di Salvina Pizzuoli

Come per gli umani, anche gli oggetti hanno un loro “destino” se così vogliamo chiamare le vicissitudini che spesso accompagnano e contraddistinguono il percorso di un’opera dell’ingegno e della creatività. Nel caso specifico ci riferiamo ad un crocifisso la cui storia ha dell’imprevedibile e pare più vicina al romanzo che alla vita reale.
È un crocifisso a grandezza naturale, 168 cm in altezza e160 in larghezza, in legno di pero e gesso e, come spesso capita per le vicende umane, ha avuto un’esistenza travagliata e piena di imprevisti, nella buona e nella cattiva sorte, fino a giungere a noi con il nome del suo fattore non sempre certo o accertabile, proprio perché non esiste una documentazione precisa che possa confermare o documentare la committenza, la provenienza e soprattutto come e perché abbia trovato una sua collocazione nel convento di Bosco ai Frati.
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