Il reperto
Di Giovanni Caselli

Che a culti pagani si siano sovrapposti nel corso dei secoli culti cristiani è un fatto consolidato per quanto concerne molti luoghi sacri delle nostre campagne, trovarne l’evidenza tangibile è tuttavia sempre una sorpresa; quando poi emergono prove che residui del culto pagano palesemente perdurano evolvendosi a fianco del culto cristiano fino ai nostri giorni, la cosa diventa davvero interessante e degna di esame. Il “Sasso del Regio” scoperto di recente a Stia, in Casentino, rappresenta qualcosa che va ben oltre tutto ciò e ben oltre ogni possibilità di piena comprensione. Vi sono in Casentino, quattro santuari dedicati alla Madonna sui siti di altrettante teofanie manifestatesi fra il XIV e il XV secolo ed è chiaro che questi “interventi della Madonna” abbiano avuto luogo al fine di por termine ad un persistente culto popolare pagano.
In una località presso il Santuario della Madonna delle Grazie, nel Comune di Stia in provincia di Arezzo, sul pendio sud occidentale del Monte Falterona, abbiamo riscontrato, su segnalazione del proprietario del terreno, l’esistenza di un manufatto consistente in elaborate figurazioni incise su una superficie verticale di pietra arenaria. La parete, perfettamente orientata verso ovest, appartiene ad un masso erratico spaccato da un grosso rovere cresciuto da inseminazione spontanea in un suo anfratto, non meno 50 anno or sono.
La complessa raffigurazione, di circa 130 cm di altezza, è dominata da ciò che sembra a prima vista un “albero della vita” fruttifero che si ramifica dai due fianchi di una collinetta sul culmine della quale si erge un fallo. Dal basso verso l’alto, si trova, in continuità col fallo, una vulva e sopra di essa una nicchia a doppia profondità con base orizzontale e volta a tutto tondo. I rami fruttiferi dell’albero, cinque su ogni lato, terminano al di sopra della nicchia. Sul lato sinistro di chi guarda, in basso sulla stessa parete rocciosa, si trova la figura stilizzata di un orante. La raffigurazione fin qui descritta pare appartenere ad un’unica epoca ed essere eseguita dalla stessa mano.

In alto, separata, ma facente parte di questa composizione, si trova, al centro della superficie in oggetto, una testa circolare rudimentale mostruosa, avente occhi e naso incavati e bocca con espressione triste. Dalla testa si leva una croce, forse incisa in epoca posteriore. Sui due lati della testa sono incise due figure antropomorfe, a destra una figura elementare, con testa, torso e gambe e sinistra la stessa con pancia prominente. Potrebbe trattarsi di una figura femminile rappresentata prima e dopo la fecondazione. Sul culmine del sasso, in corrispondenza con la croce, si trova una cavità naturale poi aggiustata a formare un piccolo bacino della capacità di circa 200 cl. Nel terreno circostante si nota la presenza, sia pure sporadica, di frammenti di laterizi romani e di recipienti di terracotta rossa.

La roccia è situata sul dorso di un contrafforte della collina sovrastante circa 70m l’ex casa colonica del podere Docciolina, che si trova a qualche centinaio di metri a sud del Santuario della Madonna delle Grazie per chi proviene da Stia. La strada che da Stia raggiunge il santuario transitava un tempo di fronte alla stessa casa colonica, mentre oggi transita alcune decine metri più in basso. L’antica strada, oggi non più percorribile nel tratto fra la casa e il santuario, risale forse al XV-XVI secolo, epoca in cui fu edificato lo stesso santuario. La data di costruzione del muro a retta che sostiene la strada stessa e del muro di terrazzamento che sostiene il terreno al di sopra di essa, è abbastanza facilmente arguibile. Lungo la strada, ad intervalli regolari, si trovavano dei “monti domini”, oggi rimossi e giacenti qua e là, che un tempo portavano croci di legno.
Al piano terra della casa, al livello della strada, si trovano due stanze oggi adibite ad uso di cantina e magazzino, entro quella di destra, sulla parete dalla parte del pendio collinare, vi è una profonda nicchia, dalla quale sgorga dell’acqua che forma una concrezione calcarea biancastra. Osservando il piano terra delle suddette stanze si nota che in origine la nicchia con la sorgente si trovava al centro di un ambiente dal pavimento ben lastricato, oggi diviso fra i due vani, contenente al centro una vasca quadrangolare nella quale probabilmente si riversava, mediante un canale ben visibile, l’acqua della fonte.
Il proprietario riferisce che alcuni anziani, ex contadini del circondario, asseriscono che la roccia col manufatto era un tempo nota col nome di “Sasso del Règio” e che rappresenta “un santo eremita” o “un frate”, mentre la fonte all’interno della casa era ritenuta miracolosa essendo “frequentata soprattutto da donne” sino ad epoca recente “che con l’acqua si medicavano gli occhi”. Il luogo era anche meta di una processione religiosa, che aveva luogo durante le “erogazioni”, proveniente dal vicino Santuario della Madonna delle Grazie.
La tipologia di questo manufatto, se pure unico nel suo genere, lo farebbe ascrivere ad un contesto non cristiano e lo identificherebbe come “apparato liturgico” per officiare un rito legato al culto della fecondità. È altresì possibile che la frequentazione ed il culto si siano protratti fino all’era moderna e che perciò il manufatto si è conservato. Vi sono chiari indizi che testimoniano il protrarsi della frequentazione del Sasso fino a circa trenta anni fa da parte delle popolazione locale, che in certe occasioni qui si riuniva per officiare delle “messe nere”, come riferiscono oggi diversi testimoni oculari.

Non esistono, a nostro parere e neanche a parere di vari esperti di arte rupestre convocati sul posto, raffigurazioni analoghe a quella del “Sasso del Regio” altrove. Tuttavia, sempre in Toscana, si trova a Massa Marittima l’affresco delle “Fonti dell’Abbondanza”.
È questa un’opera pittorica “colta”, cioè non ascrivibile all’arte popolare, risalente al XIII secolo ma che esplicitamente fa riferimento agli stessi elementi simbolici per alludere al concetto di fertilità: albero fruttifero, acqua, attributi sessuali.

Il contesto archeologico del Sasso del Regio è ricco e complesso e dà quindi adito a varie e anche contrastanti interpretazioni. Sul fianco sud occidentale del Monte Falterona (1658m), ossia sul costone che precipita verso l’Arno a sud e ad ovest del Poggio Castellare (977m), si trovano numerose rovine di abitazioni di epoca tardo romana e barbarica, sottoposte ad indagine archeologica ormai da un decennio. Gli scavi di 5-6 delle numerosissime abitazioni, hanno rivelato edifici monolocali con fondazioni di pietrame, elevati in terra battuta e copertura a tegole ed embrici ad incastro. Le case erano con tutta probabilità abitate da pastori che coltivavano anche qualche varietà di cereali. A fianco di ognuna delle costruzioni, disposte caoticamente e distanti una decina di metri l’una dall’altra, vi era una capanna di frasche e legname.
I reperti mobili rinvenuti dagli archeologi consistono in ceramiche di impasto, ‘dolia’ ed anfore, attrezzi agricoli analoghi a quelli ancora in uso alcuni anni or sono nella stessa zona e monete datate dal III secolo d.C. inoltrato al VI. La toponomastica della zona conserva un idronimo greco nel torrente adiacente al monumento (fosso della Basèlica) e un toponimo derivante dalla stessa radice (Basèrca) si trova poco oltre, nella valle del torrente Staggia. (G.A.C. (ed) –1990)

Sulla sommità del Poggio Castellare, una prominenza del costone del Falterona che scende sino al castello guidigno di Porciano, vi sono tracce di costruzioni non ancora indagate al momento della stesura di questo articolo. Il monumento in questione ed il suo contesto geografico, attendono un accurata indagine archeologica. Nel frattempo un sollecito intervento conservativo e di tutela si rende assolutamente indispensabile soprattutto per frenare il rapido degrado già in atto.
(Questo articolo e gli altri che seguono fanno parte di un unico corpus e sono stati pubblicati nella rivista dell’Università di Firenze, “Memorie Valdarnesi” 2006)
Gli altri articoli: (di prossima pubblicazione)
Paganesimo, magia, superstizione
Modalità dell’affermazione del Cristianesimo
L’albero, il sasso, la fonte, l’eremita e il monaco
La Kabbalah Ermetica e il mistero svelato…almeno in parte
Per altri articoli dello stesso autore vai a: Liguri ed Etruschi