I guerrieri opliti in Etruria

di Michele Zazzi

Olpe Chigi, tomba di Monte Aguzzo (Formello, Veio)

Diodoro Siculo riferisce che “in Etruria (…) la falange oplitica fu adottata durante il VI secolo, e gli Etruschi insegnarono ai Romani a combattere con scudi di bronzo” (XXIII,2). Anche Ateneo (VI, pag. 231) precisa che la formazione a ranghi serrati venne adottata dai Tirreni, che attaccavano in falange.
Gli opliti — il cui nome deriva dal greco oplon, “scudo” —  erano guerrieri dotati di armatura pesante che combattevano fianco a fianco in una formazione serrata, la falange. L’oplitismo fu un fenomeno politico, militare e sociale sorto in Grecia tra l’VIII e il VII secolo a.C. Esso si basò sulla crisi del potere politico delle aristocrazie e sull’emergere di nuovi ceti sociali — agricoltori, commercianti e artigiani — che potevano permettersi l’acquisto dell’armamento oplitico.

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La via Clodia secunda da Lucca a Luni e Modena

La via Clodia secunda da Lucca a Luni e Modena

di Alessandro Ferrini

Percorso della via Clodia Secunda
Percorso della via Clodia Secunda (clicca per ingrandire l’immagine)

“Tres viae sunt ad Mutinam, a supero mari Flaminia, ad infero Aurelia, media Cassia” (Filippiche, XII). Così Cicerone a indicare la via che da Lucca piegava verso nord, correva lungo la valle del Serchio e varcato l’Appennino scendeva a Modena, da questa si staccava un ramo che raggiungeva Luni come mostra il tracciato della Tabula Peutingeriana. Cicerone la chiama ancora Cassia considerandola naturale proseguimento di quella che univa Firenze a Lucca. In realtà scrittori successivi la chiamano Clodia Secunda … Continua a leggere Tres viae sunt ad Mutinam

 

Società e religione degli Etruschi

di Giovanni Caselli

Lucomunia di Roselle

In tempi storici gli Etruschi risultano essere il primo popolo in Italia ad aver costituito uno stato con residui di forme istituzionali di tipo tribale. L’aristocrazia che colonizza l’Etruria stablisce una monarchia che sta al di sopra di ogni altra forma di organizzazione, con potere decisionale sulla vita o la morte dei cittadini. Questo potere è simbolizzato nell’arte etrusca dalla testa della Gorgone Medusa. … continua a leggere Società e religione degli Etruschi

L’area archeologica della città etrusco romana di Roselle

di Salvina Pizzuoli  

Roselle

Visitare un sito archeologico esteso e grandioso come quello di Roselle è come un viaggio dentro la storia, dove documenti tangibili e visibili circondano il visitatore, dove anche il silenzio del luogo parla del passato vivo e vivace che lo animava. E pietre e muri decorati e mura e pavimentazioni e creature secolari con le loro ombre centenarie e scorci e panorami, tutto contribuisce ad ammaliare il viaggiatore che vi trascorre.

La coreografia è completa, l’atmosfera conquista anche oggi nel caldo di questa torrida estate che leva il respiro.

Siamo a pochi chilometri da Grosseto nella bella terra della Maremma toscana, … Continua

Il geografo Strabone e la Tirrenia degli Etruschi

di Giovanni Caselli

Il geografo Strabone

Siamo in mezzo alla terra d’Etruria dalle numerose e nobili città. Sarebbe impossibile menzionarle tutte e descrivere le loro ricchezze. Strabone, pragmaticamente descrive l’Etruria con dovizia di particolari. Ma chi erano gli Etruschi? Da dove venovano? prima di iniziare il viaggio lungo la Via Cassia, da Roma a Chiusi, Arezzo, Fiesole e Lucca, sentiamo il parere di un ‘autorità dell’epoca, visto che gli studiosi moderni non si trovano ancora daccordo.

Così la descrive il geografo greco Strabone vissuto nel I° secolo a.C nella sua monumentale opera, la Geografia.

Chiamiamo Seconda Porzione quella Ligustica (Liguria) situata negli Appennini stessi, fra quella Celtica che ho appena descritto e la Tyrrhenia. Non ha nulla che valga la pena descrivere dettagliatamente, eccetto dire che la gente vive principalmente in villaggi, arando o zappando terreni aspri, o piuttosto, come dice Poseidonius, cavando pietre. … continua a leggere      La Tirrenia e gli Etruschi secondo Strabone

In Italia siamo tutti un po’ Etruschi

Viaggio in un’eredità senza tempo. Valerio Massimo Manfredi ripercorre le tracce di un popolo misterioso Maestri di agricoltura e allevamento, precursori della libertà femminile.

di Livia Capponi da il “Corriere della Sera” (8 ottobre 2019)

Sarcofago degli sposi (520 a.C.)

Gli Etruschi sono tra noi. Nel patrimonio genetico di uomini, paesaggi e città. Nel dna di Roma stessa, città resa grande proprio dal contatto ravvicinato con una cultura a cui deve istituzioni, rituali, concetti come «popolo», desunto forse da poplu, schiera di uomini armati, e «persona», da phersu, termine usato per indicare la maschera teatrale. Una cultura misteriosa e indecifrabile, come la sua lingua, non indoeuropea e scritta da destra verso sinistra, ma che affascina per la sua vivacità e sofisticazione. Il famoso «sarcofago degli sposi» da Cerveteri mostra una moglie sdraiata sul triclinio da banchetto accanto al marito, in condizioni di libertà e parità impensabili nel mondo greco e romano. Gli affreschi delle tombe di Tarquinia restituiscono un aldilà variopinto, in cui si danza, si beve e si fa sesso.

