Cennina, la porta di accesso al castello

La Valdambra è per il visitatore un concentrato di bellezze antiche e recenti che lo accompagnano in un paesaggio che porta con sé i segni del tempo e quindi della storia che lo ha costruito insieme all’ ameno paesaggio naturale e a quello rimaneggiato dall’uomo. Se il primo si contraddistingue per la presenza di eriche, lecci, ginepri, corbezzoli e ginestre che ammantano le verdeggianti colline, il secondo privilegia la vite e l’olivo che trovano collocazione anche sui terrazzamenti segnati dai muretti a secco.

Siamo usciti, provenendo da Firenze, in località Valdarno e ci siamo indirizzati verso Montevarchi, passando per Terranova Bracciolini, alla volta di Bucine per iniziare da lì il giro che abbiamo previsto lungo la strada provinciale 540 che lungo l’Ambra che dà il nome alla valle. Il nostro primo obbiettivo è il castello di Cennina o per meglio dire il borgo murato. All’altezza dell’abitato di Ambra lasciamo la provinciale e iniziamo la salita verso il borgo. La strada è stretta ma non mancano di attrarre la nostra attenzione il panorama e i borghi che in lontananza si vedono bene sulla sommità dei colli con i loro agglomerati di case che ricordano nella struttura quelle di centri fortificati sorti attorno ad un castello. Da non dimenticare che la Valdambra, territorio strategico stretto tra Siena Arezzo e Firenze, è sempre stata contesa e pertanto munita: ben diciassette castelli, in così poco spazio, ne sono storicamente la testimonianza anche se di essi oggi rimane solo qualche brandello.

Cennina la strada che oggi costeggia la porta di accesso anticamente circondata fa un fossato con ponte levatoio

Ma Cennina no, tra le varie fortificazioni è quello che conserva meglio di ogni altro in Valdambra le caratteristiche del castello medievale. La sua posizione era a guardia della strada che raccordava l’antica via etrusco-romana delle Colline del Chianti con la Cassia Adrianea, il nuovo tronco aperto nel 123 d.C. dall’imperatore Adriano per ridurre le distanze tra Chiusi e Firenze.

Castello Lupinari edificato o villa Frisoni dal nome del proprietario su progetto di Gino Coppedè.

A circa metà del percorso un castello sicuramente novecentesco, ma con caratteri neogotici, cattura la nostra attenzione: è distante ma si distinguono bene l’alta torretta sormontata da merli guelfi in laterizio, in bel contrasto con il bianco della parte sottostante in travertino, cui fa da contorno una decorazione con marmo bianco, e il corpo principale che richiama nella parte alta la medesima decorazione della torretta. È il castello Lupinari edificato nel 1906/08 o villa Frisoni dal nome del proprietario su progetto di un eclettico architetto fiorentino, città che ne conserva alcune opere nelle sue architetture urbane, quale Gino Coppedè.

E continuiamo la salita verso la sommità del poggio dove si apre, come un gigantesco occhio vuoto, nella torre di accesso che si affaccia sulla valle, una grande finestra con il suo arco a tutto sesto. Ed eccoci arrivati. Siamo proprio sotto la torre di accesso, che il signor Osvaldo Righi ha ribattezzato la “trappola” ai tempi caratterizzata da un ponte levatoio e grata a chiudere l’accesso alla fortificazione e al borgo.

Ma procediamo con ordine.

Cennina, la strada interna che conduce all’antico cassero

Saliamo per una scala di pietra e, superata la torre d’ingresso, ci troviamo davanti un alto muro che nella sua sezione verticale appare stretto, lungo e imponente nonostante sia quel che rimane di una poderosa parete del cassero. E poi, lasciatoci l’alto muro a destra e alcune abitazioni a sinistra, accediamo ad una deliziosa piazzetta con cisterna al centro, contornata da palazzotti in pietra e laterizio la cui struttura è ad arco. A sinistra un alto muro, proseguimento del primo, ci induce a guardare in alto dove si staglia intervallato da ampie finestre a tutto sesto.

Cennina, interno del castello, sala per le riunioni, i convegni e i concerti

È qui che incontriamo il signor Osvaldo che gentilmente ci accompagna in quell’ala del castello “salvata” per sua iniziativa e dove da anni ormai organizza concerti, mostre e seminari per far rivivere Cennina e finanziarne il restauro attraverso un’attività di design e ceramica: grazie al suo impegno e a quello di persone interessate a collaborare; dal 1967 esiste il progetto “Cennina da salvare” e il Centro Internazionale Culturale di Cennina e ci racconta e ci spiega il signor Osvaldo e si sente nelle sue parole tutto l’impegno, lo studio e la passione che hanno accompagnato e accompagnano l’impresa.

Datata XII secolo, la rocca sorgeva su una precedente fortificazione, forse una torre difensiva a controllo della viabilità, conobbe l’alternarsi di diversi signori: i Brandaglia, gli Ubertini, i Guidi, i Tarlati. Era circondata da un’ alta cinta muraria che in alcuni punti toccava i quindici metri, più ampia e con ridotte aperture nella parte più esposta agli attacchi nemici. Nel 1336 passò sotto la protezione di Firenze quando fu trasformata in residenza signorile.

Porta d’ingresso al castello, una vera e propria “trappola”
Cennina, l’alto muro del cassero

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