Siamo a Pratolino, a pochi chilometri da Firenze, famoso per il suo splendido Parco

mediceo. Si devia a destra dalla Bolognese prima di scendere verso Vaglia con direzione Bivigliano e si gira alla prima a sinistra, via di Macioli. Percorsa tutta la strada, in un’ampia radura si eleva la pieve anticamente detta San Cresci in Albino o a Carza, il torrente che scorre a valle.

San Cresci a Macioli è un’antica pieve documentata sin dal 926. Più tarda la sua bella torre campanaria che un’iscrizione alla base data 1279. Intorno al 1460 il pievano Arlotto intraprese gli interventi più massicci di restauro, iniziati già in precedenza, terminati intorno al 1466 che avrebbero reso l’attuale pieve più alta rispetto all’originaria datata intorno al VI secolo.

La ristrutturazione si deve e al pievano Arlotto e al sostegno economico della famiglia Neroni. L’opera fu affidata a Giuliano da Maiano cui si attribuiscono i finestroni sulla facciata, il portale, le colonne e il presbiterio. L’interno è a tre navate divise da sette colonne con capitelli ionici. La bella cancellata in ferro battuto che chiude il fonte battesimale del XV secolo è del senese Battista de’ Franci e risale al 1372.







Il pievano, passato alla storia letteraria con il nome di battesimo e non con il cognome, fu Arlotto Mainardi nato a Firenze nel 1396, figlio di Giovanni di Matteo di Mainardo, notaro fiorentino. Arlotto di nome e di fatto? Secondo alcuni studiosi infatti il nome deriverebbe dal provenzale arlot con il significato di giocondo. Il pievano fu sicuramente un protagonista tanto da diventare quasi leggendario. Di sicuro sappiamo che nel 1424 papa Martino V lo designò alla pieve di San Cresci a Maciuoli, che fu un instancabile viaggiatore come cappellano della flotta mercantile fiorentina raggiungendo varie località tra cui le Fiandre, Valencia, la Provenza, il Regno di Sicilia e la città di Londra. Tra il 1450 e il 1470 divenne famoso per i suoi “Motti e facezie” che in realtà non scrisse direttamente ma furono compilati da un amico rimasto volutamente anonimo, anche se probabilmente nacquero da una raccolta di appunti del pievano medesimo dei fatti più particolari che gli erano capitati.

Di certo diventa un personaggio conosciuto ed emblematico tanto che nella Vita che accompagna i Motti si legge che morì il 26 dicembre del 1484 alle 4 della notte, come era scritto nella lastra tombale originale: “Questa sipoltura a facto fare il Piovano Arlocto per se et per tucte quelle persone le quali drento entrar vi volessino”. Un rifacimento della lastra originale è a Firenze nell’oratorio di Gesù Pellegrino tra via San Gallo e Via degli Arazzieri.
Vedi anche: Itinerari e paesaggi di Toscana