Breve cronaca e testimonianze
di Alessandro Ferrini

All’alba del 13 settembre 1944 la 91ª Divisione americana ricevette l’ordine di prendere Monte Altuzzo. Lì i tedeschi avevano predisposto una difesa quasi impenetrabile: reticolati, mine, trincee scavate nella roccia e bunker di cemento armato con mitragliatrici MG42 puntate verso i sentieri di risalita.
Il 363° reggimento fanteria fu tra i primi reparti americani che salirono tra i castagneti e le balze rocciose. Appena mossero i primi passi fuori dalle zone coperte, i mitraglieri tedeschi aprirono il fuoco. Proiettili traccianti tagliavano l’aria, e molti soldati furono abbattuti ancora prima di riuscire a trovare riparo. Alcuni tentarono di strisciare tra i cespugli, altri si gettarono a terra. Era impossibile avanzare: ogni metro era coperto da una mitragliatrice.

Nel frattempo, i genieri americani provarono a tagliare i reticolati. Molti caddero ma alcuni riuscirono ad aprire dei varchi. Dietro di loro, i compagni cercavano di avanzare ma senza gran successo, verso le prime postazioni tedesche.
Per due giorni interi, il 14 e 15 settembre, gli assalti si susseguirono senza sosta. Ogni volta si guadagnavano pochi metri, spesso persi subito dopo a causa dei contrattacchi nemici.

I paracadutisti tedeschi (la 4ª Divisione Fallschirmjäger) erano soldati addestrati, esperti, scelti. Non si limitavano a stare in trincea: uscivano all’improvviso da camminamenti nascosti e lanciavano granate a mano sugli americani appostati dietro i muretti a secco.
Le perdite americane furono altissime. Ci sono testimonianze di compagnie ridotte a un terzo degli effettivi. Il terreno del Monte Altuzzo era disseminato di corpi: alcuni caduti americani giacevano tra gli arbusti, impossibili da recuperare sotto il fuoco, mentre i tedeschi lasciavano i propri morti nelle trincee crollate.
Gli americani tuttavia avevano la copertura di una potente artiglieria: dal fondovalle partivano bombardamenti continui. Ogni giorno, decine di cannoni da 105 e 155 mm battevano le creste del Giogo. Il rumore era assordante, la montagna tremava. Anche i caccia Mustang e i caccia bombardieri Thunderbolt mitragliavano e sganciavano bombe sui bunker.
Ma nonostante questo i tedeschi incredibilmente resistevano: i loro rifugi erano scavati così bene nella roccia che solo un colpo diretto poteva distruggerli.

Mentre sul Monte Altuzzo si combatteva metro per metro, più a est gli americani della 85ª Divisione puntavano al Monte Pratone. Qui la difesa era meno compatta, e grazie ad attacchi notturni il 16 settembre riuscirono ad aggirare alcune posizioni tedesche. La conquista del Pratone fu decisiva, perché minacciava di accerchiare i tedeschi del Giogo.Dopo quattro giorni di combattimenti logoranti, il 17 settembre, i tedeschi cominciarono a cedere. Alcune postazioni rimasero isolate, i camminamenti erano distrutti, le comunicazioni interrotte. Reparti americani riuscirono a infiltrarsi lateralmente e ad arrivare sopra alcune casematte, gettando granate dentro le feritoieUn episodio ricordato nei diari è quello di piccoli gruppi di paracadutisti tedeschi che, rimasti senza munizioni, combatterono fino all’ultimo con pistole e baionette. Nessuno voleva arrendersi.

Il 18 settembre, finalmente, le linee tedesche crollarono. Il Passo del Giogo era nelle mani degli americani. Ma la vittoria costò carissima: centinaia di caduti e migliaia di feriti in pochi giorni, in un’area di montagne aspra e ristretta. I tedeschi si ritirarono di alcuni chilometri, verso Firenzuola dove avevano organizzato una seconda linea difensiva successiva.
Nel frattempo, le popolazioni del Mugello e dell’Alto Mugello vivevano giorni drammatici. Molti si erano rifugiati in cantine, stalle o grotte per scampare ai bombardamenti. Interi paesi furono evacuati come Ponzalla e a Sant’Agata di Scarperia.