Ancora oggi, nei dialetti del Nord sopravvivono qua e là toponimi e termini che vengono dall’etrusco e anche certi caratteri dell’economia si sono conservati a distanza di millenni. In Emilia, uno dei due bracci del Panaro si chiama ancora Scoltenna, dall’etrusco Scultemna; la città di Modena si chiama in dialetto Mòdna, dall’etrusco Muthna.

Furono proprio gli Etruschi a importare in Emilia dalla Toscana l’uva rossa e a diffondere il sistema di coltivazione a filare, e furono sempre loro i primi a usare il telaio e a praticare l’allevamento intensivo del maiale. Le analisi genetiche hanno individuato la sopravvivenza di parecchi caratteri etruschi in piccoli centri della Toscana meridionale e del Lazio settentrionale. Pure la pronuncia aspirata delle lettere gutturali nella parlata toscana, secondo una seppur discussa teoria, sarebbe un lascito degli illustri antenati.     …  continua a leggere    In Italia siamo tutti un po’ Etruschi

Indice degli articoli correlati presenti nella rivista alla pagina: 

Civiltà Etrusca

La produzione del vino nell’Etruria romana in una fattoria modello nel territorio di Capalbio

Affresco restaurato rinvenuto nella villa Settefinestre

A partire dalla seconda metà del II° secolo e per tutto il I° secolo a.C. l’afflusso e il massiccio sfruttamento di manodopera schiavile, giunta in Italia in seguito alla travolgente espansione romana nel Mediterraneo, è il presupposto per la crisi irreversibile della piccola proprietà terriera (a causa anche del fallito tentativo di redistrubuzione fondiaria portato avanti dai tribuni Tiberio e Caio Gracco) e lo sviluppo di grandi ville fattorie cui fanno capo estensioni sempre più vaste di territorio e il conseguente affermarsi del latifondismo. L’intera Etruria si popola in questo periodo, di grandi residenze signorili  (fra cui potremo ricordare quella dei Domitii Enobarbi sull’Argentario o la villa dei Venulei a Massaciuccoli).    …  continua a leggere    La produzione del vino nell’Etruria romana in una fattoria modello nel territorio di Capalbio

La casa degli Etruschi

Evoluzione dell’impianto abitativo etrusco

elementi architettonici decorativi del tetto della villa di Murlo (Museo di Murlo)

Durante il periodo più antico (fine del IX secolo – prima metà dell’VIII secolo a.C.) la casa etrusca aveva una forma circolare o ellittica, a un solo piano con pareti in argilla e graticcio di canne e copertura in strame con tetto a spiovente sostenuto da pali di legno. Tale aspetto si è mantenuto nella forma delle capanne in uso ancora pochi decenni fa in certe zone rurali della Toscana. L’interno era costituito da un solo ambiente con un’apertura di ingresso e sfiatatoi per il fumo, il pavimento era costituito da un sottile strato di ghiaia.

Gli scavi hanno messo in luce resti di abitazioni di questo tipo a Luni, San Giovenale, Veio e Tarquinia. Le urne cinerarie a capanna riproducono simbolicamente tali forme. … continua a leggere  La casa degli Etruschi

Idoli e luoghi sacri pagani in Casentino

di Giovanni Caselli

Resti etruschi rinvenuti dietro la pieve di Socana

Prima del cristianesimo, due poli importanti del culto in Casentino erano il Lago di Ciliegeta, poi Lago degli Idoli sul fianco sud occidentale del Monte Falterona e il santuario etrusco-romano di Sòcana. Non è affatto detto che queste due ultime località – rivelateci da fortuite scoperte e non da ricerche sistematiche – siano state i più importanti, o gli unici, punti di riferimento del culto e della religiosità popolare locali, ritenerlo può essere fuorviante. È del tutto probabile che ve ne siano stati altri e in particolar modo dove eventuali culti pagani sono stati sostituiti dal culto cristiano tramite una “teofania”. In tal caso i luoghi si moltiplicherebbero.

E’ un fatto sintomatico ovunque che proprio laddove esista oggi un luogo di culto cristiano, ne sia esistito uno anche in epoca pre-cristiana. Si può esser certi che nella maggior parte dei casi le pievi del Casentino siano sorte sopra o in prossimità di templi pagani. In numerosi casi un antico luogo di culto abbandonato in epoca cristiana non era così importante all’avvento del cristianesimo, altrimenti si sarebbe sovrapposto ad esso un culto cristiano proprio per estirpare il pagano e cancellarne la memoria. … continua a leggere Idoli e luoghi sacri pagani in Casentino

Ossuari antropomorfi chiusini: i canopi

di Michele Zazzi

I canopi etruschi sono vasi cinerari con corpo panciuto e con coperchio conformato a testa umana. Tale caratteristica (antropomorfizzazione dell’urna) costituisce in qualche modo sviluppo dei vasi biconici villanoviani dell’età del ferro (IX – VIII secolo a.C.) coperti da scodella o da elmo.
Le prime forme di canopo (il nome fu attribuito dagli scavatori del XIX secolo per la loro somiglianza con i vasi viscerali che facevano parte del corredo delle mummie egizie) sono state riscontrate a Bisenzio, Saturnia e Vulci; però è a Chiusi e nel relativo territorio che la produzione di tali cinerari ha avuto uno sviluppo del tutto peculiare.
La produzione dei canopi chiusini si registra in un periodo compreso tra il secondo quarto del VII secolo a.C. fino al 580-570 a.C. circa.

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