a cura della Redazione


Ivi e’ Romena la’ dov’ io falsai
la lega suggellata del Batista;
per ch’ io il corpo su arso lasciai
Ma s’ io vedessi qui l’ anima trista
di Guido o d’ Alessandro o di lor frate,
per Fonte Branda non darei la vista.
Dante nel canto XXX dell’Inferno fa menzionare Romena, uno dei castelli dei potenti conti Guidi, al falsario di monete Maestro Adamo che, per conto di Guido e Alessandro, falsificò la lega suggellata del Battista e per questo suo reato fu arso sul rogo; l’anima aggiunge che per Fonte Branda non darebbe la vista. La fonte Branda cui il poeta si riferisce da alcuni commentatori è stata identificata e la possiamo ancora vedere nei pressi di ciò che rimane del castello di Romena.



Siamo in Casentino in un paesaggio suggestivo, verde, dai dolci declivi dove vigne e olivi insieme ad una macchia verdeggiante punteggiata di cipressi svettanti e torri e antichi manieri si susseguono a perdita d’occhio. Scorci indimenticabili che rimasero impressi nella memoria del nostro falsario e che Dante attraverso di lui ripropone rendendo omaggio a questa bella terra da lui conosciuta e visitata più volte:

Li ruscelletti che d’i verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno,
facendo i lor canali freddi e molli

Non lontano da Romena un altro luogo dantesco è il castello di Porciano a pochi chilometri da Stia.

Si tramanda che il poeta si trovasse in Casentino tra marzo e maggio del 1311 e che da qui scrivesse in latino una lettera ai fiorentini, datata 31 marzo: è una lettera accesa e furente contro i suoi concittadini che definisce “scelleratissimi” perché si assoggettassero all’imperatore Arrigo VII durante il suo viaggio in Italia e dichiara di trovarsi in “finibus tuscie” e sotto le fonti dell’Arno. Alcuni studiosi hanno voluto riconoscere nel castello di Porciano il luogo cui Dante si riferisce. Anche Porciano faceva parte dei castelli dei conti Guidi del quale resta oggi la torre imponente con i suoi 35 metri di altezza. Fu il conte Bandino di Porciano che consigliò a Dante di allontanarsi dal suo castello dove era ospite, ospite scomodo. Vari commentatori hanno ravvisato nei versi del canto IV del Purgatorio un esplicito riferimento ai conti Guidi quando Dante scrive “brutti porci più degni di galle che d’altro cibo fatto di uman uso”