Alcune testimonianze di chi visse quei giorni al Giogo, sia militari che civili:
1. Un soldato americano sul Monte Altuzzo
Un fante della 91ª Divisione USA scrisse nel suo diario:
“Era come scalare l’inferno. Ogni volta che sporgevamo la testa dai massi, i colpi delle MG42 ci costringevano a rimetterla giù. I nostri ufficiali urlavano di avanzare, ma non c’era posto dove andare. La terra era coperta di corpi, e l’aria sapeva di polvere da sparo e sangue. Abbiamo passato la notte immobili, strisciando solo quando il cielo era illuminato dai razzi. Pregavo che non arrivasse il lanciafiamme.”
2. Un paracadutista tedesco (Fallschirmjäger)
Un ufficiale tedesco catturato dopo la battaglia raccontò:
“Avevamo scavato le nostre postazioni per settimane. Sapevamo che l’attacco sarebbe arrivato lì. Gli americani venivano avanti a ondate, e noi sparavamo fino a scaldare le canne delle mitragliatrici. Molti dei miei uomini morirono accanto a me, ma nessuno voleva abbandonare la posizione. Quando il fuoco dell’artiglieria si abbatté su di noi, pensai che la montagna stessa sarebbe crollata. Restammo finché potemmo, ma eravamo soli. Alla fine non c’era più comando, solo piccoli gruppi che combattevano fino alla fine.”
3. Una donna di Ponzalla ricordò:
“Ci rifugiammo tutti nella stalla, con le vacche e le pecore, perché le bombe cadevano vicino al paese. I bambini piangevano, i vecchi pregavano. La notte vedevamo il cielo illuminato, come fosse giorno, dai razzi e dai colpi dell’artiglieria. Alcuni di noi provarono a fuggire nei boschi, ma le strade erano piene di soldati. Ricordo di aver visto un soldato americano chiedere acqua: mia madre gliela diede, e lui si mise a piangere come un bambino.”
4. Un parroco dell’Alto Mugello
“Ogni giorno arrivavano sfollati con poche cose: fagotti, galline sotto braccio, bambini scalzi. Venivano a cercare rifugio nella canonica. Molti piangevano perché le case erano distrutte o incendiate. I soldati tedeschi, passando, minacciavano di fucilarci se aiutavamo gli americani, ma non potevamo lasciare quelle famiglie senza pane. Così dividevamo quel poco che avevamo.”
5. Dopo la battaglia
Un ufficiale americano, entrando nel Giogo dopo lo sfondamento, descrisse la scena:
“La montagna era un cimitero. Trincee sfondate, cadaveri tedeschi e americani mescolati, armi distrutte, caschi bucati, zaini rovesciati. Sembrava che la natura stessa avesse sofferto con noi: gli alberi erano spezzati, i massi anneriti dal fuoco. Abbiamo vinto, ma a guardarsi intorno non sembrava una vittoria.”

Bibliografia
Fonti militari e memorialistiche per chi volesse approfondire:
U.S. Army, 91st Infantry Division Records (rapporti operativi del 363° e 362° reggimento fanteria) – conservati al National Archives di College Park (Maryland). Qui ci sono resoconti ufficiali delle perdite e delle condizioni al Monte Altuzzo.
Donald R. Taggart, “History of the 91st Division (Pine Tree Division)”, Washington, 1947 – contiene ricordi di ufficiali e soldati, con descrizioni dettagliate degli assalti al Giogo.
Carlo Gentile, “La Wehrmacht in Italia” (2002) – raccoglie documenti tedeschi e memorie di ex paracadutisti della 4ª Divisione Fallschirmjäger.
Fonti locali e civili
Comitato Regionale Toscano per le Onoranze ai Caduti, “La battaglia del Giogo. Settembre 1944” – pubblicazione locale che raccoglie testimonianze di civili di Scarperia, Sant’Agata e Ponzalla.
Museo della Linea Gotica (Ponzalla, Scarperia e San Piero) – conserva interviste registrate a donne e uomini che vissero i giorni della battaglia nei paesi del Mugello.
Diari parrocchiali: diversi parroci del Mugello annotarono nei registri parrocchiali i fatti di settembre 1944 (alcuni frammenti sono stati pubblicati nelle raccolte di memorie della diocesi di Firenze).
Pubblicazioni di sintesi
Luciano Casali – Paolo Pezzino, “La Linea Gotica”, Bologna 1998 – con testimonianze sia militari sia civili.
Mario Gennaioli, “La Linea Gotica nel Mugello”, Firenze 1984 – volume che raccoglie ricordi di contadini e sfollati della zona.
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