Oltre al ben noto e lungo Ombrone, il secondo fiume toscano dopo l’Arno, che dai monti del Chianti con un corso tortuoso e meandriforme sfocia poi nel Tirreno nei pressi di Grosseto, ve n’è un altro del medesimo nome che, per distinguerlo, ha aggiunto il toponimo di Pistoiese.
Il suo corso, molto più breve, lo vede confluire in Arno di cui è uno dei maggiori affluenti insieme al Bisenzio. Ha una sua storia: nei tempi lontani era navigabile e utilizzato come via commerciale con attracchi al Porto di Mezzo e al Ponte all’Asse presso Poggio a Caiano, ma deve la sua fama al Magnifico Lorenzo, alla Villa di lui, agli studi rinascimentali di due poeti, il Poliziano e lo stesso Lorenzo, e al fervore per la classicità che ne era derivato, elementi che conferiranno al corso fluviale la maestà del mito che ne immortala l’amore per la bella ninfa Ambra.
La storia e la geografia caratterizzano entrambi un territorio che pertanto si presenta con precisi tratti: nel caso specifico la geografia si contraddistingue per la presenza del fiume Ombrone, a regime prevalentemente torrentizio, e per la confluenza di quest’ultimo nell’Arno. La storia invece ci racconta di Ambra, il nome della villa decaduta che sorgeva nel possedimento prima che i Medici lo acquistassero, anche se Lorenzo pensò da subito di costruirne una nuova, ma trascorse vario tempo prima che si potesse realizzare il suo disegno.
Il possedimento, su cui sarebbe sorta la villa medicea di Poggio a Caiano, stava molto a
cuore al Magnifico che l’aveva trasformato in un’azienda modello, canalizzando l’Ombrone e arginandone le piene rovinose, bonificando i terreni per destinarli all’allevamento del bestiame, colture di bachi da seta e orti. Non stupisce pertanto che i due poeti intitolassero, alla maniera classica omerica o ovidiana, ad Ambra le loro composizioni esaltandone la magnificenza in un mito. Se Poliziano scrisse un poemetto in versi latini, Lorenzo lo redasse in volgare: Ambra e Ombrone sono i protagonisti di un amore difficile dal finale drammatico. Ambra è una bella ninfa silvestre amata da Lauro pastore che, bagnatasi una notte d’estate nelle acque di Ombrone, innamorò di sé il fiume.
Fuggendo il caldo un dì nuda era entrata
Nelle onde fredde d’Ombron, d’Appenino
Figlio, superbo in vista e ne’ costumi
Pel padre antico, e cento frati fiumi.
(da Lorenzo il Magnifico, Ambra, in “Opere di Lorenzo de’ Medici”, Firenze 1825)
Corsero i due l’una tentando di sfuggire all’abbraccio di un amante indesiderato, l’altro cercando di cingerla tra i suoi flutti. La paura di perderla convinse Ombrone a chiedere l’intervento del fratello maggiore Arno perché gonfiasse le sue acque e impedisse alla bella ninfa di fuggire oltre.
La Ninfa era già presso ove Arno mio,
Riceve Ombrone, e l’onde sue congiugne:
Ombrone, Arno veggendo, si conforta
E surge alquanto la speranza morta.
Grida di lungi: O Arno, a cui rifugge
La maggior parte di noi Fiumi toschi,
La bella Ninfa, che come uccel fugge
Da me seguita in tanti monti e boschi,
[…] Rendimi lei, e la speranza pera
E il leggier corso suo rompi e ‘ntraversa
(idem)
La giovinetta, vistasi perduta decise di ricorrere all’intervento di Diana, la dea protettrice delle vergini, che prontamente la tramutò in roccia.
Così lo Dio ferma la veloce orma,
Guarda piatoso il bel sasso crescente;
Il sasso, che ancor serba qualche forma
Di bella donna, e qualche poco sente,
E come amore e la pietà l’informa,
Di pianto bagna il sasso amaramente;
Dicendo: o Ambra mia, queste son l’acque,
Ove bagnar già il bel corpo ti piacque.
(idem)
quel “sasso” dove poi sarebbe sorta la villa medicea di Poggio a Caiano, la bella Ambra.

Articolo correlato:

