da Guido Carocci, Firenze scomaparsa. Ricordi storico artistici, Firenze 1897

Le immagini di questo e degli altri articoli di “Firenze scomparsa” sono riprese dalle tele del pittore Fabio Borbottoni*
“Nel suo lungo e serpeggiante percorso attraverso alle fiorenti pianure ed ai colli ubertosi, rispecchia nelle sue acque i paesaggi più giocondi e più variati e le rive del maggior fiume della Toscana costituiscono un vero trionfo del bello e del pittoresco. Ma ciò che soprattutto ha dato una vera celebrità a queste rive è la passeggiata del Lungarno, così serenamente gaia, così superbamente elegante. Ed a questa bellezza resero tributo di lode e di ammirazione quanti letterati e poeti stranieri scrissero in altri tempi di Firenze, de’ suoi pregi, dei suoi costumi. Furono inni di entusiasmo e di meraviglia prodigati a larga mano a questa superba passeggiata, a questa via che irradiata dai riflessi del sole che dinanzi a lei va a nascondersi dietro la linea de’ poggi, passa mollemente fra il fiume ed una spalliera di palazzi e di case eleganti. E queste lodi non sono di data recente, né ispirate dagli ultimi abbellimenti e dalle aggiunte fatte sulle due rive del fiume.
Quel Lungarno che cinquanta o sessant’anni addietro era additato come una delle meraviglie d’Italia, che richiamava negli alberghi e nelle pensioni installate nelle case di Lungarno gli stranieri incantati da una situazione così felice, da una località così bella e pittoresca, quel Lungarno era in que’ tempi ben piccola e modesta cosa a confronto di quello presente. Il tratto principale andava dal Ponte Vecchio al Ponte alla Carraia, era molto più stretto e più irregolare e si fermava bruscamente dinanzi ad un muro e ad un portone corrispondenti nei giardini e nei prati detti della Vagaloggia.

Il Lungarno Corsini era la parte più elegante, più ricercata, quella che offriva un comodo e caldo luogo di ritrovo nelle belle giornate invernali. Tra il Ponte alle Grazie ed il portico degli Ufizi e dallo stesso ponte fino alla Piazza dei Cavalleggieri, il Lungarno aveva aspetto più modesto, più popolare ed offriva solo un gaio spettacolo di movimento prodottovi più che altro dall’agglomeramento delle officine di tintori che vi stavano fin da tempo immemorabile. In questo tratto di Lungarno erano diversi importanti palazzi. Fra il ponte a S. Trinita e la viuzza di Parioncino sorgevano quelli dei Gianfigliazzi e dei Gaetani. Il palazzo Corsini fu eretto sopra a case che furono dei Compagni, degli Ardinghelli, degli Altoviti, degli Scarampi. Più verso il ponte alla Carraia v’erano le case dei Lenzoni e degli Ambrogi e sulla piazza del ponte sorse alla fine del xv secolo il bel palazzo dei Ricasoli.

Di là d’Arno, il Lungarno Guicciardini acquistava un po’ di movimento nell’estate, perché non lo dardeggiavano i caldi raggi del sole e l’altro tratto fra il Ponte alla Carraia e le mura, era né più né meno che una via di campagna, dove imperavano i barocciai e i renaioli. Non era stato ancora aperto il Lungarno Nuovo, sebbene il progetto fosse nella mente di tutti, e in tutti apparisse come una necessità quella di collegare direttamente il Lungarno coi Viali stupendi del parco delle Cascine, e di tutti gli altri tratti di strada lungo il fiume non si parlava nemmeno di cosa lontana, precisamente come a questi lumi di luna nessuno pensa più a ricollegare il Lungarno Torrigiani con quello Guicciardini abbattendo un lato di case in Via de’ Bardi e in Borgo S. Jacopo, perché la spesa alla quale si andrebbe incontro sarebbe eccessiva. Non c’era allora una strada lunga parecchi chilometri, senza interruzioni, come oggi; ma bisogna tener conto che non v’era nemmeno quel movimento straordinario e vertiginoso di vetture che nella stagione fiorentina mantiene alla città nostra il carattere gaio ed animato d’una capitale. Oggi, nelle domeniche d’inverno e di primavera, migliaia di carrozze passano su due file come se si trattasse d’un corso, framezzo alla folla compatta e festosa, ed il giocondo spettacolo si estende dal Lungarno a’ Viali delle Cascine. Allora c’era la folla allegra, c’era il giocondo aspetto festivo, ma l’andirivieni delle carrozze era molto modesto in confronto di quello presente.

Ma…. lasciamo il presente che esce dal nostro programma e torniamo a ricostruire colla mente quel che è scomparso da varî anni, limitando le nostre ricerche sulle due rive del fiume a quel tratto compreso nel circuito della città. L’Arno che non aveva ne’ tempi antichi arginature troppo solide e troppo regolari, allargandosi straordinariamente ne’ piani di Rovezzano e di Varlungo, ristringeva il proprio letto a misura che si avvicinava a Firenze per cacciarsi poi in una specie di nodo angustissimo formato dalla base del colle detto de’Magnoli e il castello d’Altafronte e che aveva poi il minimo della sua larghezza al Ponte Vecchio. In questa irregolarità del proprio corso, in questa specie di strozzamento che le acque del fiume dovevano subire, è da ricercarsi senza dubbio la causa dei danni infiniti che le alluvioni produssero alla città con rovina di ponti, di sponde, di mulini e di fabbriche poste lungo le rive, danni che più e più volte assunsero in tempi ormai lontani le proporzioni di disastri. L’Arno che poteva in tempi di guerre e di scorrerie servire di passaggio a’nemici per introdursi in città, non era stato lasciato privo di opere di militare difesa.
Ne’tempi antichi, allo sbocco de’ fossati delle mura ergevasi colla sua massa grandiosa, colle sue quattro torricelle il castello d’Altafronte che più tardi coll’ingrandimento della città cambiò la sua destinazione militare con quella di civile dimora della famiglia Castellani. Colla costruzione delle nuove mura si rinnovarono anche tutte le opere di difesa per chiudere il passaggio per mezzo del fiume ed oltre alle torri di guardia si costruirono delle vere e proprie porte, munite quasi come quelle della città, dinanzi agli scali che mettevano nel letto del fiume.

La torre Reale che era l’estremo punto di difesa, si collegava poi con una serie di torri minori chiamate le Torricelle che sporgevano lungo il fiume dietro la via che guidava alla Porta della Giustizia e che si disse appunto delle Torricelle. Dal lato opposto del fiume, l’alta e superba torre della porta S. Niccolò formava il punto di difesa insieme alle mura sporgenti e munite di torricelle che racchiudevano l’edifizio delle mulina. Le opere di difesa militare riunite particolarmente lungo questo primo tratto del fiume, perché era questo il lato più accessibile, dato il favore della corrente, sussistevano in alcuni punti fino a’nostri tempi e tanto la parte tergale di Via delle Torricelle, quanto il gruppo di fabbricati attorno alla Porta S. Niccolò serbarono fino all’epoca delle ultime demolizioni i grandiosi resti delle massiccie torri e delle alte mura merlate. Nel resto del corso del fiume attraverso la città la porticciola dei Tiratoi, la porticciola detta delle mulina d’Ognissanti ed il muraglione che fiancheggiava dalla parte di S. Frediano la pescaia d’Ognissanti, erano pure avanzi delle opere di militare difesa, inalzate nei tempi procellosi delle fazioni.”
*Fabio Borbottoni (1820-1902), paesaggidta fiorentino celebre per la rappresentazione di scenari e vedute dell’antica Firenze.
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