Protagonista della prima novella della prima giornata è Ser Cepparello da Prato, uomo corrottissimo che riunisce in sè i vizi peggiori:

Testimonianze false con sommo diletto diceva, richiesto e non richiesto; e dandosi a que’ tempi in Francia a’ saramenti grandissima fede, non curandosi fargli falsi, tante quistioni malvagiamente vincea a quante a giurare di dire il vero sopra la sua fede era chiamato. Aveva oltre modo piacere, e forte vi studiava, in commettere tra amici e parenti e qualunque altra persona mali e inimicizie e scandali, de’ quali quanto maggiori mali vedeva seguire tanto più d’allegrezza prendea. Invitato ad un omicidio o a qualunque altra rea cosa, senza negarlo mai, volenterosamente v’andava; e più volte a fedire e ad uccidere uomini colle propie mani si trovò volentieri. Bestemmiatore di Dio e de’ santi era grandissimo; e per ogni piccola cosa, sì come colui che più che alcun altro era iracundo. A chie- sa non usava giammai; e i sacramenti di quella tutti, come vil cosa, con abominevoli parole scherniva; e così in contrario le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e usavagli.
Delle femine era così vago come sono i cani de’ bastoni; del contrario più che alcun altro tristo uomo si dilettava. Imbolato avrebbe e rubato con quella conscienzia che un santo uomo offerrebbe. Gulosissimo e bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia. Giuocatore e mettitor di malvagi dadi era solenne. Per- ché mi distendo io in tante parole? Egli era il piggiore uomo forse che mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la potenzia e lo stato di messer Musciatto, per cui molte volte e dalle private persone, alle quali assai sovente faceva ingiuria, e dalla corte, a cui tuttavia la facea, fu riguardato.
E ciononostante attraverso imbrogli e menzogne da lui orchestrare durante la sua ultima confessione riesce a ingannare “un santo frate” che lo ascolta e dopo la morte viene addirittura dichiarato santo con il nome di San Ciappelletto.
La vicenda, ambientata nei primi anni del Trecento, è tutta ispirata ai modelli della società mercantile che in quel periodo stava raggiungendo l’apice del suo sviluppo e l’espansionismo fiorentino si stava sviluppando in Francia mentre saliva al trono Filippo il Bello. I mercanti toscani si assicurarono il monopolio commerciale soprattutto della lana di Borgogna per l’industria tessile fiorentina fino a che non venne soppiantata da quella anglo scozzese trasportata per mare.
Lo stesso Dante nel XV canto del Paradiso, per bocca del trisavolo Cacciaguida tesse le lodi della Firenze antica ove le spose non temevano ancora di essere abbandonate dai mariti per andare a commerciare in terre lontane:
Oh fortunate! Ciascuna era certa
de la sua sepultura, e ancor nulla
era per Francia nel letto diserta (vv. 119-121)
Musciatto di Messer Guido Franzesi, un ricco mercante incarica Cepparello, di professione notaio, di andare a riscuotere i debiti che aveva con certi suoi clienti borgognoni. Cepparello recatosi in Borgogna, nella Francia centrale, venne ospitato da due fratelli fiorentini, usurai, amici di Musciatto. Ma mentre soggiornava presso di loro si ammalò gravemente. I due fiorentini non sapevano cosa fare, in quanto ora che era in fin di vita non potevano allontanarlo dalla loro casa per non farsi una cattiva fama presso i propri concittadini ma se fosse morto senza confessarsi la loro immagine sarebbe comunque stata compromessa per aver lasciato morire un ospite senza i sacramenti. Ma, conoscendo la vita scellerata condotta da Cepparello chiamare un frate per farlo confessare sarebbe stato ancora peggio perché nessun religioso avrebbe potuto dargli l’assoluzione.

Combattuti in queste ambasce non sapevano come risolvere il problema che rischiava di danneggiare i loro affari in ogni caso.
Appare chiaro anche in questo caso come il Boccaccio sottolinei gli aspetti immorali di certi atteggiamenti tipici della nuova società: ai due fratelli non interessa minimamente né la sorte terrena né quella ultraterrena di ser Cepparello, a loro interessa unicamente di salvaguardare i loro interessi economici.
Ser Ciappelletto si accorse della loro preoccupazione e li rassicurò che avrebbe risolto la situazione e che gli chiamassero il frate dalla reputazione migliore che potesse esserci, del quale tutti i cittadini avevano la massima devozione, e anziché confessare i suoi veri peccati ne inventò altri, di poco valore rispetto a quelli realmente commessi, ingannando il frate: dopo la morte il corpo venne portato in chiesa ed esposto e il frate iniziò ad elogiare la sua lealtà e purità finché fu dichiarato santo con il nome di San Ciappelletto.

Anche Prato tra la fine del Duecento e fino alla peste del 1348, come molti altri comuni italiani assisteva a uno sviluppo straordinario dei commerci e delle manifatture, una crescita tumultuosa che aveva portato a un profondo cambiamento sociale e comportamentale e non è un caso che Boccaccio, con ironia ma anche con estremo realismo, dedichi la prima novella della prima giornata del suo Decameron a un personaggio che di questi aspetti aveva interpretato gli atteggiamenti peggiori.
Chi volesse leggersi la novella per intero la trova a questo link
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