di Salvina Pizzuoli

.a pie’ del Casentino
traversa un’acqua c’ha nome l’ Archiano,
che sovra l’Ermo nasce in Apennino.

(Dante, Purgatorio V, 94-96)

Alla confluenza dell’Archiano d’Isola con l’Archiano, il fiume menzionato da Dante nel Purgatorio, sorge Badia Prataglia.

Il borgo si era sviluppato attorno all’abbazia benedettina fondata tra il 986 e il 1001, oggi unico pezzo restante dell’antico monastero è la chiesa trasformata in parrocchiale che ha subito nel tempo molti rimaneggiamenti.

Accoglie il visitatore appena giunto in paese con la sua semplice facciata, tipica dell’architettura romanica del periodo. Sul portale con arco a tutto sesto, una bifora.

All’interno una sola navata, con copertura a capriate, e abside semicircolare, coro rialzato a cui si accede attraverso sette scalini, ai lati due altari e a sinistra il fonte battesimale tutti datati XVII secolo. Sotto il coro alloggia la bella cripta che si raggiunge scendendo vari scalini a sinistra attraverso un passaggio sormontato da un arco a tutto sesto, ma anche da una porticina laterale che si apre all’esterno lungo il muro perimetrale della chiesa sul lato a sinistra.

L’agile struttura della cripta a tre navate con volte a crociera è abbellita da colonne con vari capitelli dei quali alcuni meglio conservati e di epoche diverse: i primi due a sostegno della volta a crociera sono di fattura raffinata e probabilmente appartenevano a qualche edificio romano preesistente, si distinguono le foglie di acanto nella parte inferiore, nel primo in particolare nella parte superiore, sotto il pulvino, intrecci di fogliame, nel secondo si intuiscono le volute laterali del capitello di stile ionico.

A sinistra un’apertura rettangolare è incorniciata in alto da un fregio a motivi di anelli intrecciati mentre la piastrella a bassorilievo è illustrata con una figura umana con le braccia alzate. Il fregio vuole indicare e ornare la cavità in cui venivano presumibilmente deposte le reliquie dei martiri mentre nella figura umana è stato ravvisato un uomo in preghiera, un orante, motivo iconografico frequente nell’arte tardoantica e paleocristiana.

Ma la visita non si ferma qui, ci attende il bel bosco di faggi che fa da corona a tutto il paesaggio e che si raggiunge in pochi chilometri dal centro abitato. Lungo il percorso che termina all’Eremo di Camaldoli “Le tre cascate” tre salti d’acque che immaginiamo suggestive durante i periodi a maggiore portata.

Un bosco prevalentemente di faggio e abete bianco con la presenza anche di altre specie arboree come l’acero il frassino e il tiglio, specie tipiche della zona del grande parco delle Foreste casentinesi e nel caso specifico della riserva naturale biogenetica di Badia Prataglia.

Dopo pochi chilometri giungiamo al Rifugio Fangacci, sul passo omonimo, sempre aperto nelle ventiquattro ore. Dal piazzale antistante partono vari sentieri e si entra nel cuore del bosco di faggi.

Lo spettacolo è maestoso senza essere opprimente nonostante l’altezza dei fusti e le svettanti chiome che verdeggiano e ondeggiano sulle teste dei visitatori, ma la pace che si respira nel silenzio e nella bellezza naturale che cattura è davvero inimmaginabile e difficile da rendere con le parole o con le immagini che non riescono, nonostante l’utilizzo di particolari obiettivi, a cogliere e architetture e sfumature impareggiabili.

Nei dintorni in un paesaggio di boschi, il borgo di Serravalle antico maniero nato proprio a tutela della valle medesima. Svetta ancora un’unica torre che si raggiunge con una scalinata stretta ed erta. Il giro del paese mostra le strade tipicamente anguste nate dall’antico giro delle abbattute mura del castello, antico di sicuro, viene datato infatti 1188.

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