di Salvina Pizzuoli


Siamo davanti all’imponente arco sotto il quale s’apriva l’antica Porta San Miniato, l’unica senza torre e munita di un camminamento per il giro di ronda, la cui scala d’accesso è ancora ben visibile a sinistra. Di aspetto trecentesco presenta sulla facciata archetti ciechi pensili in laterizio. Passati sotto l’arco giriamo immediatamente a destra per iniziare la nostra salita lungo via di Belvedere fino al Forte omonimo o di San Giorgio, costeggiando le antiche mura, alte e strette e intervallate da torri quadrate, facenti parte originariamente della seconda cerchia e successivamente incorporate nella terza, quella trecentesca o arnolfiana. La salita è ripida e corre tra le mura e i contrafforti a destra, lato in cui si aprono alcuni spazi erbosi e a olivi, e muri che costeggiano la strada a sinistra.


Al termine dell’erta si apre davanti al visitatore la duecentesca Porta San Giorgio facente parte della seconda cerchia. A sinistra della Porta il Forte di Belvedere costruito su progetto di Bernardo Buontalenti per il granduca Ferdinando: una fortificazione bastionata con la pianta a stella. Sopra la Porta un bassorilievo, in copia, di San Giorgio (1284), all’interno in alto, dentro l’arco sostenuto da capitelli duecenteschi, l’affresco di Bicci di Lorenzo con al centro la Madonna in trono tra San Giorgio e san Leonardo.


Scendiamo lungo costa san Giorgio che corre stretta tra palazzotti e il giardino di Villa Bardini, un parco grandioso da cui si gode una vista superba su Firenze e le colline che la cingono intorno. Lungo la strada lo sguardo del visitatore è attratto da una piastra marmorea e da una facciata istoriata che reca incisa una scritta non del tutto leggibile e dice che lì abitò Galileo Galilei al cui genio dovette piegarsi la maestà di Ferdinando II Medici.



Un po’ più a vanti a destra percorriamo via di costa Scarpuccia in fondo alla quale proseguiamo in via dei Bardi che ricorda nel toponimo il nome dell’antica famiglia di banchieri che raggiunse il culmine della fortuna e della fama nella seconda metà del XIII secolo. Una curiosità: nei toponimi indicati nella targa stradale, oltre alla dicitura Via dei Bardi ne troviamo anche una seconda che recita “Già Borgo Pidiglioso”: era questo in Oltrarno uno dei tre borghi che lo costituivano e che, come scriveva lo storico Repetti, era abitato da gente “più che di bassa mano” che non curava molto l’igiene personale (pidiglioso o pitiglioso, pidocchioso) e pertanto il toponimo. Giungiamo quindi al Palazzo de’ Mozzi di fronte al quale si apre la piazza omonima con a sinistra il Palazzo Torrigiani seicentesco e a destra palazzo Bardini ottocentesco, sede del Museo.


Di fronte a noi il Ponte alle Grazie, conosciuto anche come Ponte Rubaconte dal nome del podestà che pose la prima pietra nel 1237, che anche per ampliare la piazza de’ Mozzi vide diminuire le sue arcate che ammontavano in origine a nove.
Siamo alla fine del nostro “girellare” che concludiamo proseguendo sul lungarno Serristori con di fronte una nuova targa che, al di sopra di un portoncino, ricorda l’abitazione in Firenze del poeta Rainer Maria Rilke durante il suo soggiorno nel 1898.

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