di Salvina Pizzuoli


Siamo tornati a Tarquinia per visitare anche l’interno di questa splendida costruzione che con la sua mole domina e sovrasta la valle della Marta sulla quale si affaccia con la bella e articolata struttura absidale.
Se l’esterno mi affascina e ammutolisce davanti a tanta sobria eleganza, l’interno mi lascia attonita.
Tutto l’edificio ha una struttura mirabilis ed è stato giustamente eletto a monumento nazionale.

La sua storia si perde nel medioevo quando ne fu iniziata la costruzione nel 1121. La sua elegante facciata si apre all’interno del comprensorio murario fortificato su un ampio spiazzo su cui si eleva una torre gentilizia, la più alta della città. Colpisce della sua struttura la bella bifora che sovrasta i tre ingressi di cui quello centrale è il principale come mostra la particolare ornamentazione che merita di essere ammirata da vicino. Qualificata e firmata come opera cosmatesca si articola in motivi geometrici e musivi.
Una breve digressione da dedicare all’attività dei cosmateschi: con questo termine si indicano gli artigiani che nei secoli 12° e 13° operavano manufatti in marmo caratterizzata da motivi geometrici inseriti in zone decorate in marmo bianco di cui detenevano il monopolio di quelli antichi, alternate a motivi policromi a mosaico. In Santa Maria in castello operarono alcuni tra i primi rappresentanti, Pietro di Ranuccio, cui si deve il portale centrale costruito 1143, ma anche Nicola di Ranuccio, Giovanni e Guittone che “firmarono” le loro opere incidendo i propri nomi sugli stipiti del portale principale.
E torniamo alla facciata.

Il portale centrale è sormontato da due archi, il minore interno è decorato con sette cerchi, l’altro esterno lo corona con gli stipiti a cerchi raccordati da fasce e nell’archivolto ancora sette cerchi con mosaici sempre di decorazione cosmatesca. All’interno degli stipiti colonnine, con capitelli affiancati nell’architrave da cerchi, tre in tutto di cui uno centrale. Al di sopra del portale principale una bella bifora che ripropone la decorazione con semicolonne laterali mentre la colonnina centrale mostra un capitello decorato con foglie di acanto. Motivi musivi nelle arcate. Se al centro prevale il marmo, nei portoni laterali e nelle aperture che li sovrastano prevale il tufo. Il contrasto doveva essere intenso tra i chiaroscuri. Una scritta attribuisce la bifora a Nicola, fratello di Ranuccio. I due portali laterali sono delimitati da due lesene per lato e da archetti pensili in alto con peducci. Il tutto conferisce un aspetto geometrico e armonico alla lineare struttura che si chiude in alto a sinistra con un campanile a vela.


Da sottolineare nella ricerca del contrasto chiaro-scuro la particolare fattura degli archetti pensili costruiti con l’inserimento di triangoli in pietra lavica più scura, il nenfro, una roccia vulcanica di colore grigio come per i peducci. All’interno di questi ultimi, a sinistra, alcune decorazioni nella concavità.
Entriamo.
La chiesa ci accoglie con tutto lo splendore della luce bianchissima del grande rosone sotto la cupola e delle molte aperture nelle navate, luce che si riflette sulle colonne creando immediatamente per contrasto luci e ombre dei capitelli in nenfro






Colpisce immediatamente la pavimentazione musiva cosmatesca, l’alta struttura a tre navate: la navata centrale che domina per ampiezza le laterali tutte a volta a crociera costolonata. In alto capitelli in nenfro istoriato presentano temi zoomorfi e vegetali. Anche qui il contrasto chiaro scuro non sfugge. Ma concentriamoci sulla decorazione musiva che attraversa la navata centrale, quasi un tappeto che porta verso il presbiterio soprelevato, un motivo che riprende la decorazione degli stipiti del portone centrale.



A sinistra lungo la navata centrale un pulpito ampio con le due scalinate ciascuna per lato e nel presbiterio un altare con ciborio su colonne con basamento marmoreo, nella scritta in alto lungo la trabeazione si legge il nome degli esecutori, Giovanni e Guitto, figli di Nicola, nel 1168. All’altare e al presbiterio si accede dai tre gradini alla base e da altri quattro per lato delimitati da barriere marmoree. Forse il numero sette simbolicamente rappresentato nei gradini come in San Miniato a Firenze: ricorda i giorni della creazione, i doni dello Spirito Santo e le beatitudini.

Nella navata destra un bel fonte battesimale marmoreo, ottagonale, e nei quattro piccoli triangoli che si formano alla base, elementi decorativi a tarsia.

La struttura dell’altare farebbe supporre l’esistenza di una cripta che pare non esserci più per i vari lavori che hanno caratterizzato le diverse fasi di costruzione, ma un giovane studioso la sta cercando. Attendiamo il suo articolo in cui spiegherà i motivi della sua convinzione e della sua ricerca.
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