di Davide Gigli

C’è spesso Bologna nelle grandi occasioni ed oggi è una di queste.
C’è l’aria delle prime volte all’ombra per portici.
Si percepisce che non è un giorno come tutti gli altri, si vede dai sorrisi, ce lo dice Bologna.
Io nel dubbio mi fido.
Usciamo dal centro e il rosso delle case ci tiene la mano in Via D’Azeglio. Un saluto al grande Lucio ed è subito via Saragozza.

Scivoliamo veloci, attraverso il parco della Chiusa, poi è il turno della campagna, cambia il nostro paesaggio, ma non la voglia di andare.
Il prossimo è il lungo Reno. Una lunga striscia poco battuta, che costeggia il fiume, in cui la filosofia lascia il passo al fango imperante.

Una fattoria inaspettata si trasforma in un’oasi di ombra e vitigni, il pranzo va e siamo quasi a metà tappa.
Ma una metà può essere molto lunga.
Soprattutto con 600 mt di dislivello ed il tuo zaino che recita 15 kg.
Il sole delle 3 non ci risparmia, rispondiamo a colpi di acqua.
Ma non possiamo nulla contro la salita.
Ci mette a dura prova.
La schiena si curva ed il peso degli zaini è una mano che ci afferra e ci tira all’indietro.
Non la vedi ma sai che c’è.
Non molliamo.
La strada riprende dolcezza e si apre in paesaggi verdissimi di boschi e speranza.
Quella che sa di destinazione. Quella che è l’ultima a morire, ma l’ultimo vuoi essere tu.

Non ci accoglie bene. Ci respinge e costringe a soste prolungate, ci mette in ginocchio, letteralmente a quattro zampe, in una scalinata che porta all’Olimpo, perché gli Dei ci sono davvero in questo cammino.
Confermo che li abbiamo nominati spesso.
E forse qualcuno l’abbiamo anche fatto cadere.
Ma non lui.
Adone.
Che resta appeso lassù.
Che ci apre la porta di casa sua.
Ci fa sporgere dalla finestra e ci dona la bellezza.
Quel mistero che lui ha capito, e da oggi, non solo lui.
Le altre tappe: