Un dolce antichissimo la cui origine si lega a Firenze e al Giovedì Santo.

I suoi ingredienti lo qualificano come dolce povero, ma carico di un linguaggio primitivo e simbolico: farina di grano, olio, rosmarino, uva secca o zibibbo. Per questo ben si sposa con le celebrazioni pasquali che conservano, trasmutati nel Cristianesimo, elementi emblematici pagani legati all’alimentazione delle genti del lontano passato, Egiziani, Greci, Romani.

Il pane insieme all’olio e al vino hanno assunto nel tempo forti valenze rituali tanto da rappresentare ancora oggi segno e simbolo di alcune celebrazioni: in Toscana, ad esempio, “il pane co’ santi” per la festa di Ognissanti, la panina gialla o di Pasqua di Arezzo e il nostro protagonista, il Pandiramerino, il cui nominativo ha una lunga storia tutta da conoscere.

Ramerino, si sa, in Toscana si chiama il rosmarino, un arbusto sempre verde che fa parte della cosiddetta macchia mediterranea, diffusissimo e utilizzato in molte ricette. Molti legano l’etimologia del termine al latino da ros maris oppure da rosa maris o ancora da rhus maris e cioè rugiada del mare o rosa del mare o arbusto del mare; il suo nome è comunque legato sempre al mare come i suoi fiori che ne ricordano il colore. A questo proposito una leggenda racconta che durante la fuga in Egitto della Madonna con il Bambino, la vergine Maria avesse steso le fasce del bimbo ad asciugare su un cespuglio di rosmarino che da quel giorno fiorì a partire dalla settimana di Passione con i fiori color del cielo.

Altre versioni riferiscono il miracolo legato invece al colore del mantello che la Madonna aveva appoggiato sulla pianta. Una pianta a cui da sempre sono state attribuite virtù magiche o apotropaiche: presso gli Egizi era simbolo d’immortalità, i Romani ne facevano corone per i Lari, gli dei tutelari della famiglia e della casa, con valore apotropaico come durante il Medioevo. In Toscana il Pandiramerino ha caratterizzato la settimana santa: gli ambulanti lo vendevano davanti alle chiese, benedetto, buono per fare la vigilia, per la povertà degli ingredienti, per la sua forma rotonda e per quei segni di croce che, sebbene legati alla lievitazione, lo rendeva anche sacro. E al grido “coll’olio” del semellaio, il venditore delle semelle, i pani di farine bianche, tutti accorrevano a gustare il panino morbido e fragrante di olio e rosmarino.

E ora non ci resta che fornir la ricetta di questo pane che può con semplicità essere realizzato in casa e gustato anche fuori d’ogni vigilia.

PANDIRAMERINO*

6 PERSONE   pasta di pane lievitata: g 600 zibibbo: g 150 rosmarino 4 cucchiai di zucchero olio d’oliva sale

In un tegamino scaldate 6 cucchiai d’olio con delle foglioline di rosmarino, appena l’olio si sarà insaporito, senza friggere, eliminate le foglioline di rosmarino e fate freddare. Lavorate la pasta di pane con l’olio al rosmarino, lo zibibbo, un cucchiaio di foglioline di rosmarino fresco tritate grossolanamente, lo zucchero e un pizzico di sale. Dividete l’impasto in 6 pagnottelle e mettetele sulla placca del forno infarinata o con della carta da forno. Schiacciatele con il palmo della mano e incidete la superficie con 2 tagli verticali e 2 tagli orizzontali (tipo graticola) e fate riposare per circa 2 ore, in un luogo tiepido. Spennellate la superficie con dell’olio e fate cuocere in forno caldo (200°C) per circa mezz’ora.

*Petroni, Paolo. Il grande libro della vera cucina toscana

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