Semifreddo e non gelato! Mai mettere lo zuccotto, quello vero, nel freezer, sottolineano gli specialisti.

E andiamo a raccontare, tra storia e leggenda, le origini di questo dolce fiorentino molto speciale.

Lo Zuccotto con l’Alkermes

Pare che tutto fosse iniziato dal desiderio in casa Medici di seguire la nuova moda di bere cose fresche in estate. Fu così che il loro architetto e sovrintendente alle Arti, Bernardo Buontalenti, si ingegnò per conservare e mantenere la neve e il ghiaccio anche nella stagione calda: e inventò le ghiacciaie. A Firenze ce ne erano molte e ancora se ne vedono, e anche una via ricorda nel suo odonimo, via delle Ghiacciaie vicino alla Fortezza da Basso, l’esistenza e l’uso di queste antesignane del nostro molto più comodo frigorifero.

Buontalenti

Ma cosa erano, come funzionavano e dove erano le ghiacciaie?

Ne furono realizzate molte, visto il crescente consumo, e lungo il fossato difensivo del torrente Mugnone che veniva sfruttato per la raccolta di neve e ghiaccio dentro profonde buche/grotte, conservati, ben compattati e coperti, all’ombra delle mura sotto tetti di legno di forma conica e strutture in paglia e nell’Orto dei Pitti, oggi Boboli, e nelle ville medicee suburbane insieme alla creazione di molti “laghetti per il ghiaccio”.

Successivamente queste prime strutture per la conservazione del ghiaccio, nate pare dall’intuizione del Buontalenti, divennero delle vere e proprie costruzioni specializzate che ancora oggi possiamo vedere nel Giardino di Boboli, la ghiacciaia Grande e Piccola progettate da Mechini nel 1612, o alle Cascine, progettata quest’ultima a forma di piramide dall’architetto Manetti nel 1786: si tratta di veri capolavori di ingegneria idraulica; quelle di Boboli sono scavate nella roccia fino a circa 20 metri di profondità e si sviluppano per tutta l’altezza della collina.

La Ghiacciaia di Boboli
La Ghiacciaia delle Cascine

Questa storia ci serve solo come premessa perché il nostro architetto era anche un abile cuoco e si dilettava con profitto in piatti “meravigliosi” nel senso che destavano meraviglia.

Uno di questi fu proprio lo zuccotto che pare prendesse il nome, quando le leggende un po’ esagerano, dal copricapo, detto appunto zuccotto, utilizzato dalle forze di artiglieria, una specie di elmetto dentro il quale il Buontalenti avrebbe realizzato il suo dolce. E, a conferma, si racconta che il suo primo nome fosse “elmo di Caterina” la grande regina di Francia di casa Medici che vi esportò molti piatti della cucina toscana. Un’altra versione, forse più attendibile, è che il nome si riferisse, per l’utilizzo del rosso Alkermes, con cui veniva bagnato il pan di Spagna, al copricapo degli alti prelati detto appunto zuccotto.

E ribadiamo, un semifreddo e non un gelato, perché i gelati, come li intendiamo oggi, a quel tempo non esistevano, si erano invece diffusi quelli che dal turco, serbet a sua volta dall’arabo sharba ovvero bibita fresca, erano detti “sorbetti” ottenuti mescolando neve e sciroppi di frutta o misture di vini, ma non erano ancora riusciti a realizzare l’odierno gelato in quanto non erano ancora in grado di abbassare la temperatura di un liquido al di sotto degli zero gradi.

Questa bella storia ce la racconta l’enogastronomo Righi Parenti e aggiunge che pare fosse stato lo stesso Buontalenti a scoprire come abbassare la temperatura sotto lo zero mescolando al ghiaccio del sale da cucina e a inventare quindi il gelato.

E noi aggiungiamo: per questo i fiorentini contendono il primato di primi gelatai ai siciliani e ai napoletani?

Ma torniamo allo zuccotto.

Righi Parenti nel suo ricettario “Dolcezze di Toscana” ci dà anche la ricetta originale:

“è fatto con la sola ricotta, arricchita con zucchero,
mandorle, canditi, che viene posta in un recipiente adatto, semisferico, tappezzato
di “Pan di Spagna”, tagliato a fettoline sottilissime, bagnate d’un buon liquore (in
origine ”Alkermes”) quindi messo in fresco sul ghiaccio […] debbo ricordare, almeno se vogliamo seguire la ricetta antica, quella della tradizione, che non è necessario poter disporre di temperature
molto basse, al di sotto degli zero gradi, in quanto questo semifreddo va
servito molto fresco ma non… ghiacciato. Per preparare un ottimo “zuccotto” vi
consiglio questi ingredienti:

ricotta freschissima gr. 300              

La cioccolata fonente a schegge
La ricotta

zucchero vanigliato gr.150

panna montata gr. 100

cioccolato amaro fondente spezzettato a scheggioline gr. 50
cacao in polvere gr. 30

canditi di cedro gr. 40

canditi arancio gr. 40

mandorle tostate e tritate gr. 60.

Si fodera il recipiente che verrà usato per preparare lo “zuccotto” con circa 150 grammi di Pan di Spagna. Si prepara una bagna con ”Amaretto di Saronno”(ndr.: oppure vinsanto) 50 cc. con altrettanto sciroppo preparato con 30 grammi di zucchero sciolti in 40 cc. d’acqua con cui zupperemo la pasta del dolce che avremo tagliato a fette piuttosto sottili, poi ci daremo da fare con la ricotta che, per prima cosa, mescoleremo con la panna montata e lo zucchero, quindi divideremo in due parti. Nella prima vi mescoleremo il cacao ed i pezzetti della cioccolata e la metteremo nel fondo dello zuccotto, poi mescoleremo alla seconda parte i canditi e 40 grammi del trito di mandorle. Pareggeremo con una spatola e completeremo con il resto delle mandorle che serviranno a conclusione per chiudere l’opera. Una ricetta del tardo XVI sec. prevede un ripieno di sola ricotta addolcita con miele e zucchero, con canditi e fichi secchi tritati con le mandorle. Non vi viene specificata la bagna per la pasta dolce. Ieri lo mettevano sulla neve, il nostro finirà nel frigorifero (non nel freezer) per almeno sei ore”.

Non ci resta che augurare buon semifreddo a tutti! E non dimenticate di andare a vedere, almeno dall’esterno, le antiche ghiacciaie…

Vai a: Dolci tipici toscani, la loro storia e le loro ricette