di Salvina Pizzuoli

Le prime documentazioni datano tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo la presenza di un insediamento in felice posizione: il fiume, il Porto di Mezzo, il ponte sull’Arno, l’antica via Pisana, le cave di arenaria nelle colline limitrofe a cui aggiungere, non lontana, la presenza di un nucleo urbano in grande espansione quale era quello di Firenze. La denominazione di “lastra” gli deriva probabilmente dalla presenza delle cave anche se si affiancava in origine a quello di Gangalandi dal nome di una famiglia di conti e signori feudali che dominava sul territorio.
Sarà comunque la vicinanza di Firenze a tracciare la storia dell’insediamento quando nel XII secolo si sostituirà al potere dei signori locali con la volontà di costituire una serie di baluardi lungo la via Pisana a difesa da attacchi esterni e a tutela delle attività commerciali che si svolgevano nel Porto di Mezzo, importante scalo fluviale per merci destinate all’approvvigionamento di Firenze e, verso Pisa, per i traffici marittimi, con la viabilità garantita per le altre destinazioni dalla presenza del ponte sull’Arno. Fu la continua lotta tra Firenze e Pisa a spingere la Signoria fiorentina a fortificare lungo la via Pisana alcuni capisaldi come Lastra a Signa e il vicino borgo di Malmantile in posizione collinare sulla valle dell’Arno. Intorno ai primi anni del XV secolo Lastra verrà munita, così come Malmantile, dalle mura che ancora oggi circondano il centro storico dei due borghi. Fu poi il Buonarroti a ispezionarle per validarne la capacità di resistere agli assalti degli eserciti imperiali: fu lì, nella piana, che nel 1529 fu sferrato un forte attacco a Firenze da Carlo V che sarà incoronato l’anno successivo Imperatore del Sacro Romano Impero e che per Lastra a Signa significò affrontare una delle prime sanguinose offensive: le truppe imperiali, dopo diversi giorni di assedio, entrarono il 6 dicembre trucidando tutti i soldati fiorentini sopravvissuti alla strenua difesa.
Oggi possiamo ancora fare il giro della città murata chiusa dal perimetro delle mura con sette delle dieci torri ancora in piedi anche se non integre.Iniziamo la nostra visita dalla porta-torre a Sud, la più imponente delle due rimaste, con la sua mole poderosa e la considerevole altezza di 22 metri circa, s’impone al visitatore costringendolo a procedere a naso all’insù e la cui denominazione di Portone di Baccio ben si collega alla sua ampia struttura.

Proseguiamo per via Dante Alighieri dove un tabernacolo segna l’incrocio con via dell’Arione: il Tabernacolo del Podestà affrescato. L’interno della cappella raffigura una Madonna con Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Francesco e nella volta Dio, Padre Eterno, e i quattro Evangelisti; gli affreschi sono attribuiti ad un anonimo pittore fiorentino del XVI secolo.


Prima di continuare, svoltando verso via dell’Arione, è da segnalare il Palazzo Pretorio o Palazzo del Podestà: in basso a destra la bella finestra inginocchiata del 1570 e lungo il bugnato molti gli stemmi dei Podestà realizzati anche in ceramica. Sempre su via dell’Arione sulla facciata di un palazzo una lastra marmorea ricorda al visitatore che lì soggiornò dal 1916 al 1918 il poeta Dino Campana autore dei “Canti orfici” mentre l’iscrizione sottostante racconta degli “ozii” di Enrico Caruso, trascorsi lontano dai clamori della fama nella sua città d’origine.




Tra passato e presente continuiamo il nostro itinerario storico.
A destra, tornati in via Dante Alighieri, un portico con sette arcate su pilastri ottagonali: nelle volte a crociera la bella decorazione policroma. Il loggiato fa parte dello Spedale di Sant’Antonio eretto nel 1411 dall’Arte della Seta di Firenze e attribuito per la sua sobria eleganza a Filippo Brunelleschi.


Superato il portico ci troviamo in un ampio spazio che a sinistra inquadra la bella facciata del Palazzo della Confraternita della Misericordia: è la grande Piazza Garibaldi un ampio slargo prima dell’incrocio a T di via Dante Alighieri e Via Manzoni a sinistra della quale la chiesa di Santa Maria della Misericordia con rifacimenti esguiti tra il XVII e il XIX secolo che conserva una tavola del XIII secolo di Madonna con Bambino. Girando a sinistra su via Manzoni, la Porta Pisana a ovest. Delle tre porte-torri manca la Fiorentina ad Est distrutta durante l’ultimo conflitto mondiale.

Percorriamo via Manzoni ed usciamo attraverso la Porta Pisana. Da qui possiamo percorrere, volendo, tutto il perimetro della cerchia di mura. A sinistra il visitatore può vederne un ampio tratto e ben conservato con la struttura a beccatelli e le torrette alternate. A destra una delle torri angolari che abbisognerebbe di un importante intervento di restauro.

Completiamo la visita con l’antica chiesa di San Martino a Gangalandi contrada, come scrive lo storico ottocentesco Repetti, “con più borgate che diedero il nome a un’estesa comunità, ora detta della Lastra a Signa […] Dicesi più specialmente di Gangalandi il paese che dalla posta della Lastra a Signa sale il poggio a ostro-levante, dove sono tante case, tante ville signorili, due chiese e un grandioso convento”.


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