Stele Peruzzi o Stele dell’Antella

di Michele Zazzi

Proveniente da Varlungo – Firenze (e non da Antella come si è pensato inizialmente) fu venduta nel 1893 dalla famiglia Peruzzi al Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Il segnacolo funebre, in pietra arenaria grigia, è alto cm 159, largo cm 33,2-36 ed ha uno spessore di cm 8,5. La stele ha forma trapezoidale rastremata verso l’alto, è coronata da una palmetta a sette foglie e presenta decorazione su due riquadri.
Nel riquadro superiore vi è una tipica scena di simposio con due figure maschili semisdraiate su una kline ed un coppiere. Lo schiavo è coperto nella parte inferiore da un tavolo a tre gambe sul quale sono poste due situle. La rappresentazione del simposio si ritrova frequentemente nelle stele fiesolane (cfr. ad es. Stele di Travignoli, Stele di Sansepolcro, Stele di Via Corsica).

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Il geografo Strabone e la Tirrenia degli Etruschi

di Giovanni Caselli

Il geografo Strabone

Siamo in mezzo alla terra d’Etruria dalle numerose e nobili città. Sarebbe impossibile menzionarle tutte e descrivere le loro ricchezze. Strabone, pragmaticamente descrive l’Etruria con dovizia di particolari. Ma chi erano gli Etruschi? Da dove venovano? prima di iniziare il viaggio lungo la Via Cassia, da Roma a Chiusi, Arezzo, Fiesole e Lucca, sentiamo il parere di un ‘autorità dell’epoca, visto che gli studiosi moderni non si trovano ancora daccordo.

Così la descrive il geografo greco Strabone vissuto nel I° secolo a.C nella sua monumentale opera, la Geografia.

Chiamiamo Seconda Porzione quella Ligustica (Liguria) situata negli Appennini stessi, fra quella Celtica che ho appena descritto e la Tyrrhenia. Non ha nulla che valga la pena descrivere dettagliatamente, eccetto dire che la gente vive principalmente in villaggi, arando o zappando terreni aspri, o piuttosto, come dice Poseidonius, cavando pietre. … continua a leggere      La Tirrenia e gli Etruschi secondo Strabone

Gli auguri etruschi e l’interpretazione del volo degli uccelli

di Michele Zazzi

Lituo da Caere

La pratica divinatoria basata sull’osservazione del volo degli uccelli (auspicium), effettuata da sacerdoti detti auguri, fu molto diffusa tra i Romani e, più in generale, tra gli Italici.
L’auspicium faceva parte anche della Disciplina etrusca ed era probabilmente inserita in quella branca che si occupava dei prodigi (Ostenta). Nonostante la mancanza dei testi originari etruschi abbiamo varie testimonianze in merito degli autori classici.
Dionigi di Alicarnasso cita specificatamente una Tirrenike oinoscopia.
Gli autori antichi evidenziano la perizia degli auguri etruschi (Strabone, XVI, 2, 39; Ovidio, Fast., II, 443-444; Porfirio, De abst., III, 4; Claudiano De IV cons. Hon., 145).
Viene precisato che Atto Navio, grande augure sabino, era stato addestrato dal più esperto degli auguri etruschi ((Dionigi di Alicarnasso, III, 70, 15). …

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Le piangenti nel rito funerario etrusco

di Michele Zazzi

Cinerario Paolozzi (Tumulo di François di Camucia)

La presenza di donne che si lamentano e piangono durante le cerimonie funebri, al fine di enfatizzare il dolore della famiglia e la rilevanza sociale del defunto, è documentata fin dall’antichità in Grecia, in Egitto, in Siria e Mesopotamia.
Talvolta le piangenti facevano parte della famiglia del defunto ma in altri casi si trattava di vere e proprie professioniste (prefiche) che venivano pagate per la loro partecipazione al funerale. Anche nell’iconografia funeraria etrusca si trovano frequentemente raffigurate donne nell’atteggiamento di compianto funebre (mani sul petto, sul volto, sulla testa, etc…). 
Le lamentatrici, in particolare, sono rappresentate nei monumenti funebri etruschi (pitture tombali, statue, rilievi su casse di urne e sarcofagi, etc…)  dal periodo orientalizzante fino alla fase ellenistica.

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Il mito etrusco dell’agguato dei fratelli Vibenna all’indovino Cacu

di Michele Zazzi

Specchio di Bolsena

Su alcuni monumenti etruschi del periodo ellenistico è rappresentato un mito etrusco di difficile interpretazione che riguarda l’indovino Cacu (divinità profetica) ed i fratelli Vibenna (noti per le loro connessioni con Macstarna/Servio Tullio di cui alle raffigurazioni della Tomba François di Vulci della seconda metà del IV scolo a.C.).
La scena, seppur con qualche variante in termini di complessità, è raffigurata su uno specchio in bronzo da Bolsena, del IV-III secolo a.C., conservato presso il British Museum e su almeno quattro urnette cinerarie chiusine, databili al II secolo a.C., provenienti in particolare dalla Tomba della Pellegrina, dal territorio chiusino, da Sarteano e da Città della Pieve (tali monumenti funerai sono conservati presso i Musei Archeologici di Chiusi, Siena e Firenze).

