Firenze scomparsa: Mercato Vecchio (parte prima)

Guido Carocci, Firenze scomparsa. Ricordi storico artistici, Firenze 1897

Firenze nel V secolo d.C in una ricostruzione di Corinto Corinti

“Era l’anima, il nocciolo, il primo nucleo di Firenze. Quella città d’origine romana sulla quale gli storici avevano raccolto così poche notizie, tanto da esser costretti a giustificare questa povertà di ricordi col dirla piccola e di poca importanza, era invece grande, fiorente, popolosa, ricchissima di ornamenti. E di questi ornamenti, imponentissimi, sontuosi, ricchi di marmi e di decorazioni, che nella magnificenza loro rispecchiavano quella del popolo che li aveva eretti, si trovarono le ampie tracce fra le fabbriche del Mercato Vecchio, perché il centro di Firenze medioevale corrispondeva perfettamente al centro della romana città. Quel Campidoglio attorno all’esistenza ed alla grandezza del quale erano state imbastite tante favole, sorgeva qui colle sue mura imponentissime che chiudevano e proteggevano l’immenso tempio di Giove Capitolino e gli altri fabbricati sacri al culto degli Dei o destinati a residenza delle cittadine autorità. All’esterno di questo gruppo imponente, erano i fossati, ed attorno una quantità di vie, di case, di palagi di terme. Verso il canto di Via degli Speziali apparvero le tracce della marmorea platea del foro; verso piazza degli Strozzi e la Via de’ Vecchietti i resti di terme vastissime e sontuose con impiantiti a mosaico di elegante disegno, vasche per le immersioni, tepidari, calidari, impluvi e tutti i servizi consueti di questo genere d’edifizi.

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Stendhal, “Guida ad uso di chi viaggia in Italia”

La Firenze di allora

Stendhal, “Guida ad uso di chi viaggia in Italia”

Risale al 1828 il viaggio che Standhal (al secolo Henry Bayle) il celebre scrittore francese fece in Italia, visitandone i luoghi più famosi. Riportiamo i brani relativi al suo soggiorno a Livorno e Firenze che in un certo senso potremmo definire appunti frettolosi, buttati giù in uno stile vivace ma ben lontano da quello che conosciamo dai suoi romanzi. Rimane comunque un documento interessante per rivedere usi e costumi del tempo.

Per 36 franchi un vetturino vi porterà a Livorno (ndr da Genova) in tre giorni e mezzo; se il Magra è in piena, fare attenzione a non affogare: si prende una barca e con un tragitto di un quarto di lega sul mare si arriva dall’altra parte; questa strada è la più bella d’Italia. Più si va piano, meglio è. A Livorno scendere all’Aquila Nera: la camera costa 3 paoli (o tre volte 56 centesimi), il paolo si divide in otto crazie; la crazia è la moneta più leggera dell’universo: vale 7 centesimi.

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Alla ricerca e alla scoperta di quel che resta della Firenze prima del “riordino” del 1881

di Salvina Pizzuoli

Il cosiddetto “riordino” del vecchio centro della città ebbe inizio effettivamente già nel 1881 secondo un progetto parziale approvato nel 1865 ai tempi di Firenze capitale e poi riproposto e articolato in successivi due piani, del 1885 e del 1888, che prevedevano un massiccio intervento in quella che era la Piazza del Mercato Vecchio oggi Piazza della Repubblica.
Un’area molto vasta ad impronta medievale sorta sulle rovine del precedente Foro Romano: si estendeva infatti da Via di Porta Rossa a Via Cerretani, da Piazza Strozzi e via dei Pescioni a Via de’ Calzaioli. In quest’area molte le case-fortezze delle più antiche famiglie fiorentine, insieme a quelle della borghesia cittadina, insieme alle più antiche chiese della città oggi non più esistenti, come Santa Maria in Campidoglio, il cui nome è riconducibile ad edifici tipici della società romana, ma anche l’oratorio trecentesco di Santa Maria della Tromba di cui rimane la tavola di Jacopo del Casentino alloggiata oggi in un angolo del Palazzo dell’Arte della lana nei pressi di Orsanmichele.

