di Giovanni Caselli, da Le strade di Roma in Italia (vol.II°)

Flaminia da Foligno a Rimini

Poi la Via Flaminia entrava in Fulginiae (Foligno) e poco dopo vi era Forum Flaminii dove ritrovava la ‘militare’. Fino a Ponte Centesimo il tracciato attuale collima con quello antico; dopo il ponte la via scendeva sul Topino che traversava su un ponte distrutto dal tempo e dalla ferrovia, di cui rimangono pochi resti. Dopo Capodacqua la Via transitava su un viadotto costruito con blocchi calcarei in opera quadrata, con contrafforti. Passati per Pieve Fanonica, antica chiesa costruita in parte col pietrame delle Via Flaminia, si continua il percorso con l’immaginazione in quanto esso collimerebbe con quello della ferrovia Roma-Ancona. Dopo la galleria Valtopina, sotto il ponte ferroviario vi è un resto di un pilone di un ponte che aveva due arcate e mostra lo ‘stile’ augusteo. Da qui il percorso ricalca l’attuale. Alle Capannacce si trovano ancora lavori di sostruzione della strada, sotto l’attuale, sempre opere augustee. Presso la confluenza fra il Topino e il Caldognola vi era forse un altro ponte, ma uno che esiste ancora lo troviamo dopo il passaggio a livello, è il ponte ‘marmoreo’, un piccolo ponte a una sola arcata, pavimentato a lastre di calcare e con spallette in opera quadrata. Dopo poco, a Spugne si trovano ancora opere di sostegno alla strada che segue sempre il corso dell’attuale. La strada sale verso Nuceria Camellaria, ossia Nocera Umbra. In antico Umbro la città si chiamava “Noukria”, divenne stazione della Flaminia col nome di Nuceria Camellaria; da qui partiva un ramo della Via per Ancona.  Uscita dalla città la strada continuava col percorso attuale fino a Gaifana dove l’antica si diparte dalla moderna e transita con un bel rettifilo attraverso la pianura di Tadinum, (presso Gualdo Tadino) che sorgeva a Sant’Antonio di Rasina.

Scavi archeologici di Tadinum

Sono molti i resti archeologici indiziari delle Via Flaminia in questo tratto assai pittoresco. Fogne, muretti a retta, basi di miliari, etc. La città Umbra, nota per essere elencata nelle Tavole eugubine, non è stata localizzata, invece la romana Tadinum rimaneva sulla Via Flaminia in pianura, dove Totila fu finalmente preso e ucciso da Narsete nel 552. Poi la strada saliva a Vicus Helvillum, ossia Borgo di Fossato di Vico, per ridiscendere sul torrente Rigo dove in aperta campagna si trova l’antico ponte di San Giovanni, che se pesantemente restaurato, conserva la sua identità di opera augustea. Da questo punto della Via si poteva raggiungere Gubbio a ovest o Fabriano a est per due collegamenti secondari. Da qui al Ponte Spriano il percorso antico è incerto. Era questo secondo Plinio il territorio degli Umbri Suillates. Il ponte ha un arco di 3,25 m di luce e si trovava prima del ponte detto ‘Etrusco’ sul torrente Scirca i cui resti giacciono nel letto del fiume. Fino a Scheggia la Flaminia è riconoscibile, più a nord la Via diventa un sentiero che raggiunge il valico omonimo dove si dice esistesse un santuario umbro a Giove Appennino che figura perfino nella Tabula Peutingeriana.

La Via Flaminia era ora vicina al versante adriatico, nel territorio di Cantiano dov’era un pagus di Iguvium (Gubbio) il cui territorio raggiungeva il Monte Catria. La ‘mutatio’ nota dagli itinerari come ‘Ad Haesim’, ‘Ad Hensem’ o ‘Hesis’ si troverebbe subito prima del Valico della Scheggia, forse nell’attuale area del cimitero del villaggio di Scheggia. La Flaminia superava il crinale appenninico del Monte Catria e discendeva nella valle del Burano con un percorso a zig-zag. Lungo il fiume l’itinerario toccava Ad Calem (Cagli) e giungeva alla confluenza col Candigliano, in questa valle si trova la Gola del Furlo che la strada doveva negoziare.

La gola del Furlo (dis. di A. Mochi da: lavalledelmetauro.it)

All’imbocco della gola era ubicata la ‘mutatio’ di Intercisa; qui il Candigliano scorre nel profondo di una forra fra i monti di Paganuccio e Pietralata e, a questo punto, gli ingegneri romani dovettero tagliare la sede stradale a mezza costa sul fianco del precipizio del Pietralata. L’instabilità di questa sede stradale, soggetta a continue frane, costrinse i romani a scavare una galleria. Il percorso fu reso così sicuro e stabile, ma all’epoca di Vespasiano fu operata un’altra galleria più lunga e ampia che è la stessa dove oggi transita la SS3. L’attuale Via Flaminia in questa zona ricalca pressoché l’antico percorso. Dove il Candigliano si unisce al Metauro, a Calmazzo, da qui la strada passava per Forum Semproni (San Martino in Piano) e raggiungeva Fanum Fortunae (Fano) senza alcun problema. Presso la città, sul colle di san Biagio vi era un insediamento neolitico, poi vi sono tombe dell’età del ferro nei pressi e ceramiche greche del VI-V secolo a.C. sulle pendici del Monte Giove. Il centro sorse attorno a un tempio della Fortuna le cui origini sono incerte. Ne parla Cesare nel ‘De bello civili’, quando dice di aver fatto occupare il luogo da una coorte, dopo il famoso attraversamento del Rubicone (49 a.C.). Augusto vi dedusse la Colonia Iulia Fanestris, sotto la protezione dell’imperatore e ascritta alla tribù Pollia con diritti e privilegi pari a Roma. Sempre grazie al passaggio della più importante via dell’Impero, Fanum crebbe e prosperò ottenendo magistrature di patrizi e plebei, corporazioni di artieri, istituzioni culturali, collegi di sacerdoti, etc. Vitruvio vi costruì la basilica di cui parla, nota come Basilica Vitruviana, presa a modello da generazioni successive. Vi era uno splendido foro, le Terme, un Odeon ed efficienti fognature. Fu distrutta da Vitige re dei Goti nel 538 d.C., ma venne riedificata dai bizantini Belisario e Narsete per diventare capoluogo della Pentapoli Maritima. Lungo il litorale la Via Flaminia passava per Pisaurum (Pesaro) ma senza seguire il corso attuale, essa risaliva il torrente Seiore e transitava sulle alture. Nata come colonia romana nel 184 a.C., su un antico insediamento piceno, prese il nome dal suo fiume.