I nomi dei protagonisti si ricavano dalle didascalie incise sulla circonferenza dello specchio di Bolsena vicino alle figure raffigurate al suo interno. 

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Il mito etrusco del lupo che esce dal pozzo nelle urne ellenistiche dell’Etruria settentrionale

di Michele Zazzi

Sulla cassa di alcune urnette funerarie di produzione volterrana e perugina (ad oggi conosciamo otto esemplari) viene rappresentata la scena di una belva non ben definita, forse un lupo, che tenta di uscire da un pozzo (puteale).L’animale è stato identificato con un lupo o un animale fantastico: a volte sembra effettivamente un lupo, in altre pare un essere ibrido con corpo di uomo o di cavallo e con fattezze di lupo (zampe, testa). Si è anche pensato che possa trattarsi di mostri diversi.
Il lupo che emerge dal sottosuolo viene fronteggiato da un gruppo di uomini; la scena nelle urne della specie presenta qualche variante.

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Gli Etruschi e la caccia al suono del flauto

di Alessandro Ferrini

Claudio Eliano, scrittore romano in ligua greca vissuto nel II° secolo d.C. nel suo trattato Sulla natura degli animali, scriveva che in Etruria la caccia si praticava a suon di musica:

In Etruria circola la credenza che i cinghiali e i cervi della regione venissero catturati con le reti coi cani, cioè secondo le normali regole della caccia , ma che fosse musica insieme a quelle a costituire il fattore più importante del successo. Ora spiegherò in che modo: I cacciatori sistemano intorno le reti e tutti gli altri accorgimenti che attirano gli animali. Uno di loro, suonatore di flauto si aggira nella zona e cerca di trarre dal suo strumento i suoni più armoniosi e intona i più dolci motivi musicali evitando il più possibile le note stridenti. […]. La quiete e la solitudine favoriscono la trasmissione di quei canti e la loro melodia irrompe nelle vallate e nei boschi, cioè, per dirla in breve, nelle tane e nei covili di quelle bestie selvatiche. Dapprima quei suoni colpendo le loro orecchie li atterriscono e li riempiono di paura, ma poi, avvinti da un incontenibile e irresistibile piacere e così affascinati, dimenticano i figli e le loro dimore, sebbene gli animali selvatici non siano soliti vagare lontano dai luoghi nativi. E così, a poco a poco, i cinghiali e i cervi dell’Ecruria, come trascinati da un dolce incantesimo, soggiogati dalla musica, finiscono per cadere nelle reti.

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Il Pantheon degli Etruschi

Le divinità etrusche

Livio definiva il popolo di Veio di gran lunga il più religioso  eo magis dedita religionibus, quod excelleret arte colendi eas (Ab Urbe condita, V, 1). Gli Etruschi furono sicuramente tra i popoli italici i primi a costruire un’immagine antropomorfa degli dei, probabilmente influenzati dai contatti con il mondo greco.

Il loro Pantheon era presente nel cielo, nel mare, nella terra e sottoterra come risulta nel fegato di Piacenza, dove sono iscritte le divinità entro sedici caselle; gli Etruschi suddividevano il cielo in sedici regioni dentro le quali abitavano gruppi di divinità.   … continua a leggere    Il Pantheon degli Etruschi

 

Porta bifora di Cortona

di Michele Zazzi

Porta bifora di Cortona

La Porta Bifora (o Ghibellina o Bacarelli) a doppio fornice è l’unica delle porte monumentali della cinta etrusca di Cortona che si è conservata. Si ipotizza che Cortona etrusca avesse sette porte.
Gli scavi (1986 – 1990) hanno consentito di verificare relativamente al periodo etrusco – romano due fasi costruttive della porta.
Nella prima fase risalente al IV – III secolo a.C. fu realizzata una porta ad unico fornice con connessa strada selciata.
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La casa degli Etruschi

Evoluzione dell’impianto abitativo etrusco

elementi architettonici decorativi del tetto della villa di Murlo (Museo di Murlo)

Durante il periodo più antico (fine del IX secolo – prima metà dell’VIII secolo a.C.) la casa etrusca aveva una forma circolare o ellittica, a un solo piano con pareti in argilla e graticcio di canne e copertura in strame con tetto a spiovente sostenuto da pali di legno. Tale aspetto si è mantenuto nella forma delle capanne in uso ancora pochi decenni fa in certe zone rurali della Toscana. L’interno era costituito da un solo ambiente con un’apertura di ingresso e sfiatatoi per il fumo, il pavimento era costituito da un sottile strato di ghiaia.

Gli scavi hanno messo in luce resti di abitazioni di questo tipo a Luni, San Giovenale, Veio e Tarquinia. Le urne cinerarie a capanna riproducono simbolicamente tali forme. … continua a leggere  La casa degli Etruschi