Cardo selvatico

C’è un ortaggio molto apprezzato in Toscana tanto da essere ingrediente esclusivo di alcuni piatti e del passato come del periodo più recente.

Arcimboldo, Estate

La sua origine non è però legata alla Toscana, i suoi natali si perdono molto più a sud, in terra d’Africa, è infatti originario dell’Etiopia. Pare si debba a Filippo Strozzi l’introduzione e la coltivazione in terra di Toscana dalla Campania, era il lontano 1466, e che da allora si sia procacciato un posto speciale su tutta le tavole a nord dello stivale e ancora oltre smentendo che il suo approdo in Francia, più precisamente in terra di Provenza e nella Vaucluse nel XVI secolo, fosse stata opera della nostra Caterina de’ Medici, esportatrice in terra di Francia di molti piatti e usanze e molto ghiotta di questo particolare ortaggio, considerato al nord molto pregiato al punto che Arcimboldo, nella raffigurazione dell’Estate, lo appunta alla giacca del suo protagonista quasi una gemma preziosa o comunque un monile.

Per svelarlo mi servirò dei nomi che ha acquisito strada facendo insediandosi in varie località mediterranee, perché si sa, il mare nostrum ha sempre funzionato come via maestra tra l’oriente e l’occidente mescolando nelle terre che circonda odori, sapori, storie e popolazioni con i loro usi costumi e pietanze.

Ma torniamo ai nomi propri che ne ricostruiscono la storia e il percorso per arrivare fino a noi: in Sicilia dove forse era arrivato dall’Andalusia si chiama cacocciula, in napoletano carcioffola, presumibilmente dallo spagnolo alcachofa, in francese artichaut e in inglese artichoke dal lombardo articiocco, tutti termini nati dall’originario in arabo kharshuf. Ebbene sì, è proprio agli arabi che dobbiamo la coltivazione e la diffusione del carciofo, come viene chiamo in Toscana e in italiano nell’Italia tutta.

Ma vediamo più da vicino la sua storia: tutto pare sia iniziato dal “capolino” ovvero il cardo selvatico (cynara cardunculus), dalle cui infiorescenze (i capolini ovvero la parte commestibile) si ricavava il “cuore”. Furono proprio i tunisini e gli andalusi a distinguere tra cardo e carciofo (cynara cardunculus scolymus) grazie alle nuove tecniche di coltivazione adottate nelle zone a dominazione araba. Furono sempre gli arabi tra il IX e l’XI secolo a selezionare in Sicilia, durante la loro dominazione sull’isola, la varietà dal cardo selvatico diffusa in tutto il Mediterraneo.

Una curiosità: il nome Cynar, l’aperitivo a base di carciofo, creato nel lontano creato nel 1948, prende il suo nome dal termine cynara e che, a quelli più “grandicelli”, ricorderà sicuramente lo spot, allora Carosello, con Ernesto Calindri… che, contro il logorio della vita moderna, gustava il suo aperitivo in mezzo, proprio nel mezzo, del traffico cittadino… comodamente accomodato con accanto un tavolino!

carciofo violetto toscano

Due le varietà principali diffuse in Toscana: “violetti” , il carciofo del litorale livornese, e del Pian di Rocca, lungo quello della bella Maremma, in provincia di Grosseto, e le “mamme” empolesi.

Carciofo empolese

E per non smenrtimi, ecco di seguito una ricetta dell’antica cucina toscana ripresa dal Petroni* senza dimenticare un altro piatto della tradizione ovvero la garmugia lucchese che trovate sulle pagine di tuttatoscana.net:

CARPACCIO O SEGATO DI CARCIOFI 4 PERSONE

6 carciofi violetti di Toscana,

1 limone,

pecorino toscano stagionato: g 200

olio d’oliva

sale e pepe

Private i carciofi delle punte e delle foglie più dure, lasciando un po’ di gambo; tagliateli a metà, liberateli dal “fieno” centrale e metteteli a bagno in acqua acidulata con il succo di limone. Tagliate a fettine o a scaglie il pecorino. Preparate una salsa emulsionando olio, succo di limone, sale e pepe (potete sostituire il succo di limone con aceto balsamico). Tagliate i carciofi a fettine sottili, mettetele su un piatto e cospargetele con le scaglie di pecorino, infine unite la salsina che avete preparato e servite.


*Paolo Petroni Il grande libro della vera cucina toscana. Giunti.

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