ovvero le erbe aromatiche della cucina toscana
“Comprimari assoluti dei piatti toscani sono gli aromi delle piante officinali, rosmarino, timo e alloro in particolare, che sono presenti pressoché ovunque” anche nei piatti di mare che Laura Rangoni presenta nel suo ricettario sulla cucina toscana dedicata al pesce.
Oltre ad essere un’erba aromatica tra le più note e adoperate nella cucina toscana, il timo comune, chiamato pepolino, è una pianta dalle origini antiche tanto che la sua storia si accompagna ad una leggenda che lo vuole nato dalle lacrime di Arianna abbandonata, mentre dormiva nell’isola di Nasso, da quel Teseo cui aveva fornito il famoso “filo” per uscire dal labirinto. Lacrime mitologiche come le piccole foglie di questo basso arbusto che cresce spontaneo nelle terre mediterranee e che porta nell’etimo del suo nome il profumo che lo caratterizza tanto da essere usato nell’antichità al posto dell’incenso, prima che quest’ultimo fosse scoperto. Alcuni infatti attribuiscono l’etimo del termine alla parola greca che significa fumare, affumicare proprio perché lo bruciavano come si fa per l’incenso. Altri invece dalla parola greca “coraggio” perché l’essenza aveva potere rinvigorente e tale fu concepita anche durante il medioevo e forse per questo motivo le dame ricamavano un’ape ronzante attorno ad un rametto di timo sulle fasce di cui facevano dono ai propri cavalieri durante i tornei. Ma la sua caratteristica prevalente è sempre stata legata all’aroma tanto che il miele dei fiori di timo era tenuto tra i più prelibati.
La fitoterapia gli riconosce proprietà antisettiche e anticatarrali.
Nella cucina toscana, che è semplice e schietta ma saporita e stuzzicante, lo troviamo usato negli arrosti, per le marinate, nelle zuppe e nella stessa ribollita al posto del più comune prezzemolo.
Due ricette con il timo: una pasta con il sugo di pesce e una minestra di magro.
Pasta del pescatore di Follonica*
Ingredienti per 4 persone
400 g di pasta corta
500 g di pesce misto di scoglio
un ciuffo di timo
1 costa di sedano
1 bicchiere di Monteregio di massa Marittima
prezzemolo tritato
1 carota
1cipolla
la scorza di un limone
2 spicchi d’aglio
1 cucchiaio di farina
1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva
sale e pepe nero
Lavate e pulite il pesce, filettatelo togliendo tutte le lische, poi mettetelo in una padella capiente e ricopritelo con vino bianco secco, dopo aver aggiunto un filo d’olio, una manciata di prezzemolo tritato e qualche scorzetta di limone. Mettete il coperchio alla padella e fate cuocere adagio per un quarto d’ora. Girate poi i filetti perché cuocia dall’altra parte. Se necessario aggiungere altro vino. A parte rosolate nell’olio un trito fine di aglio, cipolla, sedano e carota. Fatelo ben dorare, unite il timo, quindi versatelo nella padella del pesce. Per legare il sughetto aggiungere un cucchiaino di farina bianca, avendo cura che si amalgami bene e non si aggrumi. Cuocere in abbondante acqua salata la pasta, scolatela al dente, poi fatela insaporire qualche minuto nella padella del sugo e servite subito con una manciata di pepe nero.
Farinata gialla di magro dell’Artusi
Come minestra ordinaria, si può collocare fra le buone. Mettete al fuoco con acqua proporzionata quattro decilitri di fagioli bianchi, che tanti bastano per quattro persone. Dopo cotti passateli dallo staccio e il passato mescolatelo nella broda degli stessi fagioli e nella medesima mettete a bollire, per due ore circa, mezza palla tritata di cavolo bianco o verzotto che condirete con sale, pepe e foglie di pepolino, detto altrimenti timo.
Ponete un tegame al fuoco con olio a buona misura e due spicchi d’aglio interi sbucciati; quando questi saranno ben rosolati gettateli via e aggiungete all’olio sugo di pomodoro, o conserva sciolta nell’acqua e anche qui un altro poco di sale e pepe; bollito che abbia alquanto, versate anche questo condimento nella pentola ov’è la broda e il cavolo. Per ultimo, quando questo sarà cotto, versate con una mano, a poco per volta, la farina di granturco; coll’altra mescolate bene, onde non si formino bozzoli, e giunta che sia a una certa consistenza, cioè alquanto liquida, fatela bollire ancora un poco e servitela.
*da Laura Rangoni La cucina toscana di mare
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