Il riutilizzo del pan secco

Come tutte le cucine povere anche quella toscana delle origini vanta molti piatti nati dalla fantasia delle massaie per riutilizzare i cosiddetti “avanzi”. Ne sono derivate molte pietanze ancora oggi in voga, saporite e genuine, nate al fine di evitare lo spreco di cui oggi vantiamo il primato: sprechiamo circa 65 chili a testa di cibo all’anno, recita una recente statistica, anche perché non sappiamo riutilizzarlo o conservarlo in modo appropriato.
Facciamo allora tesoro di alcuni piatti tipici per il riutilizzo del pane, quello raffermo.
La panzanella e la pappa al pomodoro sono sicuramente tra le più conosciute e riproposte, soprattutto la panzanella magari con alcune varianti, ma ricordiamo anche la ribollita e la farinata con gli zoccoli. Nomi suggestivi il cui etimo è spesso difficile da ricostruire
La panzanella, la pappa, la ribollita e l’acqua cotta sono già presenti nelle pagine che richiamano i piatti tipici della Toscana ma molti piatti sono ancora assenti e ci piace rivisitarli per collocarli nella memoria, fanno parte di una storia culinaria da non dimenticare, dove ritrovare le origini e il come eravamo.
Ma procediamo con ordine.
Sono certa che molti leggendo siano rimasti incuriositi dalla “farinata con gli zoccoli”, da non confondere con la frittata con gli zoccoli che non ha nulla a che vedere con il riuso del pan secco: ma cosa sono gli “zoccoli” non meglio identificati?
La farinata era il risultato di acqua e farina fatte bollire mescolando a lungo per evitare i grumi a cui si univano gli zoccoli, i cubetti di pane raffermo fritto nell’olio. Il tutto poi condito con olio e cacio. Il nome nasce quindi da un antico modo di chiamare il pane raffermo fatto a tocchetti.

E ancora una zuppa è protagonista: con il cavolo nero e un soffritto di olio, aglio, cipolla, lardo e abbondante peperoncino piccante, per cui si era meritata il nome di Zuppa del diavolo.
E cosa dire delle Braciole della Quaresima?
Già il nome è tutto un programma, nato dalla scanzonata ironia e arguzia toscane, come le polpette di Pelliccia tutte patate e poca ciccia… un altro nome che evidenzia canzonandole le caratteristiche povere del piatto.

Le Braciole della Quaresima in realtà non erano destinate solo al periodo religioso di astinenza di cui portano il nome ma usate molto spesso sulle tavole quotidiane, trasformando le fette di pane raffermo in un secondo saporito: le fette venivano inzuppate in un intingolo di uova sbattute e latte, aromatizzato con rosmarino, salvia e aglio tritati, passate quindi nel pangrattato e fritte in padella.
Si sa,come recita un vecchio adagio: fritta è buona anche una scarpa vecchia!
Zuppe e primi piatti, ma anche dolci: una ricetta antica anch’essa, forse meno utilizzata ai giorni nostri
FRITTELLE DI PANE*
Ingredienti:
50 g di pane duro, 70 g di zucchero, 70 g di farina, 200 g di uvetta ammollata nella grappa o nel Rum, una ciotolina di latte caldo, 1 uovo, 1 cucchiaino di bicarbonato (o cremor tartaro, oggi lievito), scorza di limone grattugiata, sale, olio.
Preparazione:
mettere a bagno il pane nel latte; quando è ammollato, strizzarlo bene con le mani, impastarlo con tutti gli ingredienti, mettendo l’uvetta per ultima. Friggere a cucchiaiate
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*da La cucina del riuso: Toscana. Accademia Italiana della cucina
Continua nel prossimo articolo: Il riuso delle carni e del pesce
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La cucina toscana delle origini: il riuso delle carni