Fano, arco di Augusto

Fu ricolonizzata da Augusto e Antonio che la fortificarono e divenne centro commerciale ed economico durante l’Impero. Fu infine distrutta da Vitige, assieme a Fanum e ricostruita da Belisario. La tradizione delle ceramiche pesaresi si perde nella notte dei tempi e deve le sue origini anzitutto alla materia prima disponibile in loco. Dopo la città la strada si manteneva in quota all’interno, transitando per il Passo della Siligata, per raggiungere poi Ariminum all’Arco di Augusto. Una città di origini umbro-etrusche, sorse dove la via che traversava l’Appennino e tutta l’Umbria toccava la costa adriatica, per poi continuare fino ai centri palafitticoli inizianti con Ravenna. Fu occupata dai Galli Senoni nel 400 a.C. che convissero con Umbri ed Etruschi pacificamente, fino all’arrivo dei Romani nel 284 a.C. La colonia con diritto latino fu fondata nel 268 a.C. e si sviluppò enormemente anche come presidio militare alla fine della Via Flaminia e all’Inizio delle Vie Aemilia e Popilia, la litoranea verso nord. La città fu divisa in 7 quartieri a specchio di altrettanti quartieri di Roma e si arricchì del suo bellissimo arco e del ponte sul Marecchia. Vi fu tenuto il concilio ecumenico della chiesa cristiana nel 359, il primo dopo quello di Nicea. Ariminum fu soggetta ai Bizantini dal VI secolo e forse divenne capitale della Pentapolis dopo il 567. Il Ponte di Tiberio, costruito in col bianco e tenace calcare dell’Istria nel 14 d.C., ha 5 archi con piloni orientati secondo la corrente del fiume e non in asse col ponte stesso.

Rimini – Ponte di Tiberio

Decorato con rilievi entro i serragli degli archi, il ponte è un vero capolavoro artistico e di ingegneria. L’Arco di Augusto, che era anche porta urbana, è di travertino e ha un solo fornice, era sormontato da un gruppo scultoreo raffugurante Augusto sulla quadriga, questo fu disfatto durante le guerre gotiche.

Su ogni faccia dell’arco è un serraglio con testa di bue, il simbolo della colonia romana. Sul fronte che guarda la città vi sono scolpite le teste di Nettuno e Minerva, mentre dalla parte opposta sono le teste di Giove e di Apollo. L’epigrafe dedicatoria, restaurata legge:  SENATUS POPULUSQUE ROMANUS IMP.CAESARI DIVI IULI F AUGUSTO IMP SEPT. COS. SEPT DESIGNAT OCTAVOM VIA FLAMINIA ET RELIQUEIS. CELEBERRIMEIS ITALIAE VIEIS CONSILIO ET AUCTORITATE EIUS MUNITEIS (L’anno in cui l’Imperatore era console per la settima volta e designato per l’ottava, quando per suo consiglio furono restaurate le celebri vie d’Italia, e assunse sopra di se particolarmente la Via Flaminia.) L’anfiteatro era costruito in laterizio, con l’asse maggiore orientato S-E S-O, 120 m per 91 m. La sua arena misurava 76,40m per 47,40, al confronto del Colosseo: 77 per 46,50, era più ampia. La Via Flaminia era per il pesarese l’asse portante di tutta  la viabilità; da essa si diramavano una serie di diverticoli e di vie minori.  Una di queste strade, menzionata negli itinerari lasciava la Flaminia a Ad Calem (Cagli) per raggiungere la costa a Ad Pirum e quindi Ancona transitando per Sena Gallica lungo la preesistente via costiera. La strada più antica era però quella che univa Sentinum a Sena Gallica, dedotta dopo la vittoria sui Galli Senoni nel 295 a.C., lungo la valle del Misa fra Monte Castellaro e Monte Guardia, essa passava per Ostra prima di giungere a Sena. Vi erano altre due vie transappenniniche che confluivano sulla Flaminia, una lungo la valle del Candigliano e del Boscubio e l’altra lungo il Metauro, che usufruivano rispettivamente dei valichi di Bocca Seriola e Bocca Trabaria. L’area adiacente alla Flaminia, che va da Ancona al fiume Tronto, era stata considerata quasi priva di strade vere e proprie in epoca romana; invece, recenti studi hanno capovolto questa opinione espressa a suo tempo in maniera categorica da Theodor Mommsen. Questo settore va però visto nell’ambito delle diramazioni e della viabilità relativa alla Via Salaria.

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