di Salvina Pizzuoli

Pasta pane pizza sembra non abbiano ormai una precisa connotazione geografica; oggi sono talmente diffusi nei quattro continenti che pare ci siano nati. Ma la storia, quella che viene definita micro perché legata non a grandi avvenimenti ma alla vita di tutti i giorni, ce la racconta diversamente.

Preparazione della pasta nel medioevo

E iniziamo dalla pasta: la prima distinzione da fare è tra pasta fresca e pasta secca; la prima ha origini lontane, mentre la seconda risale al medioevo. Le origini della pasta fresca vengono fatte risalire all’antica Grecia dove esisteva una sfoglia tagliata a larghe strisce detta laganon che anche i Romani conoscevano, il laganum, una sottile foglia di pasta che veniva arrostita o fritta. Si ritiene che il termine lasagna derivi da questo tipo di sfoglia. La pasta secca invece risalirebbe secondo alcuni studiosi al medioevo arabo-musulmano; se molti non concordano con l’origine araba della pasta secca, sono molti a condividere che ne siano stati i diffusori. Il geografo arabo Al Idrisi (1099-1164 circa) nel suo libro “Lo svago per chi ama percorrere le regioni” del 1154 parla di un particolare cibo di farina a forma di fili” fabbricato a Trabia non lontano da Palermo. Nella Sicilia normanna esisteva quindi la tradizione di un impasto a forma di fili seccati al sole; nel XIII secolo è documentata la produzione in Liguria di pasta secca. Ma è nel ‘600 a Napoli che la pasta entra davvero a far parte della tradizione della cucina italiana tanto che ciò porterà nell’Ottocento a industrializzarne la produzione in tutta la costa napoletana; da qui l’associazione Napoli e maccheroni era inevitabile*

Antico forno per il pane in Egitto
Panificatori nell’antico Egitto

Per il pane sembra accertato che i primi panificatori fossero stati gli egiziani ai quali si deve non solo la costruzione di speciali forni a cupola che permettevano una cottura a temperature elevate, ma soprattutto la scoperta della lievitazione naturale. I Greci, soprattutto per la loro vicinanza e i continui interscambi con l’Egitto che fece loro conoscere l’uso del lievito, migliorarono notevolmente l’opera di panificazione non solo per l’uso di ingredienti aggiuntivi, come aromi e spezie, ma anche nella costruzione dei forni. I Romani invece conobbero l’arte della panificazione successivamente, ma divennero i più raffinati panificatori. Fino ad allora i romani avevano consumato i cereali prevalentemente sotto forma di pappa o purea chiamata puls, una sorta di polenta ottenuta con i grani di farro schiacciati e poi bolliti in acqua e sale. Il primo frumento usato per fare il pane fu infatti il farro o spelta. Una storia della quale rimane traccia nei nomi: in Veneto ad esempio con il termine dialettale pistor intende il fornaio*.

Fornaio, mosaico romano

E la pizza? La sua storia è molto dibattuta così come le sue origini. Ma tra le varie ipotesi voglio citare quella che mi convince di più: l’Eneide ci ricorda che il pio Enea usava come contenitore per le pietanze dischi di farinata di farro essiccato. un pane non lievitato e duro che veniva usato come piatto: la mensa che con la sua rudimentale superficie di pasta cotta fungeva da base e sulla quale venivano sistemate le vivande sugose che la impregnavano; il pio Enea la mangiò per fame, come gli era stato profetizzato. Virgilio nell’Eneide fa dire a Iulo, il figlio di Enea, sottolineando la fame che li attanagliava: Ahi, mangiamo anche le mense? (heus, etiam mensas consumimus? inquit Iulus […] Virgilio Eneide, libro 7, vv. 107-115)

E se la pizza fosse nata proprio diventando da contenitore di vivande un tutt’uno con le vivande medesime? Una cosa è comunque certa quella che noi oggi chiamiamo pizza in modo generico, fa riferimento a quella napoletana.


* da Salvina Pizzuoli “Quattro donne e una cucina”

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