di Salvina Pizzuoli

[…] fanno girare quel baston mobile: tal che quando bruciano rassimigliano a una ruota di foco propriamente: onde credo che da questi sia derivato quel nome che tali machine, di girandole, fu imposto
(da Vannoccio Biringucci “Pirotechina” cap X)

La tradizione dei “fochi” a Firenze è molto antica e si perde nel lontano medioevo: vari i documenti che da allora ne attestano la presenza nel tempo e i cambiamenti legati a nuove scoperte e alla creazione di “macchine di fochi lavorati” come si legge nelle pagine di Giorgio Vasari* che rammenta l’anno in cui la realizzazione della “Girandola” fu affidata a Niccolò di Raffaello del Riccio, detto il Tribolo, scultore e architetto nato a Firenze nel 1500 e, nelle stesse pagine,  cita un ingegnere senese, Vannoccio Sanese, autore di un testo in cui spiega come  “E perché delle varie maniere di tutti questi così fatti fuochi, e particolarmente de lavorati, tratta Vannoccio Sanese ed altri”: il testo in questione  si intitola Pirotechinia ed è datato 1540 e il capitolo che si sofferma sulle girandole è il X, intitolato “Modo d’adattar fuochi lavorati che anticamente girandole si chiamavano”. Ma siamo già un pezzo avanti nella storia dei fuochi, quando era già stata scoperta la polvere da sparo.

Procediamo in ordine di tempo.

In origine i fuochi festeggiavano il solstizio d’estate ed erano detti “fochi d’allegrezza”. Una festa pagana ai tempi in cui il santo patrono era ancora rappresentato sulla statua, forse del dio Marte, che stanziava nei pressi dell’Arno e che lo stesso fiume, premonitore o chiaroveggente, portò via con la furia delle sue acque durante la terribile aluvione del 1333.

Giovanni Stradano, i falò e i fuochi pirotecnici in Piazza della Signoria(1558)

Un documento che raffigura gli antichi fuochi è rappresentato dall’affresco di Giovanni Stradano che si può ammirare in Palazzo Vecchio datato 1558. La lettura dell’immagine ci dice che siamo in Piazza della Signoria, nella sua pavimentazione originaria, illuminata dal fuoco delle fascine di saggina, mentre la Loggia dell’Orcagna e sugli spalti di Palazzo Vecchio, come tutto intorno alla grande piazza ardevano braceri presumibilmente di sego. E non solo in piazza della Signoria, ma anche in piazza Duomo e sopra le Porte cittadine, la città era illuminata alla luce dei fuochi che avrebbero arso per tutta la notte, ma il fenomeno si estendeva anche alle campagne con la medesima situazione.
Questa tradizione venne abbandonata quando con la scoperta della polvere da sparo e al posto dei fuochi nacquero opere d’ingegneria: i falò furono sostituiti dai ‘fochi’ artificiali, per lo più monocromatici, di colore bianco

Vasari, Giorgio: Capricci e aneddoti di artisti. Firenze : G. Barbèra, editore, 1867. Zentralbibliothek Zürich, CFM K 841, https://doi.org/10.3931/e-rara-139908 / Public Domain Mark

Tra i fuochi artificiali detti fuochi lavorati, le girandole in cui vari furono gli architetti-ingegneri a cimentarsi: come anticipato il Vasari ci propone la girandola del Tribolo che descrive in vari passaggi, non sempre chiarissimi e che in parte riproponiamo per capirne l’architettura e il funzionamento

Perchè era costume della città di Fiorenza fare quasi ogni anno per la festa di San Giovanni Battista in sulla piazza principale, la sera di notte una girandola, cioè una machina piena di trombe di fuoco e di razzi ed altri fuochi lavorati; la quale girandola aveva ora forma di tempio, ora di nave, ora di scogli, e talora d’una città o d’uno  inferno, come più piaceva all’inventore; fu dato cura un anno di farne una al Tribolo, il quale la fece, come di sotto si dirà, bellissima.[…]  il tutto adunque si fa di legname con spazi larghi che spuntino in fuori da piè, acciò che i raggi, quando hanno avuto fuoco, non accendano gli altri, ma si alzino mediante le distanze a poco a poco del pari, e. secondando l’un l’altro, empiano il cielo del fuoco che è nelle grillande da sommo e da piè; si vanno, dico, spartendo larghi, accio non abrucino a un tratto, e faccino bella vista. Il medesimo fanno gli scoppi, i quali stando legati a quelle parti ferme della girandola, fanno bellissime gazzarre.[…] tutta l’opera è guidata da un semplice stoppino, che bagnato in polvere piena di solfo ed acquavita, a poco a poco camina ai luoghi dove egli ha di mano in mano a dar fuoco, tanto che abbia fatto tutto.[…] datane cura al Tribolo, egli con quella virtù ed ingegno che aveva l’altre cose fatto, ne fece una in forma di tempio a otto facce bellissimo, alta tutta con gli ornamenti venti braccia; il qual tempio egli finse che fusse quello della Pace e tutte altre figure, che facevano essere quella macchina bellissima, erano di cartoni, terra, e panni incollati, acconci con arte grandissima; erano, dico, di cotali materie, acciò l’opera tutta fusse leggieri, dovendo essere da un canapo doppio che traversava la piazza in alto sostenuta per molto spazio alta da terra”

Nonostante la maestria però questa girandola del Tribolo non bruciò lentamente, come avrebbe dovuto, ma “ella si accese tutta a un tratto, ed abbruciò in un baleno, dove aveva a durare ad ardere un’ora al meno; e che fu peggio, attaccatosi fuoco al legname ed a quello che dovea conservarsi, si abbruciarono i canapi ed ogni altra cosa a un tratto, con danno non piccolo e poco piacere de’ popoli. Ma quanto appartiene all’opera, ella fu la più bella che altra girandola la quale insino a quel tempo fusse stata fatta giammai”.
Più famose e portentose le gitrandole del Buontalenti tanto da meritargli il soprannome di “Bernardo delle girandole”, ma siamo già ai tempi del primo granduca di Firenze, Cosimo I. Fu infatti con i Medici che la Festa crebbe in solennità con vere e proprie opere di ingegneria.

Giovanni Signorini Firenze I fuochi di San Giovanni, 1843 Palazzo Pitti Galleria d’arte moderna (Foto originale) I fuochi furono trasferiti da Piazza della Signoria al Ponte alla Carraia

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