
di Salvina Pizzuoli
Visitare un sito archeologico esteso e grandioso come quello di Roselle è come un viaggio dentro la storia, dove documenti tangibili e visibili circondano il visitatore, dove anche il silenzio del luogo parla del passato vivo e vivace che lo animava. E pietre e muri decorati e mura e pavimentazioni e creature secolari con le loro ombre centenarie e scorci e panorami, tutto contribuisce ad ammaliare il viaggiatore che vi trascorre.
La coreografia è completa, l’atmosfera conquista anche oggi nel caldo di questa torrida estate che leva il respiro.
Siamo a pochi chilometri da Grosseto nella bella terra della Maremma toscana, piena di opere prestigiose e dell’uomo e della natura che ancora una volta sanno armonizzarsi al punto da conferire a chi li visita la convinzione di entrare dentro quell’antica storia di cui il paesaggio è protagonista.
Storia e geografia si sa sono due scienze che vanno a braccetto, non si può separarle l’una dall’altra senza rischiare di mutilare e l’una e l’altra.
La presenza del fiume, nel nostro caso l’Ombrone, è un elemento naturale non trascurabile in questo lontano passato quando i corsi d’acqua erano fondanti nella vita degli antichi abitanti non solo per le loro acque ma anche per ciò che il fiume significava come grande via di comunicazione e attività economiche che permetteva di svolgere. Il fiume inoltre in età etrusca riversava le sue acque in quello che era detto il lago Prile, un seno di mare poi colmato dai detriti dei fiumi che vi sfociavano, oggi la grande e fertile piana di Grosseto: due caratteristiche del territorio che fecero della posizione di Roselle una posizione privilegiata e strategica per gli scambi attraverso il lago, divenuto in età etrusca una laguna aperta verso il mar Tirreno e quindi nel Mediterraneo da una parte e attraverso il fiume, presso la cui foce la città sorgeva in età etrusca, verso le regioni dell’interno.

Nel 294 a.C. la città venne conquistata dai Romani e messa a ferro e fuoco, in quel tempo il lago era diventato un bacino chiuso che essi seppero far drenare con la costruzione di canali che si interrarono successivamente con la caduta dell’Impero facendo del Prile un bacino malsano poi bonificato.
I resti archeologici di Roselle sorgono nella valle che separa due alture, in posizione elevata su quella che oggi è la piana di Grosseto ma dalla quale dominava l’antico invaso salmastro del cosiddetto lago Prile e si allargano lungo le due alture che costeggiano la valle.
E entriamo nell’area archeologica su un sentiero che corre parallelo alla strada che ne percorreva il fondo della valle, una strada lastricata, lunga, in salita che conduceva al centro della città e identificata con il decumano, la grande arteria che attraversava le città romane da est ad ovest, costruita su un precedente tracciato etrusco che portava ad una delle porte di accesso che si aprivano sul tracciato delle mura. Molto di quello che oggi possiamo vedere fu costruito sopra edifici etruschi. Dalle foto aeree sono state individuate sette porte di accesso. La zona tra le due colline fu il centro della città e, in età imperiale, si procedette alla edificazione di costruzioni monumentali nel pianoro centrale: appartengono a quel periodo l’anfiteatro, il foro, le terme.

Dove il decumano termina, contrariamente alle disposizioni utilizzate di norma nella costruzione delle strade principali, si innesta il cardo che pertanto non viene attraversato ma lo incontra soltanto.
Si apre quindi davanti alla nostra vista il foro che risale al I secolo d.C. e da cui si domina con lo sguardo e l’estensione a destra e a sinistra lungo le alture collinari ma soprattutto, in basso, la ridente piana di Grosseto. E, come spesso accade nei siti scelti dagli antichi Etruschi, una fresca brezza viene ad attenuare la calura mentre l’immaginario ricostruisce il lago solcato da imbarcazioni, il fervore della vita lungo le strade cittadine, l’opulenza degli edifici, le code dei carri che ne attraversano le strade solcandone le pietre e lasciandovi il segno.

Nell’area forense che contempla edifici religiosi, politici e commerciali con varie botteghe, mi soffermo alla domus dei Mosaici, esempio di tipica casa di abitazione romana datata intorno alla tarda età repubblicana e restaurata nei tempi successivi, scoprendo quanto sia attuale il disegno di alcune piastrelle della pavimentazione e immaginando il giardino con il porticato che si apriva sul retro della domus affacciato sulla valle e con lo sguardo abbraccio all’intorno l’estendersi della città fino all’anfiteatro che occupa il lato a nord della collina.

Dall’altro lato, sul lato sud della collina dirimpettaia, la grande cisterna colpisce per le sue notevoli dimensioni mentre una quercia solitaria e secolare scuote lentamente le sue fronde alla leggera brezza e si staglia nello sfondo blu del cielo limpidissimo.
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