di Salvina Pizzuoli
Campiglia Marittima sorge sulla parte terminale della valle del Cornia che, per dirla con il Repetti, scaturisce sulla schiena occidentale dai monti di Castelnuovo di Val di Cecina, circa 24 miglia toscane lungi dalla sua foce nel mare di Piombino.

Nel suo Dizionario lo storico dedicava al borgo medievale una dettagliata descrizione che non tralasciava nemmeno il lussureggiante paesaggio che la circondava allora come oggi. Ci piace dunque raccontarla insieme all’insigne studioso toscano, magari riproponendo in alcuni passi le sue parole, perché quel che scrive è frutto del suo lavoro capillare di ricerca, completo ancora oggi a qualche secolo di distanza. La prima notizia che ci interessa e che ricaviamo dal testo è relativa all’etimo del nome che il Repetti indica in Campillia e di cui spiega le origini ritenendolo legato alla campestre riduzione del Monte di Pilli, per la sua posizione geografica sul pendio occidentale del Monte Pilli che fa parte della giogana di quelli della Gherardesca, davanti alla Valle della Cornia e al mare di Populonia. In verità vari sono gli etimi attribuiti al toponimo ove sicuramente predomina il termine campus.
Il Repetti apre la descrizione di Campiglia definendola grossa terra murata, con antica rocca e prepositura.
L’antica rocca possiamo ancora ammirarla, quasi a guardia di Campiglia, nella parte più elevata del borgo.


È ciò che rimane di un’opera fortificata di cui è documentata l’esistenza dal 1004, ampliata e rimaneggiata fino al XV secolo, appartenuta ai conti Della Gherardesca: oggi, tra le impalcature di sostegno e il verde del parco pubblico dove si inserisce, spicca possente l’antico Cassero, la cisterna, la parete merlata dell’abitazione signorile, ornata da una raffinata bifora (sec. XI-XV) e le alte mura di cui era circondata così come lo sarà, nel XIII secolo, anche il villaggio che si stendeva ai piedi del castello e che ancora oggi racchiudono il centro storico di Campiglia con le quattro Porte, con i suoi palazzi medievali, le sue strade strette, le scalinate e le sue chiese e fuori dalla porta meridionale, la splendida veduta della pieve di San Giovanni fuori le mura la quale per grandezza, nobiltà di disegno e per i marmi di cui va incrostata e adorna la sua facciata, non ha tampoco adesso dentro il paese alcun sacro edifizio che possa starle alla pari. È di un’architettura gotico-italiana, posteriore anzi chè anteriore al secolo XII.

Isolata sul pianoro la bella pieve domina con la sua ampia struttura il verdeggiante paesaggio circostante, e guarda lateralmente il borgo che sorge su due colli, Rocca e Poggiame, con il centro del giogo occupato dalla Piazza della Repubblica, di cui si scorge parte della poderosa cinta muraria lungo la quale si alternano cinque torri e quattro porte: la Porta di Sant’Antonio o Fiorentina, la Porta al Pozzolungo o Pisana, la Porta a Mezzogiorno o a mare, attraverso le quali si accede al borgo con le sue stradette e scalinate e slarghi. La Porta di Levante o Porticciola è crollata nel dopoguerra.
Il Repetti ci riporta anche notizie relative alla storia medievale del borgo dai Della Gherardesca, da cui i discendenti conti di Campiglia, fino alla caduta di Pisa e al passaggio sotto il potere di Firenze sottolineando che per quanto i conti di Campiglia esercitassero nei primi secoli dopo il mille una padronanza feudale sopra il paese di cui si tratta, questi al pari di tutti gli altri castelli della Maremma Pisana dipendeva per l’alto dominio e giurisdizione politica dalla Repubblica di Pisa, dominio che fu ai Pisani convalidato mercè privilegi ottenuti da varii imperatori e rè, a cominciare da Federigo I sino a Carlo IV. Infatti i reggitori di quella Repubblica sino dal secolo XIII avevano decretato doversi tenere in Campiglia un capitano, un giudice e un notaro con un presidio nella rocca o castello, il quale sino d’allora portava il nome di palazzo. La qual rocca e palazzo esistenti tuttora nella parte più eminente del paese, caddero, insieme con Campiglia, in potere dei Fiorentini mediante il trattato del 1406 relativo alla prima resa di Pisa e del suo territorio. Da quell’epoca in poi i Campigliesi dipesero dal governo di Firenze.
E sulla Porta Fiorentina, quasi a riassumerne la storia, quattro stemmi: dei Della Gherardesca, di Pisa, di Firenze e di Campiglia con il cane rampante.

Ma la storia di Campiglia non ha inizio dal medioevo, è assai più lontana e legata a quei tesori che racchiude nelle viscere dei suoi colli. La loro composizione geologica è costituita da calcari bianchi che, in alcuni casi, coprono calcari grigi stratificati mentre le mineralizzazioni metallifere permettevano anche in tempi lontani l’estrazione di rame, zinco, piombo e argento. E aggiunge il Repetti: Ma la più vistosa, e forse la più antica escavazione nei monti di Campiglia, è probabilmente quella del candido marmo lamellare che appartiene alla gran massa calcarea di Monte Calvi e di tutti quelli che costituiscono la piccola giogana della Gherardesca. Non fu il solo Cosimo I quello che fece aprire le cave del marmo Campigliese, mentre l’Opera di S. Maria del Fiore sino dal secolo XV di esso adoperò in tanta copia, che da Campiglia più che da Carrara si estrassero i marmi per incrostare le esterne pareti del tempio di Arnolfo, e per costruire la colossale pergamena sopra la maravigliosa cupola del Brunellesco.
Una posizione felice quella di Campiglia: la presenza di acque, la vicinanza al mare, attracchi sicuri non distanti, l’isola d’Elba di fronte. Oggi a testimonianza della sua vocazione di centro minerario resta Rocca San Silvestro, nel parco archeominerario della val di Cornia, un castello sorto tra il X e XI secolo proprio per sfruttare i ricchi giacimenti che in età precedenti erano già state utilizzate da antiche popolazioni attratte dalla presenza di minerali, come dimostrano i forni per l’estrazione del minerale di rame alla Madonna di Fucinaia.

Se andate a Campiglia non stancatevi di girellare per tutte le sue stradine e resterete incantati dagli scorci che vi si aprono: archi, volte, scalinate, porte e porticciole oltre ai bei palazzi che fanno cornice lungo le vie scoscese come il bel Palazzo Pretorio di impianto duecentesco e pieno di stemmi podestarili; nei pressi il palazzotto settecentesco che si fa notare per il rosso dei cotti del bel porticato e la fronte ricurvi.

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