Tra decorazioni Decò e simbologie esoteriche
Siamo in piazza Dante a Borgo San Lorenzo, il cuore verde della località principale del Mugello.
La grande piazza, che accoglie un giardino con al centro il monumento dedicato ai Caduti, si apre davanti al Palazzo del Comune. La sua attuale struttura risale al 1926 quando prese il nome che la designa e fu abbellita dai giardini che ancora oggi l’adornano. Prima di questa nuova architettura era un grande spazio dedicato alla mostra del bestiame e successivamente anche a campo sportivo.
Il bel Palazzo, inaugurato nel 1931, ebbe una lunga gestazione: dal primo progetto del 1883 di Niccolò Niccolai alla definitiva realizzazione nel primo trentennio del XX secolo in base al nuovo progetto, modificato nelle dimensioni nel rispetto anche delle norme antisismiche dopo il catastrofico terremoto del 1919, dell’ingegner Lorini e di Tito Chini, figlio di Chino e nipote di Cesare membro dell’ormai illustre famiglia di ceramisti vetrai e pittori.
Occupa il lato breve del perimetro rettangolare delimitato dalla piazza: si compone di un corpo centrale aggettante rispetto ai due corpi laterali, abbellito da un porticato costituito da quattro colonne bugnate a sostegno del balcone sovrastante. Nel piano terra finestre inginocchiate, un elemento neo rinascimentale derivato dalla forma dei piedistalli a sostegno delle mensole, come nel primo lo sono le cornici timpanate e il rivestimento a bugnato liscio.
Ma è nel contrasto tra l’esterno e l’interno che il Palazzo stupisce il visitatore: è a Tito Chini che si deve l’esuberanza delle forme, dei colori e delle decorazioni curate nei minimi particolari e sulle pareti e sui soffitti con l’utilizzo di vetrate, velari, affreschi, pavimentazioni in ceramica, mobili e suppellettili.
Un tuffo nell’Art Decò, nome derivato dall’Esposizione tenutasi a Parigi nel 1925 di Arti Decorative, conosciuto anche come Stile 1925 che si caratterizza per le forme classiche e simmetriche, dalle geometrie nette e nella semplificazione delle forme: elegante, raffinato anche nella scelta di materiali di pregio, influenzò, come il precedente Liberty, da cui si distacca e contrappone, la produzione di mobili, stoffe, lampade, ceramiche vetrerie, gioielli e manifesti, decorazioni in cui alcuni membri della famiglia Chini si erano già distinti per creatività e originalità vincendo molti premi alle mostre internazionali e nazionali del primo decennio del ‘900, esportando la loro capacità artistica nel mondo, producendo all’interno delle Fornaci San Lorenzo, a Borgo, dove avevano trasferito nel 1906 la sede della loro manifattura. Al tempo della realizzazione del Palazzo comunale Tito ne era il Direttore artistico, rinnovando il campionario con soluzioni decorative a carattere geometrico e dalle forme semplificate, soprattutto relativamente alla figura umana.
Ed eccoci all’interno ad ammirare le realizzazioni decorative di Tito Chini conservate in modo egregio grazie agli interventi di restauro realizzati in base ai bozzetti originali.
Il primo impatto è con la bella scala la cui struttura circolare s’intuisce sin dai primi gradini che si aprono gradatamente a ventaglio dalla doppia rampa, cui fanno da proscenio due colonne a fascio; sullo sfondo la vetrata a motivi romboidali e rettangolari e lo zoccolo di cemento ripartito con listelle color ocra dove piccoli rombi, esagoni, triangoli sono tutti in rilievo. Una cura dei particolari che lascia ammirati. Ma prima di iniziare a salire i primi gradini non dimentichiamo di sollevare gli occhi al soffitto dove un affresco circolare porta al centro una stella a raggi verso cui si dirigono, disposte concentricamente, molte api via via più piccole, e una scritta che, salendo, permette al visitatore di leggere “Comune di Borgo San Lorenzo” e scendendo “Il denaro del pubblico è sacro”.
La decorazione circolare è posta tra due a forma di quadrati concentrici la cui struttura ricorda quella del gioco detto “Filetto”.
A metà della rampa notiamo a destra l’altra vetrata, verde smeraldo dominante, al centro di due affreschi i cui colori sono il nero, il bianco, il rosso e l’oro, dove ritroviamo ancora un’ape ma in questa raffigurazione fuoriesce da un vaso. L’ape, piccolo insetto alacre e di grande abnegazione, è presente anche in molte altre cornici. Ci chiediamo allora, un simbolo o solo un elemento decorativo più volte sperimentato e utilizzato dai Chini?
