Chi conosce la Ginestrata?
Pochi in Toscana la rammentano o ne fanno uso. Un tempo, nelle colline del Chianti senese, era molto diffusa, oggi molto meno, forse perché ricca di ingredienti troppo ricostituenti.
Ma vediamo un po’ più da vicino di cosa si tratta e le sue lontane origini.
E cominciamo subito dal nome che si lega per il suo colore al giallo dei fiori di ginestra, ma era conosciuta anche come Cinestrata.
Le prime apparizioni si perdono nel Mediterraneo: è presente in un ricettario catalano già dal Trecento e, un secolo dopo, compare nei libri di Messisbugo. Oggi la troviamo nei testi di cucina di eminenti enogastronomi come Giovanni Righi Parenti nel suo La cucina toscana e ne Il grande libro della vera cucina toscana di Paolo Petroni; il primo la definisce un’antica pozione, tonificante e afrodisiaca, originaria della zona del Chianti ma diffusa anche in Val di Chiana e nel Valdarno, il secondo scrive che “È una minestra ormai dimenticata, oggi non è più attuale l’accostamento del dolce con il salato, ma per il resto è un piatto consigliabile”.
La presenza di varie spezie la fa ritenere di origine rinascimentale e prescritta, per la presenza di uova e vino e zucchero e brodo di gallina, come “sana malato” per rimettersi da convalescenze o fatiche logoranti, anche d’amore. Pare proprio infatti che venisse offerta ai novelli sposi dopo le prime notti di nozze.
Viene associata in alcuni ricettari allo Zabaglione, “e si potrebbe vedere quest’ultimo come evoluzione della prima, per la presenza, insieme alle uova, allo zucchero, alle spezie, del vino, elemento tipico del citato “Zabaglon” del Codice Bühler 19, ricettario anonimo sul finire del Quattrocento di area napoletana, mancante, però, nella ginestrata”. Così scrive Maria Attilia Fabbri Dall’oglio in “Civiltà della tavola”.
Da sottolineare un’altra particolarità nella definizione di questo piatto: alcuni la chiamano zuppa, altri minestra, altri ancora crema, e altri ancora bevanda, tanto da servirla in tazza.
Quando le origini si perdono nel tempo lontano sono varie poi le commistioni che possono verificarsi.
E veniamo alla ricetta che Paolo Petroni ci riporta:
4 PERSONE
brodo di gallina sgrassato: 4 tazze,
4 rossi d’uovo
1 bicchierino di vinsanto secco
cannella in polvere
burro: g 50
noce moscata
zucchero a velo
sale
In una casseruola mescolate i rossi d’uovo con il vinsanto, quindi aggiungete il brodo freddo e un pizzico di cannella. Su fuoco bassissimo incorporate il burro a piccoli pezzi e il sale, sempre rimestando. Appena il rosso d’uovo prende corpo togliete dal fuoco e versate il tutto in tazze da tè precedentemente riscaldate. Servite spolverando con un pizzico di noce moscata, mescolata a poco zucchero a velo.
Se siete afflitti da fatiche d’amore non vi resta che tornare in forze con una bella ginestrata!
Se poi l’idea di una crema salata e speziata vi incuriosisce, beh, buona ginestrata a tutti…
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