di Giovanni Caselli

Insediamenti etruschi nella penisola italiama

Chi erano gli Etruschi? Alcuni studiosi ritengono che essi fossero un popolo intero giunto in massa dall’Oriente mediterraneo sulle coste della Campania, del Lazio e della Toscana agli inizi dell’VIII secolo a.C. In realtà, il fatto in sé è improbabile, ed è assai improbabile che nomi di luogo (toponimi) in lingua etrusca, assai più numerosi nel Casentino e nell’interno della Toscana che non altrove, siano da attribuirsi a una popolazione di immigrati dall’Oriente che occupò territori in precedenza abitatati da Liguri e Umbri. I Romani chiamarono Etrusci gli abitanti del Lazio settentrionale e della Toscana attuali che chiamavano se stessi Rasenna o Rasna e che i Greci chiamavano Tyrrhenoi.
In realtà in queste regioni, che agli albori della storia i Romani e i Greci dicono abitate dagli Etrusci o Tyrrhenoi, viveva nei secoli precedenti una popolazione (o popolazioni) che ha lasciato resti materiali di cultura centro europea e che nulla hanno di “ligure” o di “umbro”. Nessuno sa chi fossero questi abitanti antichi della Campania, del Lazio, della Toscana e di parte dell’Emilia, i cui manufatti, rinvenuti negli scavi sono stati ascritti ad una cultura definita “Villanoviana” da Villanova, presso Bologna, dove nel 1853 si rinvennero i primi reperti del genere in Italia. Dagli inizi dell’VIII a tutto il VII secolo a.C. i reperti che troviamo nei centri abitati e nei cimiteri di queste regioni sono invece di chiara provenienza mediterraneo orientale, mentre nel resto d’Europa questa stessa cultura materiale viene gradualmente ad evolversi per acquisire un carattere suo proprio definito “celtico”, mentre in Toscana l’evoluzione dell’arte villanoviana in arte mediterranea orientale si identifica come Etrusca – Orientalizzante.
In questa transizione dal Villanoviano all’Etrusco non vi è discontinuità, quindi si osserva in questa area, a partire dai centri più vicini alle coste tirreniche e ricettori di contatti con l’Oriente mediterraneo, una ‘transizione culturale’ nell’area in cui si parlava la lingua etrusca, da una cultura essenzialmente europea ad una fortemente influenzata dall’Oriente. Al di fuori di questa area, a nord degli Appennini, dove si parlavano lingue indoeuropee, questa influenza orientale avviene casomai più tardi e con un minore impatto, mediata dall’Etruria.
Che significato possiamo dare alla distribuzione di questi nomi di luogo (toponimi) – in una lingua unica al mondo – e a questa transizione culturale? Una possibile spiegazione è questa: in Toscana, parti della Romagna appenninica, del Lazio e della Campania si attardava una lingua preistorica locale, oggi nota come “etrusco” e chi la parlava apparteneva o aveva acquisito, mediante contatti, una cultura materiale di tipo centro europeo, di distanti origini transcaucasiche.
La lingua etrusca appartiene a un ceppo linguistico antico (Nostratico) ed era sopravvissuta in queste regioni contraddistinte dalla cultura Villanoviana. La cosa più improbabile è che questa lingua sia stata imposta da chi diffuse in queste regioni la cultura “orientalizzante” fra fine VIII e VII secolo a.C. anche perché non vi è traccia alcuna di questa lingua in nessuna delle regioni da dove la cultura “orientalizzante” proviene. Una stele in una lingua simile all’etrusco è stata trovata nell’isola greca di Lemnos, ma ciò non prova che in questa particolare isola si parlasse l’etrusco, questa stele prova che chi la iscrisse e la eresse sulla tomba di un congiunto parlava l’etrusco e la cosa più probabile è che questa persona fosse un membro di una famiglia di mercanti venuta dall’Etruria e residente a Lemnos.
La civiltà etrusca, sviluppatasi di pari passo e, potremmo dire in emulazione, di quella greca in fasi dette appunto “orientalizzante”, “arcaica”, “classica”ed “ellenistica”, fece propri numerosi tratti culturali di questa, che aveva preso come modello di eccellenza, pur mantenendo un proprio carattere autoctono. La cultura etrusca grecizzata fu quindi assimilata dalla civiltà romana, che continuò ad emulare quella greca di epoca ellenistica fino a subire, via Bisanzio, influenze dell’arte persiana. Roma, originariamente una città in tutto e per tutto etrusca, sorta nel luogo dove la via naturale del sistema antiappenninico traversava il Tevere, in un punto centrale dei pascoli invernali dei pastori italici dell’Appennino, si sviluppò in un grande conglomerato urbano abitato in massima parte da italici o non etruschi e genti provenienti dall’oriente mediterraneo e giunte sulle coste del Lazio a sud della foce del Tevere, come pare provare anche l’archeologia recente. La singolarità culturale di Roma, come centro multietnico è da notare come caso più unico che raro nel Mediterraneo. Gli abitanti eterogenei di Roma che gradualmente si costituiscono in “popolo”adottando la lingua latina – fino ad ora parlata da una piccola tribù del Lazio – dandosi miti, leggi e uno stile di vita accettati un poco ovunque, danno vita ad una società “marziale”, dedita alla diffusione od espansione su sempre più vasti territori della visione del mondo romana tra popoli che poi diventano “romani”, dandosi cioè non il nome di una nazione, ma di una città della quale accettano l’ordinamento giuridico.
La civiltà romana come farà l’Islam molti secoli più tardi, islamizzando i poli sconfitti, conquista, romanizzandole, tutte le popolazioni dell’Italia e quindi del vicino Oriente e dell’Europa fino al Reno e al Danubio. La civiltà degli Etruschi si dissolverà in quella romana, mentre solo alcuni ceti manterranno identità lingua e tradizioni etrusche fino a dopo la caduta di Roma. La lingua etrusca, soppiantata dal latino nelle città etrusche, sopravviverà nella liturgia degli “aruspici” (i veggenti di stato che continuano a praticare la loro arte fino ad epoca cristiana inoltrata – Costantino si rivolgeva ad aruspici etruschi prima di prendere le sue decisioni).

