di Salvina Pizzuoli

Scarperia merita un viaggio e per i “Ferri taglienti” di cui va famosa e per il trecentesco palazzo dei Vicari e per l’antico centro storico che ne rispecchia la storia delle origini: fu infatti creata e voluta da Firenze come “terra nuova”, nel lontano 1306, ovvero come avamposto per reprimere e “frenare la superbia degli Ubaldini, o di altri del Mugello e di Oltr’Alpe”*, un avamposto munito di cui restano a testimonianza parti della cinta muraria e delle torri quadrangolari.
Scriveva il Repetti a tal proposito alla voce Scarperia del suo Dizionario:
[…] una deliberazione della Repubblica Fiorentina presa nel dì 29 aprile 1306, con la quale il consiglio dei cento, quello delle capitudini delle XII arti maggiori, il consiglio del capitano del popolo e difensore del Comune di Firenze, allora mess. Bernardo di Stellato Stellati di Fuligno, ed il consiglio del potestà, ch’era mess. Bino de’Gabbrielli da Gubbio, approvarono una provvisione de’ Priori delle Arti e del Gonfaloniere di giustizia di Firenze, la quale stabiliva l’edificazione di due Terre, che una di esse da farsi nel Mugello, e l’altra di là dalle Alpi fiorentine
Oggi Scarperia festeggia ancora in quel giorno, l’8 settembre, detto affettuosamente il Diotto, la data della sua fondazione.
Nel Dizionario dei Toponimi si legge che “per qualche tempo era stato chiamato Castel (di) San Barnaba come spiega il Repetti nel Dizionario geografico fisico storico della Toscana (Repetti 1833-1846, V, 221)
La Scarperia per pochi anni continuò a chiamarsi Castel di S. Barnaba, poiché presto se gli aggiunse, e finalmente le restò il solo nome antico. Ciò è dimostrato da più alti notariali, uno de’ quali sotto lì 8 agosto dell’anno 1338 fu rogato nel castel di S. Barnaba di Mugello, che si chiama Scarperia
e che il nome attuale potrebbe derivare dal toponimo “scarpa”, probabilmente nel senso di ‘pendio’ per essere situata alle falde o alla “scarpa” dei monti “benché non si possa escludere – si legge continuando – che designasse modestamente un ‘mercato di scarpe’ o una ‘calzoleria’.

Ma l’antico borgo di Scarperia si fregia anche di un altro gioiello, oggi in via di restauro, che non riguarda la storia delle sue lontane origini bensì datato molti secoli dopo, nel 1741, anno in cui fu terminata l’edificazione dell’Oratorio dedicato alla Madonna del Vivaio fuori le mura di cui ci piace, in questo articolo dedicato, ripercorrere la storia della sua edificazione che merita di essere rinnovellata.
Colpisce immediatamente per la particolare architettura, particolare per la classicheggiante e geometrica struttura settecentesca e per essere quindi una presenza architettonica diversa rispetto al restante tessuto urbano e anche rara in tutta l’area fiorentina.



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Il sito su cui sorge non è affatto casuale, come la sua denominazione, ma è legato al luogo in cui si trovava un tabernacolo contenente un affresco, di scuola fiorentina di datazione incerta ma che altri studiosi datano tra XIV e XV secolo, raffigurante la Madonna col Bambino. Dopo i numerosi miracoli operati da questa immagine infatti e con il contributo di tutto il popolo di Scarperia, molto devoto all’immagine sacra, e un sussidio concesso dal vicario, venne costruito l’Oratorio, che oggi possiamo ammirare prevalentemente dall’esterno, su progetto di Alessandro Galilei. Anche la denominazione Madonna del Vivaio è legata alla caratteristica geografica del luogo, ovvero la presenza di due fonti che scorrevano nei pressi del tabernacolo e confluendo davano vita ad un vivaio. Si tramanda che la Madonna raffigurata nell’affresco avesse chiuso gli occhi e realizzato i miracoli, affresco che ancora oggi è allogato sopra l’altar maggiore all’interno dell’Oratorio.

La struttura architettonica della facciata dell’edificio sacro è molto lineare e spoglia, forse incompiuta, anche se si tratta di deduzioni nate dall’impianto stesso: presumibilmente i pilastri che la delimitano presuppongono, come in altri progetti dell’artista, la presenza di un timpano, la parte triangolare ma anche arcuata a coronamento delle facciate, e di un porticato. Le nicchie laterali ipotizzano inoltre la presenza di statue o comunque di decorazioni. In alto una piastra marmorea reca la scritta non completamente leggibile Quasi rosa plantata super rivos aquarum.



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Le ulteriori strutture che percorrono lateralmente l’edificio sono ampliamenti come l’aggiunta della torre che avrebbe dovuto ospitare una campana. Particolare il tiburio, la struttura esterna che racchiude al suo interno una cupola proteggendola, che alto si eleva sulle strutture rettangolari alla base, sovrastato da una copertura su cui svetta una lanterna. L’interno, oggi privo della pavimentazione perché da ripristinare, è sottolineato da otto lesene: si presenta a pianta circolare con tre cappelle; in quella maggiore è alloggiato l’affresco miracoloso. In alto a sottolineare la base della cupola, un’iscrizione: Benedixit te deus in virtute sua quia per te ad nihilum redegit inimicos nostros (Dio ti ha benedetto con la sua potenza, perché grazie a te ha ridotto all’impotenza i nostri nemici). Nella cappella laterale a destra dell’ingresso una Sacra Famiglia con al centro un giovane Gesù tra Maria e Giuseppe attribuita al pittore Stefano Amigoli, mentre l’Annunciazione, che occupava la cappella a destra, è oggi nella chiesa dei SS Jacopo e Filippo attribuita a Giovanni Balducci collaboratore, insieme a Zuccari, degli affreschi del Giudizio Universale in Santa Maria del Fiore.
Oggi l’Oratorio abbisogna ancora di opere di ripristino che mirano ad una riapertura al pubblico nel tricentenario dalla sua fondazione il 7 agosto 1724 e tutti ce lo auguriamo caldamente.


Bibliografia
* Repetti Dizionario geografico fisico storico della Toscana (Repetti 1833-1846, V, 221)
Autori vari, Chiese, cappelle, oratori di Scarperia e San Piero a Sieve e del suo territorio, Editori dell’Acero 2021
Sara Piccolo Paci e Rossella Tarchi L’ oratorio della Madonna del vivaio a Scarperia, Pagnini Editore 2015