Archeologia industriale in Toscana

Così chiamato l’ex Cementificio Marchino di Calenzano. Ormai parte del paesaggio collinare in località la Querce, vicino a Calenzano, i resti dell’antico cementificio, un notevole esempio di archeologia industriale.
Lo stabilimento La Macine sorto nel 1926 a opera di Ottavio Marchino originario di Casal Monferrato, la cui famiglia aveva fondato nel 1872 la Società Cementi Marchino, sorge alla base delle pendici meridionali dei monti della Calvana.
La particolarità del processo produttivo consisteva essenzialmente nell’utilizzo di marna estratta all’interno di gallerie scavate nel Poggio Castiglioni da manodopera in gran parte proveniente dal Mugello anziché in cave a cielo aperto.
Dalle cave, la marna, trasportata con carrelli e fatta rotolare su un piano inclinato, giungeva fino a valle in un piazzale soprastante l’edificio e poi macinato e inviato alle bocche dei quattro forni verticali da calce e cemento. I forni di tipo Dietzsch erano costituiti da quattro unità di cottura, ancora ben distinguibili, dall’alto in basso: ciminiera, zona di carico del calcare, crogiolo di cottura e zona di raffreddamento. produceva calce e cemento.
Fu uno dei più importanti stabilimenti toscani e italiani, poi parzialmente distrutto dai tedeschi nel 1944. In parte ricostruito del dopoguerra fu definitivamente chiuso nel 1956 a seguito dello sviluppo del Cementificio di Settimello sempre gestito dalla Società Unione Cementi Marchino. A seguito di numerose fusioni con altre società diverrà la Buzzi-Unicem.
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