopo, e per tutto il Trecento l’evento trova ampia eco negli scrittori dell’epoca e nell’immaginario collettivo.   … continua a leggere    La battaglia di Montaperti nella Divina Commedia

La battaglia di Montecatini

Lo scontro fra Guelfi e Ghibellini del 29 agosto 1315

Filippo I d’Angiò e Uguccione della Faggiola (illustrazione del XIV secolo)

Agli inizi del XIV secolo l’arrivo in Italia dell’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo dette nuovo vigore alle città ghibelline che nei decenni precedenti erano state sopraffatte da quelle guelfe appoggiate dagli Angioini e dal Papa.
Proprio per controbattere le forze imperiali Firenze organizzò una lega delle città guelfe appoggiate dai d’Angiò, A capo delle città ghibelline venne chiamato Uguccione della Faggiola signore di Pisa che occupò i territori della Valdinievole e si accingeva ad attaccare Montecatini, un castello fortificato di origine romana posto a 300 m di altitudine. Uguccione era un capitano di ventura di fede ghibellina, amico anche di Dante che tante speranze, poi deluse, aveva riposto nella discesa di Arrigo VII in Italia. Dall’altra parte il principe Filippo d’Angiò a capo del potente esercito della lega guelfa, aveva conquistato Borgo a Buggiano, un castello sulla strada per Lucca, nel tentativo di tagliare i rifornimenti dalla città recentemente conquistata dai pisani. Stettero vari giorni uno di fronte all’altro finché nella notte fra il 28 e il 29 agosto Uguccione ordinò di togliere l’assedio a Montecatini e di ritirarsi. … continua a leggere La battaglia di Montecatini

Arti e mestieri del passato

Quattro chiacchiere su Firenze: antichi mestieri

Corinto Corinti: via Calimala, la via dei pannilani

I merciai a Firenze nel Medioevo

L’Arte dei Beccai e la bistecca alla fiorentina

Santa Maria Novella a Firenze: storia di un’antichissima spezieria

Il Cappello di paglia di Firenze: un’antica manifattura toscana

Prato una vocazione antica: l’Arte della lana e del tessuto

Magia e stregoneria nella Romagna toscana

di Giovanni Caselli

“Non solo ho trovato che tutti i nomi degli antichi dei etruschi sono ancora noti ai contadini della Romagna toscana, ma c’è di più, sono riuscito a provar ciò in maniera inconfutabile.”
Charles Godfrey Leland, l’americano che scoprì l’essenza della Romagna toscana.
Charles Godfrey Leland (1824-1903), esperto in religioni comparate e presidente della Gypsy-Lore Society, recuperò, sul finire dell’800, nella Romagna toscana, uno straordinario retaggio di elementi del paganesimo etrusco-romano, inspiegabilmente sopravvissuti nella tradizione popolare vivente.
Il fatto straordinario è che ciò non avvenne in regioni remote e marginali della nostra penisola, bensì nel cuore della campagna italiana più evoluta e ricca. E’ evidente, come appare attraverso il rigoroso ed ineccepibile lavoro del Leland, che nella Romagna toscana e in aree limitrofe della provincie di Firenze ed Arezzo, la “vecchia religione” era sopravvissuta intatta sino ai giorni nostri, a fianco di quella cristiana, relegata de facto in secondo piano e anche a fianco delle superstizioni notoriamente presenti nella cultura popolare.  … continua a leggere    Magia e stregoneria nella Romagna toscana

Articolo correlato: La Romagna toscana 

La battaglia di Colle val d’Elsa

La resa di Colle val d’Elsa

Il 17 giugno 1269 le truppe dei guelfi di Firenze al comando di Jean Britaud de’ Nangis, legato di Carlo d’Angiò e giunto in aiuto con un contingente di cavalieri, e quelle dei ghibellini di Siena capitanati da Provenzan Salvani e dal podestà Guido Novello si scontrarono in una cruenta battaglia nella pianura in prossimità di Colle val d’Elsa.
La Valdelsa, regione ricca e popolosa, assai antropizzata da secoli, era una delle aree di confine fra i due stati, percorsa da quell’importante arteria stradale che era la via Francigena e Colle era divenuto un avamposto dei fiorentini per nulla gradito ai senesi. … continua a leggere La battaglia di Colle val d’Elsa

Poppi e il Casentino dei Guidi (1)

Pubblichiamo a puntate la storia di Poppi a cura di Giovanni Caselli

Il primo atto dei Guidi come protagonisti di oltre 300 anni di storia casentinese, è la fondazione del monastero di San Felice a Strumi.

Il primo Guidi della storia è un longobardo di nome Tetgrimus (Teudegrimo o Tegrimo in italiano), descritto come fidele et compatri da Ugo I re d’Italia in un diploma del 23 luglio 927 in cui il sovrano gli concede il monastero regale di San Salvatore di Alina, nel pistoiese. Lo ritroviamo più tardi col titolo non ereditario di Comes Tuscie (Conte di Tuscia). Il matrimonio di Tetgrimus con Engelrada (si pronuncia Enghelrada) la figlia del Duca di Ravenna, fu cruciale nello spostare gli interessi del longobardo più ad oriente. Engelrada gli portò in dote la curtis di Modigliana e quindi lo condusse ad occuparsi dell’alta Romagna, quella dei pascoli che gravitavano sul Mar Tirreno in virtù delle transumanze delle pecore.
Stemma dei conti Guidi

Il primo atto dei Guidi come protagonisti di oltre 300 anni di storia casentinese, è la fondazione del monastero di San Felice a Strumi.

Il primo Guidi della storia è un longobardo di nome Tetgrimus (Teudegrimo o Tegrimo in italiano), descritto come fidele et compatri da Ugo I re d’Italia in un diploma del 23 luglio 927 in cui il sovrano gli concede il monastero regale di San Salvatore di Alina, nel pistoiese. Lo ritroviamo più tardi col titolo non ereditario di Comes Tuscie (Conte di Tuscia). Il matrimonio di Tetgrimus con Engelrada (si pronuncia Enghelrada) la figlia del Duca di Ravenna, fu cruciale nello spostare gli interessi del longobardo più ad oriente. Engelrada gli portò in dote la curtis di Modigliana e quindi lo condusse ad occuparsi dell’alta Romagna, quella dei pascoli che gravitavano sul Mar Tirreno in virtù delle transumanze delle pecore. Questo ultimo particolare, fondamentale per comprendere il senso economico del futuro territorio dei Guidi, pare essere sfuggito anche ai più attenti analisti. … continua a leggere Poppi e il Casentino dei Guidi (1)