ovvero la Firenze di Robert Davidsohn a cavallo tra due secoli

Un piccolo affresco simpatico e affettuoso dedicato alla Firenze che stava scomparendo nei tipi umani che più l’avevano caratterizzata fu tratteggiato, negli ultimi anni della sua vita, da Robert Davidsohn. È la Firenze a cavallo tra due secoli che viene illustrata attraverso una carrellata nostalgica di personaggi che, lamenta l’autore, erano spariti o in via di estinzione: quel piccolo mondo ormai appartenente al passato. stava infatti dissolvendosi ad opera della modernità legata alla nascita dei grandi magazzini, all’aumento del traffico, al mantenimento “più rigoroso dell’ordine pubblico”.
Nelle poche pagine che compongono “Il popolino di Firenze nel recente passato” i personaggi della Firenze che fu e che meritava rammentare e raccontare riprendono vita insieme al colore dei ricordi che Davidsohn ci ha voluto lasciare, quasi un saluto immortalato nelle pagine scritte.
Ed eccoli allora nell’ ordine di apparizione nel testo, corredati da qualche breve nota a commento.
Il ciarlatano

Quando oggi pensiamo ad un ciarlatano immaginiamo subito qualcuno che vende parole, ma non lo immagineremmo mai come un “mestiere” con tanto di messinscena e coreografia.
Anche oggi i ciarlatani non mancano tra chi promette la guarigione, ma la differenza sta, sottolinea l’autore, nel fatto che non si presentavano su di una carrozza dorata e con un seguito di musicanti: il ciarlatano arrivava in tutte le piazze limitrofe alla città e dispiegava le sue parole convincenti alla folla convenuta promettendo di cavare i denti marci senza dolore e di avere medicamenti per qualsivoglia malanno. Chi degli astanti, imbonito dalle chiacchiere, si lasciava mettere le mani in bocca “sentiva” l’operazione coperta dai suoni assordanti dei musici accompagnatori…alti quanto quelli che uscivano dalla sua bocca di credulone.
Il venditore di ombrelli
Trascorreva per le strade al grido di “ombrelli, ombrelloni, ombrellini, c’è l’ombrellaio, lo sprangaio”. Il nostro ambulante infatti oltre a venderli gli ombrelli li riparava in tutte le loro parti e in più sapeva ricucire con il fil di ferro le crepe dei paioli, delle terrecotte e delle porcellane delle utensilerie che non si buttavano mai alla prima, ma si riparavano per farli durare ancora un poco. Non sfuggivano alla sua cura gli ombrelli grandi dei fiaccherai o gli ombrelloni rossi sotto i quali si riparavano i contadini dagli acquazzoni. Oltre a vendere gli ombrelli aveva quindi la cassettina degli attrezzi appesa con una cinghia sulle spalle che teneva invece accanto a sé mentre era al lavoro sull’uscio di casa del cliente.

Il cenciaiuolo
I cenciaiuoli o raccoglitori di stracci vivevano nel quartiere dei poveri dentro e fuori Porta San Frediano. Il loro carretto era annunciato dal grido “Cenciaiuoli!” seguito da “Donne, Donne!”. La cosa interessante è che il commercio si basava sul baratto: in base al valore degli stracci offrivano in cambio santini colorati, giocattoli per bambini e tutta una serie di cianfrusaglie che si portavano dietro.
L’arrotino e i venditori di frutta fresca

Tra gli ambulanti non poteva mancare l’arrotino che con la sua mola rifaceva il filo a tutte le lame che lo avevano perso; anche oggi si sente ogni tanto per le strade della città il suo richiamo ma viaggia in automobile e usa una registrazione su nastro per richiamare l’attenzione… E un tempo c’erano anche i venditori di frutta, ma non al chilo, ma a pezzo come non si poteva più fare già allora da tempo perchè la vendita era a peso: “due arance per una palanca!” gridavano allegramente mentre offrendo la loro merce ne decantavano le virtù. Una palanca, sottolinea l’autore, parola di cui si è perso anche il significato: era una moneta di rame usata anche in Veneto e in Liguria e al tempo valeva 5 centesimi. A maggio e a giugno non mancavano i venditori di ciliege belle a vedersi insieme ai “fragoloni”.
Il pastore transumante
Tra i vari personaggi che Davidsohn ama rammentare nelle sue pagine c’è quella di un pastore transumante. Lo incontrava da un anno ad un altro nella sua passeggiata fuori città: in estate spostava le greggi dalla Maremma verso le colline fiorentine e in autunno le riportava al mare. Se ci fosse lo riconosceremmo anche adesso: una figura biblica originale con il suo mantello color terra, il lungo bastone e il cane. Una conversazione sempre uguale, di anno in anno, si svolgeva tra i due con le stesse parole ad ogni incontro: dopo aver chiesto l’ora il pastore chiedeva anche un sigaro ricevendone in risposta una scorta generosa…
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