Italia Preromana

Probabilmente l’etrusco sopravvisse negli idiomi delle popolazioni agro pastorali rimaste isolate nelle valli appenniniche ancestrali, come ad esempio nell’Appennino e nelle valli alpine attorno al Lago Maggiore. Gli Etruschi padani si erano insediati nelle valli alpine centrali per sfuggire all’invasione dei Celti che nel IV secolo a.C. si riversarono nella pianura Padana fino alla costa anconetana. Nella Rezia e nell’Appennino, si continuerà a parlare o a conoscere l’etrusco fino alle invasioni barbariche del V-VI secolo d.C. La resistenza etrusca alla romanizzazione è indicata dall’esistenza in Etruria dei mitrei e della religione mitraica, praticata soprattutto dalle truppe ausiliarie “ariane” ossia di cultura iranica, come i Sarmati e i Germani orientali, numerosi nell’esercito romano tardo imperiale.
La lingua etrusca non fa parte del gruppo linguistico indo-europeo, essa appartiene con tutta probabilità ad un substrato preistorico locale ed è quindi un nostratico, un misto di altaico, semitico ed altre lingue dell’Eurasia. Lo storico greco Erodoto (430 a.C.) narra che gli Etruschi migrarono dalla Lydia una regione dalle coste dell’attuale Turchia. E’ vero che le tombe etrusche del Lazio del V secolo a.C. somigliano sia nell’architettura sia nelle pitture murali alle tombe della Lydia, ma questo può essere dovuto ad una migrazione di mercanti e di maestranze che si stabilirono, magari chiamate, in Etruria verso il V secolo. Niente induce a ritenere che gli Etruschi abitassero la Lydia prima di migrare in Etruria nell’VIII secolo a.C.
Dionisio di Alicarnasso (100 a.C.) scrive invece che i Tirreni erano indigeni dell’Italia, che chiamavano se stessi Rasenna e che facevano parte di una antica nazione “che non somiglia a nessun’altra nella lingua, nello stile di vita e nei costumi”. Mentre le città costiere dell’Etruria tenevano contatti commerciali con ogni regione del Mediterraneo ed erano abitate da colonie di Fenici, Greci, Egizi ecc., le città interne erano abitate quasi esclusivamente da Etruschi, come provano anche i test genetici effettuati su scheletri dell’epoca (che paiono mostrare una certa omogeneità) e queste potevano avere il distinto carattere etnico che Dionisio attribuisce ai Tirreni.
Non ha eccessiva importanza stabilire la “razza” o l’appartenenza genetica di una popolazione che forma una civiltà dal momento che la stessa civiltà si è ovunque formata in virtù di incontri, contaminazioni e fusioni di popoli diversi in un dato luogo dove le varie esperienze culturali sono strumento essenziale per la formazione di un peculiare sistema sociale ed economico definito “civiltà” nel momento in cui acquisisce la scrittura e sviluppa una consapevolezza di appartenenza, magari anche definendo dei confini nazionali.

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