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Le vie “allargate”: via Buja

da Guido Carocci, Firenze scomparsa. Ricordi storico artistici, Firenze 1897

“Era un nome che calzava a pennello. Le fabbriche altissime, colle tettoie sporgenti che quasi si collegavano tra loro, erano così vicine, che vista da lontano la strada pareva una fessura ed una volta penetrati là dentro nel sollevare lo sguardo si vedeva appena una striscia meschina di cielo.
Il nome glielo avevano dato volgarmente e tutti la conoscevano per Via Buja; ma in antico aveva anche altri nomi: ma più particolarmente ebbe per un lungo periodo di tempo quello di Via Bertinella o Albertinella dal nome della famiglia Albertinelli o Bertinelli che in epoca remota vi aveva le case (Le case degli Albertinelli o Bertinelli erano per la maggior parte nel luogo occupato dal primitivo Spedale fondato da Folco Portinari, fra Piazza di S. Maria Nuova e la Via dell’Oriuolo, nel luogo oggi occupato dalla fabbrica dell’ Archivio Notarile). Oggi è un tratto della Via dell’Oriuolo, che il cartello municipale chiama…. ingenuamente, dell’Orivolo, strada, che come ognun sa, ebbe questo nome perché in una casa che vi corrisponde fu costruito il primo orologio per la torre di Palazzo Vecchio.

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Via Vittorio Emanuele – Montughi (parte seconda)

Da Guido Carocci I dintorni di Firenze, Tipografia Galletti e Cocci 1881

Via dei Cappuccini

Continuando a percorrere via Vittorio Emanuele e precisamente dal luogo dov’era un tabernacolo dipinto dal Vanni, si stacca la Via de’ Cappuccini, dove sorge l’omonimo convento, che attraversa il colle di Montughi e sbocca poi presso il casale della Loggia. (Oggi la strada dopo l’incrocio con via Massaia prende il nome di via Santa Marta.

“Chiesa e Convento dei Cappuccini. Occupa il luogo dove fu già un ospizio dei PP. Amadei. Il convento si chiamò di S. Maria degli Angioli o i Fraticini. Nel 1529 fu demolito per l’assedio e i frati andarono a S. Giovannino. L’attuale monastero e chiesa furono riedificati da Bernardino Okino senese che dopo essere stato rettore e poi generale dei Cappuccini per otto anni, si lasciò convertire dalle dottrine di Valdes e divenne luterano. La chiesa irregolarissima nella forma e semplice d’architettura, era adorna di varj pregevoli quadri […]

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Tramway e tranvai: tranvie nell’area fiorentina

Trasporti pubblici a Firenze fra ‘800 e ‘900

Linee ferroviarie e tramviarie dell’area fiorentina

Nel 1899 Edmondo De Amcis scriveva un volumetto dal titolo La carrozza di tutti per celebrare l’uso ormai diffuso del tram, parola derivata dall’inglese tramway, nelle grandi città italiane.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento infatti, dopo lo sviluppo delle ferrovie, con il progressivo affermarsi della classe media le città si dotarono di trasporti su rotaia, con piccole locomotive a vapore in sostituzione dei vecchi omnibus a cavalli. … continua a leggere tramway e tranvai: tranvie nell’area fiorentina 

 

Toscana in “Liberty”: i “villini” di Michelazzi e le realizzazioni di Coppedè a Firenze

