di Salvina Pizzuoli

Immaginare oggi l’antica geografia di questo luogo è davvero difficile: San Piero a Grado, uno degli scali principali del sistema portuale pisano in prossimità della foce dell’Arno che gli studiosi collocano nell’area intorno alla basilica omonima, è oggi molto distante dal mare. Il suo toponimo derivava dalla struttura a “gradoni” determinata dall’accumulo di detriti ad opera dei fiumi e precisamente dall’etimo latino gradus che significa gradino, ma può essere letto anche nel significato di attracco marittimo e fluviale oppure nell’accezione di “passaggio tra acque diverse”. Secondo alcuni studiosi era infatti utilizzato come scalo lagunare secondario, secondo altri era invece un porto di tipo fluviale, costituito semplicemente da darsene in legno ed arenili dove poter tirare in secco le imbarcazioni.

Pare esser stato attivo, pur in diversa misura, tra la seconda metà del VII secolo a.C. e il IV secolo d.C. Rutilio Namaziano nel 415 d.C. nella cronaca del suo viaggio di ritorno da Roma in Gallia, descrive la presenza di magazzini che confermerebbero l’attività di gradus ancora presente e organizzata in quell’epoca. Notizie non documentate, se non leggendarie, di età carolingia raccontano lo sbarco, nel I secolo d.C. e precisamente nel 44, di San Pietro in fuga dalle persecuzioni di Nerone, con Giovanni e Marco forse provenienti dalla Corsica; la notizia rivelerebbe l’esistenza dell’attracco anche in piena età cristiana.

La basilica sarebbe sorta in prossimità dello scalo fluviale e lì Pietro avrebbe predicato come attesta un ciborio gotico del XIV secolo che “protegge” il luogo preciso della predicazione del più eminente degli apostoli. C’è menzione di una basilica già nel 375 e gli scavi mostrano, all’interno dell’attuale basilica datata intorno all’XI secolo, le fondamenta di una costruzione paleocristiana successivamente ampliata.


Una particolarità la contraddistingue: è dotata di due strutture absidali, quella a oriente con tre absidi e quella ad occidente con una sola, manca la facciata per cui l’ingresso è laterale. Tufo livornese e marmo di San Giuliano o di Monte Pisano, dove le estrazioni erano state iniziate già dagli Etruschi, più materiali lapidei di riutilizzo e di diversa provenienza, come anche le colonne e i capitelli all’interno, ne costituiscono l’esterno decorato da archetti, lesene, occhi, rombi e bacini di ceramica provenienti dai paesi del Nord Africa e del Mediterraneo.








Un campanile, separato, a torre del XII secolo conserva evidenti nelle sue strutture mozzate le distruzioni dei bombardamenti del 1944. L’interno a tre navate è coperto a capriate lignee e riccamente decorato con un ciclo di affreschi che raccontano episodi della vita di San Pietro, attribuiti a Deodato Orlandi, e altri che raffigurano i papi da San Pietro a Giovanni XVII, salito al soglio pontificio intorno al 1003.



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