di Michele Zazzi

Area archeologica di Volsinii Novi

Nella seconda metà del IV secolo Velzna o Velsna (in latino Volsinii) entrò in contrasto con Roma. L’odierna Orvieto unitamente ad altre città dell’Etruria interna (tra cui probabilmente Perugia, Cortona ed Arezzo) organizzarono una coalizione anti-romana con altri popoli quali i Sanniti, gli Umbri ed i Celti nel comune intento di mettere freno all’ascesa dell’Urbe. Lo scontro avvenne a Sentino nel 295 a.C. ma la coalizione subì una dura sconfitta. Nel 294 a.C. il console Lucio Postumio Megello devastò l’agro volsiniese. Velzna chiese ed ottenne una tregua quarantennale e dovette pagare ingenti risarcimenti. Nella successiva battaglia del Lago Vadimone del 283 a.C. i Romani vinsero ancora sconfiggendo una coalizione di Etruschi e Galli. Nel 280 a. C. si ha notizia di un trionfo del console Tiberio Coruncario sugli abitanti di Velzna: Orvieto era praticamente sotto il controllo romano.
Le sconfitte ebbero ripercussioni sul governo cittadino dell’aristocrazia volsiniese, che venne piano piano soppiantata dai ceti inferiori. Nella società del tempo infatti assunsero sempre maggior rilevanza gli artigiani, caratterizzati in misura significativa da individui provenienti dal mondo italico, gli strati plebei ed i servi.Le fonti (Zonara, Epitome Storica, VIII, 7, 4-8; Cassio Dione; Giovanni Antiocheno, fr. 50 Muller; Orosio, IV, 5, 5-3) riferiscono che gli aristocratici di Velzna in un primo momento avrebbero fatto alcune concessioni ai ceti inferiori coinvolgendoli nella direzione delle spedizioni militari e nell’amministrazione della città, limitatamente ad alcuni incarichi (accesso alle magistrature minori).

Donario di Marco Fulvio Flacco

Quest’ultimi con il tempo si sarebbero progressivamente impossessati del potere ricoprendo anche le più importanti cariche politiche. A tal fine avrebbero fatto ricorso alla violenza ed ai soprusi a danno della classe nobiliare (appropriandosi dei loro beni, sposandone le mogli e le figlie ed eliminando fisicamente gli esponenti della classe nobiliare o costringendoli all’esilio). Gli aristocratici nel tentativo di riprendere le redini della città inviarono di nascosto rappresentanti a Roma per chiedere l’aiuto del Senato (265 a.C.). Un Sannita venne a sapere del piano e lo rivelò ai nuovi governanti di Velzna. I componenti della delegazione volsiniese al ritorno furono catturati, torturati ed uccisi e la stessa sorte toccò ad altri aristocratici. I romani inviarono allora il console Quinto Fabio a Volsinii per punire i servi rivoltosi. Fabio sconfisse le truppe volsiniesi ma morì in battaglia. Successivamente nel 264 a.C. i Romani con Marco Fulvio Flacco assediarono Velzna e gli abitanti ridotti alla fame si arresero. Gli usurpatori furono messi a morte e gli aristocratici ed i servi loro rimasti fedeli furono trasferiti sulle rive del Lago di Bolsena (Volsinii Novi). Il saccheggio di Velzna avrebbe fruttato un bottino di 2000 statue in bronzo (Metrodoro di Scepsi).  L’evento fu celebrato dal console Marco Fulvio Flacco con due donari realizzati nell’area sacra di Sant’Omobono (rinvenuti nel 1961), nei quali si fa espresso riferimento alla presa della città “Volsinio capto o Volsiniis captis”. Dagli scavi sul pianoro della città sono emerse tracce degli incendi che scoppiarono durante l’assalto.
Roma quindi non si limitò ad accorrere in aiuto dei nobili che ne avevano richiesto l’intervento ma molto più incisivamente eliminò i rivoltosi e di fatto deportò il resto della popolazione sulle sponde del Lago di Bolsena.

Volsinii Novi, area archeologica

Tanta determinazione può essere spiegata con l’esigenza politico/strategica di Roma di infliggere una punizione esemplare onde evitare nell’imminente complicato confronto con Cartagine (proprio nel 264 a.C. ebbe inizio la prima guerra punica) di doversi trovare a fronteggiare contemporaneamente una rivolta etrusca (in questo senso Giuseppe M. Della Fina).
In merito occorre inoltre considerare che uno dei motivi del fallimento dell’impresa di Annibale nella penisola italiana nonostante le ripetute sconfitte arrecate ai Romani nel corso della seconda guerra punica (218 – 202 a.C.), fu proprio costituito dal mancato schieramento al suo fianco dei popoli italici già sottomessi da Roma.   

Indicazioni bibliografiche:

Sulla distruzione di Velzna da parte dei Romani cfr, tra l’altro, Storia di Orvieto – 1 Antichità a cura di Giuseppe M. Della Fina, Quattroemme, 2003, pagg. 143 – 145; Gli Etruschi, Bompiani, 2000, pagg.270 – 271; Pierluigi Romeo di Colloredo Mels, Le guerre etrusche 482 – 264 a.C., Soldiershop Publishing Storia, 2023, pagg. 121 e ss; Volsinio Capto 265-264 a cura di Giuseppe M. Della Fina, Palombi Editori, 2024.

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