 

di Salvina Pizzuoli

Villino Ravazzini, decorazioni in ceramica delle manifatture Chini

Nella fascia periferica della città di Firenze si ebbe una maggiore fioritura del nuovo stile. Sembra impossibile, ma colpisce l’elevato numero di costruzioni ascrivibili alla nuova tendenza affermatasi tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo. Firenze inganna per l’uniformità che sembra contraddistinguerla e stupisce invece trovare nel suo tessuto, sebbene periferico, tante espressioni architettoniche legate o assimilabili al Liberty, soprattutto se teniamo conto che molte sono andate distrutte come “il villino in via Michelangelo (ultimato nel 1904 e distrutto nel 1962), il villino Ventilari in viale Mazzini (realizzato nel 1907 e demolito intorno al 1960), il villino “La Prora” in via Guerrazzi (completato nel 1908 e abbattuto dopo il 1955)”* tutte progettazioni di Giovanni Michelazzi (1879-1920) e ancora, i Garages Riuniti in via Alamanni, il Villino Cottini in via Masaccio, villa “La Palancola” in via Boccaccio. … Continua

La pieve di San Cresci a Macioli e i “Motti” del pievano Arlotto

 

La pieve di San Cresci a Macioli

Siamo a Pratolino, a pochi chilometri da Firenze, famoso per il suo splendido Parco mediceo. Si devia a destra dalla Bolognese prima di scendere verso Vaglia con  direzione Bivigliano e si gira alla prima a sinistra, via di Macioli. Percorsa tutta la strada, in un’ampia radura si eleva la pieve anticamente detta San Cresci in Albino o a Carza, il torrente che scorre a valle.

San Cresci a Macioli è un’antica pieve documentata sin dal 926. Più tarda la sua bella torre campanaria che un’iscrizione alla base data 1279. Intorno al 1460 il pievano Arlotto intraprese gli interventi più massicci di restauro, iniziati già in precedenza, terminati intorno al 1466 che avrebbero reso l’attuale pieve più alta rispetto all’originaria datata intorno al VI secolo. ….Continua a leggere  La pieve di San Cresci a Macioli e i “Motti” del pievano Arlotto

Vedi anche: Itinerari e paesaggi di Toscana

Nelle cartoline di Corinto Corinti: Firenze medievale (seconda parte)

si consiglia di ingrandire le immagini cliccandoci sopra

ovvero Firenze che non c’è più: la chiesa di Sant’Andrea

Fabio Borbottoni, la chiesa di Sant’Andrea a sinistra nel dipinto

Tra le architetture della vecchia Firenze medievale vittime della rivoluzione urbana dell’architetto Poggi va ricordata la bella chiesa eretta tra via Calimala e via Pellicceria: Sant’Andrea, nell’omonima piazza, costruita nel IX secolo in un primo momento come badia e quindi con annesso monastero.

Ritratta da Borbottoni, rivive in modo completo nella cartolina di Corinti che ne tramanda la semplice e lineare struttura e la sua agile torre campanaria e la piazza che la accoglieva. …Continua Corinto Corinti Firenze in epoca medievale

All’interno dell’articolo la Pianta disegnata da Corinto Corinti: Le 36 chiese di Firenze nell’anno 1000

Firenze scomparsa nelle pagine del romazo storico “La donna d’oro”

di Salvina Pizzuoli

Telemaco Signorini – Mercato Vecchio

Linda di Martino pubblica il suo romanzo storico nel 2003 ambientandolo nella Firenze del 1884 l’anno in cui il Ghetto e le zone limitrofe, conosciute come Mercato Vecchio,  furono abbattute per fare posto all’attuale Piazza della Repubblica.

L’autrice racconta, dopo ampia documentazione, la Firenze di allora facendola percorrere dalla protaginista, Lucilla, abitante con la famiglia all’interno del Ghetto che sarebbe stato proprio in quell’anno svuotato e demolito. Molti i contrari a questa “ripulitura” che avrebbe privato la città di parte della sua storia pregressa, ma anche fautori coma Jarro, giornalista, che, nelle pagine de La Nazione, si spende a favore di un risprisinato “decoro”.

Chi volesse saperne di più sul romanzo rimandiamo alla presentazione del medesimo sulle pagine di tuttatoscanalibri.

Qui di seguito vari stralci dal romanzo per presentare una Firenze inedita.

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