
Come potrebbe la spada nella roccia di Montesiepi non richiamarne un’altra, quella mai vista ma conosciuta negli scritti che l’hanno immortalata e relativi alla leggenda di Re Artù, alla Tavola rotonda e al Santo Graal?
Ma la spada di Montesiepi è lì protetta da una teca e, da recenti studi, pare proprio sia autentica, coeva all’ epoca in cui visse il santo.

E non solo. Un’ elegante costruzione romanica, dall’enigmatica forma circolare, inusuale per il periodo storico che la data, fu costruita attorno ad essa: l’eremo di Montesiepi.
In cima ad un colle da cui si domina la piana e la suggestiva quanto struggente bellezza della abbadia cistercense che sorge più in basso, si eleva la costruzione che colpisce il visitatore con la simmetria delle fasce colorate, cotto e travertino, che la caratterizzano e per la costruzione medesima che pare la risultante dell’assemblaggio di blocchi di diversa forma, e tonda e quadrata ed emisferica, che la contraddistinguono insieme allo snello campanile a vela. La dicromia all’esterno si ripropone poi all’interno nella struttura della volta dove le fasce concentriche, bianche e rosse, si restringono poi via via verso la sommità conferendo all’insieme una coreografia che abbraccia e nello stesso tempo dilata la visione dal basso verso l’alto.
Alla prima costruzione circolare, datata XII secolo, si aggiunsero successivamente la cappella e l’atrio in gotico senese. Al centro della sala circolare il masso dentro il quale è conficcata la spada.

La leggenda racconta che San Galgano, lasciati i clamori del mondo dopo aver più volte avuto apparizioni in sogno di san Michele, avesse scelto come luogo per il suo eremitaggio le radure di Montesiepi e che avesse, per sottolineare la sua conversione alla vita spirituale, piantato la sua spada nella roccia che diveniva così simbolo della croce.
Potrebbe la storia vera di Galgano Guidotti nato a Chiusdino intorno al 1148 e morto nel 1181 e beatificato nel 1185, come risulta agli atti del processo di beatificazione, aver ispirato i racconti del cosiddetto ciclo Bretone o che la storia della sua conversione ne avesse subito l’influenza? In effetti il “Perceval” di Chretien de Troyes fu scritto in quegli anni, tra il 1175 e il 1190 ma che la figura e la conversione di Galgano avesse potuto o meno ispirare o essere ispirata da cantori d’oltralpe non è dimostrato; ma che la sua fama fosse notevole già ai tempi in cui era ancora vivo la dice lunga su quanto il personaggio abbia lasciato traccia profonda nelle menti e nell’immaginario dei suoi contemporanei. La leggenda racconta che durante un viaggio a Roma, in pellegrinaggio, alcuni giovani invidiosi, non meglio identificati, avessero voluto estrarre la spada dalla roccia e che nei vari tentativi l’avessero anche spezzata. Ma al ritorno di Galgano la spada si rinsaldò miracolosamente. Due i miracoli riconosciuti al santo, la moltiplicazione di tre pani in sei e la guarigione di una giovane dalle dita contratte avvenuti entrambi mentre Galvano era in vita e nel suo eremitaggio a Montesiepi.

Che il mito di San Galgano fosse estremamente vivido nei suoi contemporanei lo dimostra la costruzione della cappella di Montesiepi detta anche la “Rotonda” e la costruzione della splendida abbazia cistercense a lui dedicata, iniziata intorno al 1224 e terminata nel corso del XIII secolo, esempio notevole di architettura gotica in Italia.

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