del prof. Giovanni Caselli

Territorio di Firenze, Prato e Pistoia in una antica carta (clicca sull’immagine per ingrandire)

Il territorio, che si estende tutto attorno a Firenze e che le nostre vie traversano per diversi chilometri, contiene i resti archeologici che per secoli e secoli hanno caratterizzato la vita e il lavoro di chi viveva in campagna con il sistema della “mezzadria”. Chi non lo conosce, perché è troppo giovane per averlo visto, ma ne ha letto e anche studiato, lo descrive come “il paesaggio della mezzadria” che oggi ha solo lasciato pochi residui. La mezzadria era un sistema di produzione, anzi un sistema di vita, quando la nostra vita consisteva essenzialmente di produzione ai fini della riproduzione, che risale alla preistoria ed esisteva in epoca etrusca. La mezzadria era il sistema istituzionalizzato che caratterizzava il rapporto tra il contadino e il proprietario del terreno. Nell’epoca precedente all’ellenismo, ossia alla conquista della Persia da parte di Alessandro Magno, da noi l’epoca etrusca arcaica, fino al IV secolo a.C., la terra apparteneva agli dei che avevano un rapporto diretto con i sacerdoti che con gli dei comunicavano. Chi lavorava la terra e produceva per il sostentamento della nazione, coltivava e allevava bestiame, tenendosi il necessario per sé e la sua famiglia e portando al tempio, o al palazzo del principe-sacerdote, il resto del prodotto che egli consegnava ai mercati cittadini. Naturalmente il terreno assegnato a una famiglia agricola doveva essere sufficientemente esteso, da poter essere adeguato per la forza lavoratrice e sufficiente per sfamare la famiglia e per la comunità, il che significa 50% per il lavoratore e 50% per il tempio. Questo sistema evidentemente accettato ed efficace è in pratica giunto fino ai nostri tempi quando i terreni che noi conosciamo vennero, nel medioevo, ad essere di proprietà della borghesia cittadina che si impadronì dei territori delle aristocrazie germaniche che avevano conquistato il territorio con le loro invasioni e lo tenevano mediante castelli residenziali distribuiti nella campagne abitate da loro e dai loro servi. Nelle società agricole il tempo era una ruota; la vita umana, come quella animale, seguiva i cicli della natura e il ritmo delle stagioni; non esisteva un senso lineare del tempo, quindi nessun senso della storia poteva esistere. Anche nel mondo contadino, che stava a metà strada tra l’urbano e il tribale, il tempo era una ruota, e quando accadevano eventi unici e irripetibili, raramente erano registrati e raramente compresi. Qualsiasi evento ‘storico’ (unico e irripetibile) sconvolge il ritmo della vita sociale ed economica, provocando un’interruzione, se non una frattura nel calendario dei lavori, e nel ciclo delle colture. ll contadino era in generale uno stoico, faceva tutto ‘nel modo giusto’ per il bene dell’armonia e della giustizia e non per uno scopo materialistico, egli si comportava in aderenza alla saggezza trasmessagli dai suoi anziani e non per un immediato beneficio o vantaggio personale, o per paura di una sanzione da parte del proprietario del terreno, che non era il suo “padrone” ma socio per contratto, secondo la legge. Il contadino contestava quindi la legge della città o dello Stato quando questa non coincideva con i suoi principi, o la sua saggezza. In questi e in molti altri aspetti, il contadino si differenziava dall’uomo moderno della società del consumo. La scomparsa del tipo sociale contadino e la sua sostituzione con il produttore/consumatore e con l’edonista, equivalse ad un cataclisma antropologico, come lo definì Pier Paolo Pasolini. La perdita della saggezza fu il sacrificio necessario per generare il consumatore, senza il quale il produttore non avrebbe avuto scopo di esistere. Il paesaggio di questa economia, che cessò di esistere verso la metà del XX secolo, ha lasciato territori abbandonati e solo in parte sfruttati industrialmente, oggi invece ricchi di vigneti mai prima esistiti e di coltivazioni su scala industriale. Solo i resti archeologici rimangono del paesaggio della mezzadria.

Stemma della Lega del Chianti

Verso la fine del XIII° secolo Firenze raggruppava un numero di queste leghe per formare unità più grandi che dal XIV ° secolo divennero “podesterie”, sotto il dominio di un ufficiale di pace, il “Podestà”. Queste erano divisioni sia militari sia giuridiche che nel tempo assunsero tutte le funzioni civili dei pivieri. Ogni “popolo” (gli abitanti di un piviere), assumeva, come corpo civile, importanti funzioni secolari. Prendeva il nome dalla sua parrocchia o santo protettore e preparava l’estimo (stima); si trattava di un elenco dei residenti della comunità. I “Massai”, o rettori, raccoglievano le dichiarazioni di censori che verificavano i dati e registravano nascite e morti per l’agenzia delle entrate di Firenze. Questi “Popoli” a volte comprendevano solo poche famiglie, altri più di 100 ‘focolari’ (in media 10 o 15 famiglie). Quando la loro popolazione superava il numero da 80 a 100 focolari, questi raggruppamenti venivano chiamati “comuni”, mentre una unità più piccola era chiamata “villa”. A volte questa consisteva in una sola parrocchia, altre volte ne includeva diverse. Nelle regioni montuose della Toscana, la gente viveva per lo più in villaggi, più grandi nel sud della regione, piccoli nel nord e nord-est. Altrove gli agricoltori vivevano, di regola, nelle aziende o in frazioni sparse. Più vicino Firenze, nelle fertili pianure e basse colline, il sistema di possesso della terra denominato “mezzadria” era caratterizzato da un insediamento sparso che aveva come suo fulcro sociale la chiesa parrocchiale e la residenza del padrone del podere.

Ambrogio Lorenzetti Effetti del buon governo, particolare del paesaggio della campagna con una casa-torre e le varie case poderali.

Anche se la mezzadria non era mai stata l’unica forma di possesso della terra nel territorio fiorentino, essa diventò tuttavia predominante dal XIV ° secolo in poi. La più antica statistica affidabile dimostra che il 70% delle aziende erano assegnate ad agricoltori nell’ambito di un contratto di mezzadria. Altri contratti contemplavano affitto da pagare in natura. In altri casi, il terreno era stato assegnato ad una famiglia, che lo avrebbe tenuto da una generazione a quella successiva solo pagando un importo nominale di denaro del 10%. Solo quando le prime idee socialiste cominciarono a diffondersi, verso la fine del XIX° secolo, i contadini entrarono sempre più in fermento e gli eventi presero un percorso di non ritorno. Nell’economia di mezzadria non c’era spazio per alcun tipo di educazione formale o istituzionale. I bambini cominciavano a lavorare non appena iniziavano a camminare. Il parroco si impegnava a insegnare a leggere, scrivere e far di conto per il bambino più intelligente a sua discrezione in una famiglia di suo gradimento. Mi risulta che in generale il più intelligente veniva privilegiato; indipendentemente da qualsiasi altra considerazione. Senza una piena comprensione di questo contesto sarebbe inutile cercare di capire questa parte d’Italia dal punto di vista storico politico, economico o sociologico.

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