Antiche industrie e archeologia industriale in Toscana
Nel 1842 Pasquale Benini, un imprenditore di Lastra a Signa che fino ad allora produceva cappelli di paglia, percepì l’inizio di una crisi del settore, abbandonò la precedente attività e si dedicò a un genere ben diverso: la metallurgia. Fondò così in società con Tommaso Michelagnoli, un commerciante fiorentino, una nuova fabbrica nel rione del Pignone, poco fuori da porta San Frediano.

Nasceva la Società Anonima Fonderia di ferro di seconda fusione del Pignone affidata alle competenze tecniche del tedesco Federico Schenk, sostituito l’anno successivo dall’ingegner Pietro Benini figlio di Pasquale. Il quartiere era uno degli agglomerati manifatturieri della città, ospitava concerie, il Gasometro, un produttore di colla e un fabbricante di maioliche ed anche botteghe artigianali per la lavorazione della paglia.

Il luogo prescelto offriva notevoli vantaggi infrastrutturali sia per ricevere le materie prime, sin dall’Inghilterra e dalla Francia, che per spedire i prodotti finiti: la via Pisana a pochi passi, la vicinanza di un porto fluviale che garantiva un collegamento a basso costo con il porto di Livorno e, pochi anni dopo, la costruzione della stazione Leopolda sull’altra sponda dell’Arno.

Negli anni successivi la fabbrica si distinse nella costruzione di arredi urbani e nella sperimentazione di nuove tecnologie come il motore a scoppio a sede fissa, realizzato nel 1858 su progetto di Barsanti e Matteucci, destinato a sostituire il motore a vapore nella lavorazione industriale.

Con l’unità d’Italia il mercato locale subì notevoli contraccolpi essenzialmente dovuti sia all’abbattimento delle frontiere daziarie, con il conseguente allargamento della concorrenza, sia alle nuove regole amministrative dettate dal nuovo Stato, non ultima l’imposizione di una pesante tassazione. Molti imprenditori fallirono, altri dovettero adeguarsi alle nuove regole. Ma non tutto il male vien per nuocere, anzi: l’aumento dei consumi, legato all’imborghesimento della società, e il crescente aumento delle commesse pubbliche stimolarono alcuni settori economici e tra questi anche la fonderia del Pignone.

In particolare a Firenze, divenuta capitale dei Regno nel 1865, pur in mezzo a speculazioni e a improprie commistioni fra affari e politica, si assisté in quegli anni a un periodo di fioritura non solo per le imprese di costruzioni, ma anche per l’artigianato e la piccola industria che lavoravano il ferro, i vetri, i marmi, arredi di vario genere, mobili e tessuti. La storia economica toscana è ricca di vicende imprenditoriali che hanno qui la loro nascita, il loro sviluppo.

Negli anni compresi tra l’Unità d’Italia e Firenze Capitale gli occupati nell’impresa passarono da 80 nel 1860 a 120 nel 1871 per continuare a crescere sensibilmente anche nei decenni successivi (fino ad arrivare a 1800 operai nel 1953 prima della crisi).
La fonderia aveva nel settore pubblico uno dei suoi principali committenti. Sin dal 1846 produceva i candelabri per l’illuminazione a gas della città. Nel 1866 ottenne l’appalto per la fornitura di cancelli per la nuova cinta daziaria, nel 1868 le fu affidata la fornitura di panchine e ringhiere per il viale dei Colli. E ancora i chioschi per le guardie al Piazzale Michelangelo come anche gli ornamenti alla statua del David e la balaustrata del Piazzale Michelangelo. Nel 1869 fu commissionata al Pignone una cisterna con una pompa per le Cascine e la realizzazione dei bagni in corso dei Tintori. Seguiranno l’acquedotto di Montereggi e le spallette in ghisa del Ponte alle Grazie allargato nel 1876 per permettere il passaggio della linea tramviaria.

Vi era però anche una notevole produzione legata alle richieste del settore privato: girellando per Firenze possiamo ancora ammirare balaustre, cancelli, inferriate e lumi dei palazzi ottocenteschi fiorentini prodotti dalle officine del Pignone.
Negli anni successivi la fonderia sempre attenta alle innovazioni tecnologiche e alle nuove richieste del mercato produsse pompe, motori, frantoi, strettoi e macchine a vapore per battere il grano. Nel 1918, dopo essersi ulteriormente ingrandita grazie alle commesse militari, l’azienda si trasferì a Rifredi.
Articoli correlati:
La manifattura Ginori al tempo di Firenze capitale
Bellezza all’ “Acqua di rose” della Manetti e Roberts di Firenze
La nascita delle Officine Galileo
Ex Manifattura Tabacchi di Firenze