A tutta questa complessa composizione e a molte altre raffigurazioni Elisa Marianini, nel suo interessante saggio “Percorsi di luce”, dà precise interpretazioni “leggendo” i segni come simboli esoterico massonici; la composizione raffigura fontane a tre piani, graticole, leoni rampanti e al centro, partendo dal basso, un’anfora sostenuta da due delfini con palmette egizie e un’ape che fuoriesce dall’anfora, sopra, una spada e una bilancia, fiammelle e fiori di loto e ancora più in alto stelle a sedici punte che l’autrice legge come un viaggio iniziatico: i colori stessi divengono simbolo della purificazione, insieme alle fontane e all’acqua, e dove l’ascesa del cuore umano è raffigurata dall’ape che fuoriesce dal vaso.
A sinistra si ripetono simmetricamente la vetrata e gli affreschi.
Al profano resta l’ammirazione per le composizioni che non lasciano comunque indifferenti così ricche come sono di riferimenti all’arte greca e orientale.
In alto chiude il vano scale un velario circolare, la cui balza ottenuta da due cerchi concentrici è decorata con rombi e cerchi. Non può non colpire la scelta dei colori resi ancora più brillanti dalla luce che filtra. La luce, un altro simbolo di ascesa, di fuoriuscita dalle tenebre, così come la luce delle stelle, espressione di spiritualità: seguire la luce e le stelle esprimerebbe quindi il desiderio di uscire dalle tenebre dei preconcetti e tendere verso il trascendente.
Siamo al primo piano: l’atrio è esagonale e tutto intorno, su uno sfondo rosso, anfore graticole, rosette e le porte con timpani; in alto un nuovo grande velario. Di fronte a quella della stanza del Sindaco, anch’essa esagonale, l’affresco di San Lorenzo e San Martino che reca la firma di Tito Chini e la data di esecuzione.
Se il Palazzo per la sua funzione fosse esso stesso simbolo del potere e certamente del buon esercizio di quest’ultimo, potrebbe essere lecito chiedersi: San Lorenzo e San Martino sono le due guide spirituali per il buon governo per quel Borgo che si stende ai loro piedi?
È comunque evidente che l’atmosfera che circonda il visitatore è quella creata dalla scelta decorativa, dalle forme, dai colori, dalle suggestive raffigurazioni dove il messaggio esoterico è sotteso.
Nella stanza esagonale, oggi occupata dall’Ufficio del Sindaco, il primo impatto visivo è con il pavimento in ceramica dai bei colori vivaci con al centro un grande rosone occupato dalla figura del Santo protettore. Poi lo sguardo si solleva si spinge fino alla scrivania e scorre lungo le pareti e si sofferma su alcuni particolari che attraggono l’attenzione: le vetrate a decorazioni geometriche, i pannelli di tela tra fasci dorati di spighe. Ciascun pannello è dedicato agli “illustri”: vi troviamo Giotto, Monsignor della Casa, il Beato Angelico e anche Antonio Cocchi, medico e filosofo che amava aggiungere al proprio nome la dicitura “il mugellano” sebbene fosse di Benevento ma da genitori originari del Mugello. E ancora nomi di poeti, letterati, storiografi racchiusi dentro edicole sostenute da cornucopie sorrette da putti e delimitate da cornici colorate. I pannelli a loro volta sono collocati tra colonnine di fasci di spighe color oro, una per lato, sorrette da puttini.
Prima di lasciare il Palazzo una visita all’ex Ufficio tecnico, una stanza particolare le cui decorazioni sono dedicate alle arti e alle scienze: una frase a firma Leonardo da Vinci percorre a mezza altezza le pareti. È una citazione del grande scienziato dal genio multiforme ripresa dal Trattato della pittura: “Sempre la pratica deve essere edificata sopra la bona teorica, studia prima la scienza e poi séguita la pratica nata da essa scienza”; sopra la frase chiuse edicole raffigurano la scultura e l’architettura, la pittura, la geometria e l’astronomia.
La visita si è conclusa lasciandoci piacevolmente sorpresi e con molte domande mentre lo sguardo coglie l’ultimo bagliore che dalle vetrate va vivificando gli ambienti e le colorate raffigurazioni.
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