Se i Ricciarelli sono rinomati, meno diffusi sono invece i Cavallucci. Dipende dal fatto che i primi hanno un cuore tenero e una forma più schiacciata e liscia rispetto ai Cavallucci più rustici e bitorzoluti?

Non crediamo, sono diversi, ottimi entrambi e originari del senese, tanto che l’Artusi li aveva inseriti insieme nel suo ricettario, una ricetta dietro l’altra, la 619 e la 620.
Come tutti i “buoni” che si rispettino non manca attorno all’origine del loro nome e il mistero e la leggenda, essendo dolcezze molto antiche.
Nel Dizionario degli Accademici della Crusca si legge:
“Cavalluccio chiamasi un dolce in forma quasi di mostacciuolo*, composto di miele e di noci tritate o pestate, e cotto in forno, il quale si fa specialmente nella città di Siena”
E il vocabolario etimologico aggiunge”forse in antico in forma di piccolo cavallo”.
Sulla Treccani invece si indica che in antico avevano l’impronta di un cavallo.
Il Petroni, che concorda sull’impronta del cavallo, li avvicina ai berriquocoli che, a differenza dei cavallucci, erano più morbidi e più speziati in quanto associavano altri ingredienti quali la cannella, la noce moscata, i semi di coriandolo, mandorle tostate e pestate.
Con una precisione salomonica, l’Artusi scriveva nel suo ricettario “perché siano così chiamati credo non si sappia neanche a Siena”.
E i Ricciarelli?

Per i Ricciarelli invece, tutto chiaro: la leggenda o la novella di un tale Ricciardetto, da cui ricciarello, racconta che la ricetta fu da lui importata dall’oriente, di ritorno dalle Crociate. Ma, un’altra diceria ne attribuisce il nome al loro essere leggermente increspati ai margini, qualcuno addirittura alla forma arricciata delle babbucce dei Sultani. Non c’è che l’imbarazzo della scelta…
Di certo rimane il fatto che è per la loro fama che sono fiorite tante storie!
A chi volesse realizzare in casa Cavallucci e Ricciarelli ricordiamo quanto l’Artusi scriveva ai suoi lettori: “Con questa ricetta intendo indicarvi il modo di poterli imitare, ma non di farli del tutto precisi perché se nel sapore all’incirca ci siamo, la manipolazione lascia a desiderare, ed è cosa naturale. Dove si lavora in grande e con processi che sono un segreto ai profani, l’imitazione zoppica sempre”.
Ecco quindi di seguito la ricetta per i Cavallicci di Siena dell’Artusi che ne fornisce in un disegno, nel suo ricettario anche la forma nelle giuste dimensioni:
Farina, grammi 300.

Zucchero biondo, grammi 300.
Noci sgusciate, grammi 100.
Arancio candito, grammi 50.
Anaci, grammi 15.
Spezie e cannella in polvere, grammi 5.
Le noci tritatele alla grossezza della veccia all’incirca. L’arancio tagliatelo a dadettini. Lo zucchero mettetelo al fuoco con un terzo del suo peso di acqua e quando è ridotto a cottura di filo gettate in esso tutti gli ingredienti, mescolate e versate il composto caldo nella spianatoia sopra la farina per intriderla; ma per far questo vedrete che vi occorrerà dell’altra farina, la quale serve a ridurre la pasta consistente. Formate allora i cavallucci, dei quali, con questa dose, ne otterrete oltre a 40, e siccome, a motivo dello zucchero, questa pasta appiccica, spolverizzateli di farina alla superficie. Collocateli in una teglia e cuoceteli in bianco a moderato calore. State molto attenti alla cottura dello zucchero, perché se cuoce troppo diventa scuro. Quando, prendendone una goccia tra il pollice e l’indice, comincia a filare, basta per questo uso.
I Ricciarelli di Siena
Zucchero bianco fine, grammi 220.
Mandorle dolci, grammi 200.
Dette amare, grammi 20.
Chiare d’uovo, n. 2.
Odore di buccia d’arancio.

Sbucciate le mandorle, asciugatele bene al sole o al fuoco e pestatele finissime nel mortaio con due cucchiaiate del detto zucchero, versato in diverse volte; poi uniteci il resto dello zucchero mescolando bene. Montate le chiare in un vaso qualunque e versateci le mandorle così preparate e la buccia dell’arancio grattata. Mescolate di nuovo con un mestolo e versate il composto sulla spianatoia sopra a un leggiero strato di farina per fargliene prendere soltanto quella ben poca quantità che occorre per tirare leggermente col matterello una stiacciata morbida, grossa mezzo dito. Allora tagliateli con la forma qui sotto segnata e ne otterrete da 16 a 18 per cuocerli nel seguente modo: Prendete una teglia, fatele uno strato di crusca alto quanto uno scudo e copritelo tutto di cialde per posarvi su i ricciarelli e cuocerli al forno a moderato calore onde restino teneri. in mancanza del forno, che sarebbe il più opportuno, servitevi del forno da campagna. Dopo cotti tagliate via la cialda che sopravanza agli orli di queste paste, che riescono di qualità fine.
*Mostacciolo, dal latino mustaceus, una focaccia dolce insaporita con il mosto.
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