di Giovanni Caselli

Da Bologna a Firenze nel XVI secolo:

Quando il Signore di Montaigne venne in Itala, descrisse acutamente l’aspetto del paesaggio e delle opere dell’uomo nel suo famoso “Viaggio in Italia”. Le sue osservazioni si aggiungono a numerose altre coeve e posteriori che lamentano lo stato delle strade transappenniniche e lo sconforto che dovevano affrontare i viaggiatori di allora in questa parte d’Italia, da sempre vero baluardo fra nord e sud Europa.

…”verso Firenze. Subito ci trovammo su un’aspra strada in paese montuoso; e venimmo a dormire a Loiano, sedici miglia, un villaggetto assai scomodo. Non ha che due locande, famose fra tutte quelle d’Italia per il tranello teso ai viaggiatori, consistente nel pascerli di belle promesse d’ogni comodità, prima che mettano piede a terra, e nel burlarsene poi quando li hanno fra le grinfie; corrono anche dei proverbi in proposito.

Ripartimmo il mattino dopo di buon’ora, e proseguimmo fino a sera per una strada che, in verità, è la prima del nostro viaggio che meriti la qualifica di scomoda e selvaggia, in mezzo a monti più aspri di quanti ne avessimo incontrati.

Venimmo a dormire a Scarperia, ventiquattro miglia, cittadina della Toscana dove si fa grande smercio di astucci, forbici e simile mercanzia. “… 

(Michel de Montaigne “Viaggio in Italia”, da Venezia a Firenze.

Trad.  a. Cento, Bari Laterza 1972)

 

A sud dell’Arno l’itinerario da me interamente esplorato nel 1982 e che io chiamo “Via Tirrenica”, segue rigorosamente il crinale dei monti del Chianti e quindi del Monte Cetona sino al Ponte Gregoriano sul fiume Paglia. Da qui a Roma la via Cassia ricalca l’itinerario romano  a sua volta basato sullo spartiacque.

ADDENDUM (settembre 2020)

Di recente si sta materializzando l’ipotesi che la civiltà dell’ultimo Bronzo, poi evolutasi localmente come Civiltà Villanoviana dal complesso culturale del “Campi di Urne” centro europeo. Dal quale derivano anche i Celti e i parlanti la lingua etrusca. Sviluppò una tecnologia che condusse allo sviluppo delle vie d’acqua. Traversando l’Appennino queste genti bonificarono la pianura Fiorentina che comprende Firenze e Pistoia facendone un “padania minore”. Questi resero navigabile l’Arno da Pisa Firenze, quindi proseguendo questa navigabilità sino a Figline e a Vicchio di Mugello, poi fino alla Val di Chiana e col Tevere sino a Roma. Ed è abbastanza ovvio, a mio parere, che senza una rete di vie d’acqua l’Etruria interna e le sue fiorenti città non avrebbero sviluppato alcuna civiltà urbana. Se Arezzo divenne famosa per la lavorazione de l ferro, senza avere alcuna risorsa del minerale, fu a causa delle vie d’acqua e dei torrenti del Casentino, come suggerisce la tradizione, che raramente sbaglia. Non deve stupire se Arezzo aveva un porto in prossimità dell’Arno, oggi ne resta solo il toponimo. Torno a ripetere che grazie a una recuperata facoltà di comprendere lo spazio antropico si riesce a capire la storia e a svelarne i suoi più reconditi segreti.

 

Per saperne di più:

AAVV, “La Via degli Dei” da Bologna a Firenze a piedi per antichi sentieri. A cura del gruppo escursionisti e buongustai bolognesi “Du pas e ‘na gran magnè”. Tamari Montagna Edizioni, 1997.

Calindri, S. “Dizionario Corografico ecc. dell’Italia, Montagna e Collina del Terriotorio Bolognese” I, Bologna, 1783.

“Commissioni di Rinaldo Degli Albizi per il Comune di Firenze, ecc.” Firenze, 1867-1873, II, p. 65.

Caniggia, G. “Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica” (voci dal), Roma 1968, in “Strutture dello stazio antropico”, S.A. Uniedit, Firenze, 1976, pp. 209-210.

Sterpos, D. “Bologna-Firenze: comunicazioni stradali attraverso i tempi”, Società Autostrade, Roma, 1961.

Palmieri, A. “La Montagna Bolognese nel Medioevo”, Bologna, 1929

AAVV, “Monzuno”, Alfa, Bologna, 1974.

Caselli, G. “La direttrice naturale Bologna Firenze (dorsale Setta-Savena) sul terreno e nella tradizione”.  In Atti del Convegno “La viabilità tra Bologna e Firenze nel tempo” Costa Editore, 1989.