di Salvina Pizzuoli

La storia di questo piccolo borgo murato ha dell’incredibile. È legata alle convinzioni e alla tenacia appassionata di uno studioso ottocentesco, Isidoro Falchi che, grazie alle sue incrollabili certezze, permise a questo agglomerato urbano, posto su un colle a pochi chilometri da Grosseto e da Castiglione della Pescaia, di riappropriarsi del suo nome e del suo passato.
Dal 1204 il nome Vetulonia scompare dai documenti, sostituito da quello di Colonnata e solo nel 1887, come attesta una targa marmorea che riporta l’atto con cui Umberto I restituiva a Colonnata detta poi Colonna di Buriano il suo antico toponimo, se ne riappropria.

Una storia antichissima che ha inizio in tempi remoti quando la piana grossetana la cui vista oggi si gode dalla parte alta del borgo, era occupata dalle acque di un lago costiero, il lago Prile o Aprilis o Prelius, che si era formato ad opera dei depositi del fiume Bruna e Ombrone chiudendo l’imboccatura della baia interrandola e trasformando quel golfo in un lago. Un grande invaso, una laguna, collegata al mare, che nel tempo si sarebbe trasformato in padule, per poi essere quasi completamente prosciugato, sulle cui rive a sud ovest sorgeva l’antica Roselle.
Un piccolo mondo di città etrusche collegate tra loro da una rete fluviale e dal mare: Populonia sulla costa, Saturnia e Marsiliana risalendo l’Ombrone, e Roselle risalendo la valle della Bruna.
Una geografia quindi completamente diversa che fa dell’antica Vetulonia, Vetluna o Vatluna o Vetalu, una fiorente città di mare, come attestano molti simboli presenti nelle sue monete, anzi la più antica, fiorente e ricca dell’Etruria occidentale. Una floridezza legata ai commerci marittimi anche con lontani paesi mediterranei, allo sfruttamento, alla lavorazione e al controllo dei metalli dalle Colline Metallifere fino al lago dell’Accesa e dall’Elba. La sua vasta necropoli e i tesori in essa ritrovati ne attestano l’opulenza e le attività artigianali, soprattutto l’oreficeria. In nessuna delle città dell’Etruria settentrionale sono stati rinvenuti tali e tanti pezzi di fattura così raffinata, sicuramente frutto di una scuola di orafi orientali. L’apice della sua fioritura avvenne massimamente tra l’VIII e il VI secolo a.C. Seguì un’involuzione che la vide rifiorire solo nel III secolo a.C., in epoca romana, quando riprese ad essere un centro importante, la cui potenza e splendore del mondo etrusco s’intrecciavano con quelli romani. Gli scavi operati da Falchi evidenziano chiari segni di un disastroso incendio, non accidentale, ma voluto: la città fu incendiata probabilmente durante le lotte tra Mario e Silla, quando quest’ultimo, risultato vincitore, si vendicò di quelle città che avevano scelto di essere fedeli al suo avversario. Ma la città tornò a nuova vita seguendo Roma nel suo destino: fino al VI secolo dopo Cristo la sua collina era abitata, spegnendosi lentamente e conoscendo l’oblio totale con la caduta dell’Impero romano d’occidente.
Oggi, grazie agli scavi lungo il crinale della collina, le antiche vestigia sono state riportate alla luce, non solo quelli legati a Falchi ma anche successive nel tempo. Tra le tombe esplorate da Falchi nel secolo scorso sono il Tumulo della Pietrera e del Diavolino, appartenenti al periodo orientalizzante (VIII-VII secolo a.C.) e situate lungo la via detta dei Sepolcri. Per chi vuole viaggiare informato, può servirsi anche di un’app gratuita (https://izi.travel/it/italia/guide-di-citta-in-toscana-vetulonia ) che “racconta” le caratteristiche principali dei siti archeologici di Vetulonia e la loro storia.


Dal vero il visitatore può iniziare la sua visita dalla parte alta di Vetulonia che, oltre al panorama che si stende a perdita d’occhio sulla piana fino al mare, ha ancora tracce delle antiche mura etrusche. È l’antica Arce. Quel che rimane è poca cosa, ma dà al visitatore l’immagine dell’imponente costruzione: blocchi di forma poligonale corrono tra due torri medievali. Secondo gli studiosi è un muro eretto intorno al III secolo a.C., ma potrebbe anche rappresentare la base di un’area sacra.
Non lontano, nella parte bassa del borgo, da non perdere anche il piccolo ma interessante Museo Civico Archeologico dove il visitatore potrà ammirare l’operosità e l’abilità degli artigiani dell’antica Vetulonia. Il Museo è aperto a tutti, grandi e piccini che potranno usufruire del materiale didattico interattivo messo a disposizione; ed è aperto agli ipovedenti con mappe appositamente studiate in base alle loro necessità. Un Museo moderno e ben organizzato anche grazie alla competenza, alla gentilezza e disponibilità del personale.
Le bacheche di questo mondo etrusco contengono reperti datati dall’età più antica, il Villanoviano (IX-VIII secolo avanti Cristo), al periodo etrusco romano.

Del periodo più tardo urne cinerarie a capanna, ma anche splendidi ori, come la fibula del VII secolo a.C. decorata a sbalzo con una fila di animali, o l’armilla, il bracciale a fascia decorata a palmette fenicie e volti femminili.

Sempre al VII secolo appartengono un elmo in bronzo e due schinieri di pregevole fattura. Non mancano i vasi, le coppe e i calici, un cratere proveniente dalla Grecia che racconta episodi della guerra di Troia. E ancora splendidi ori: un orecchino a pendente del IV secolo e uno a bauletto a decori floreali del VI secolo, e splendide collane delle quali una a sbalzo con volti femminili.



Al piano terra terminano le sale del Museo: qui ammiriamo terracotte architettoniche, le antefisse, applicate là dove finisce la trave del tetto a protezione delle parti in legno dagli agenti atmosferici, legate al periodo della Vetulonia romanizzata, come il bassorilievo di Medea ma anche la clava in bronzo di Eracle.
Una visita che merita un viaggio.
Vai a: Galleria foto Vetulonia e il Museo Archeologico
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