Pubblichiamo a puntate la storia di Poppi a cura di Giovanni Caselli
“…Uomini d’arme, nemici delle borghesie cittadine e della nuova morale del guadagno e del risparmio…”
(Giovanni Cherubini)

Il primo atto dei Guidi come protagonisti di oltre 300 anni di storia casentinese, è la fondazione del monastero di San Felice a Strumi.
Il primo Guidi della storia è un longobardo di nome Tetgrimus (Teudegrimo o Tegrimo in italiano), descritto come fidele et compatri da Ugo I re d’Italia in un diploma del 23 luglio 927 in cui il sovrano gli concede il monastero regale di San Salvatore di Alina, nel pistoiese. Lo ritroviamo più tardi col titolo non ereditario di Comes Tuscie (Conte di Tuscia). Il matrimonio di Tetgrimus con Engelrada (si pronuncia Enghelrada) la figlia del Duca di Ravenna, fu cruciale nello spostare gli interessi del longobardo più ad oriente. Engelrada gli portò in dote la curtis di Modigliana e quindi lo condusse ad occuparsi dell’alta Romagna, quella dei pascoli che gravitavano sul Mar Tirreno in virtù delle transumanze delle pecore. Questo ultimo particolare, fondamentale per comprendere il senso economico del futuro territorio dei Guidi, pare essere sfuggito anche ai più attenti analisti.
Quando nasce Wido (si pronuncia Vido) il primo figlio di Tetgrimus e di Engelrada, Ugo di Toscana gli fa da padrino di battesimo ed i suoi auspici gli portano buoni frutti. Wido divenne forse conte di Pistoia, mentre il fratello Ranieri non riuscì a strappare una simile posizione alla Chiesa di Ravenna, tuttavia la Romagna era ormai entrata nella sfera di interessi della famiglia.

Fra il 980 e il 990, Tetgrimus II, nipote del primo, fonda un’abbazia in Casentino, sulle rovine di un edificio romano del I secolo a.C., presso l’Arno in un luogo detto Strumi (per la somiglianza del poggio ad un porro) da dove una strada che portava ai mansi di Loscove e Quorle, si immetteva nell’antica via romana collegante le pievi di Arcèna, Buiano, Vado, Romena e Stia.
Questa abbazia doveva in seguito diventare il santuario di famiglia, godendo di ricche donazioni e acquistando gran prestigio.
Gisla (pronuncia Ghisla), la moglie di Tetgrimus II, figlia del Marchese Ubaldo di Toscana, dona a Strumi vaste tenute di proprietà pubblica che di lì a poco dovranno costituire la base territoriale del potere guidingo in Casentino. I discendenti di Tetgrimus II saranno a lungo tutti maschi e il patrimonio si trasmetterà in linea diretta a un Wido Werre, soprannominato Guido Guerra che nel 1100 la Marchesa Matilde di Canossa preferirà fra i suoi più fedeli seguaci adottandolo affinché egli erediti da lei il titolo di Marchese di Toscana.
Tuttavia l’Imperatore si terrà il diritto di nominare egli stesso i marchesi di Toscana e così Guido Guerra dovrà accontentarsi di rimanere Conte.
Fu a causa di matrimoni e per consolidare il potere in Casentino che Guido, fino ad ora proprietario di Strumi e del Castello che sorgeva su Poggio Pagano, acquisì Romena ed edificò Porciano, Battifolle e Montemignaio. A questo punto, con l’espandersi del potere e con le pressioni esercitate sulla società comitale dalle borghesie cittadine, Guido decide di trovare una sede più consona alle ambizioni della famiglia e al controllo del suo domino.
L’ascesa dal porro alla poppa
“Di Poppi essi dire’mirabil cose Però che nutrisscie tutto‘l Casentino Cholle sue poppe tanto doviziose
Questo è abondante di carne e de vino.”
R. Greggi “Attraverso il Casentino”
Occorreva, anche dal punto di vista strategico, che la famiglia di Guido Guerra scegliesse una sede più adatta da dove meglio controllare i propri domini in espansione.
Se Strumi si trovava fino ad ora in una posizione ideale, con l’acquisizione di nuovi possessi non sarà più così. Volgendo allora lo sguardo verso Bibbiena e i territori dei temibili Vescovi Tarlati, Guido Guerra pensa di compiere un salto di qualità, quello di passare dal porro alla poppa.
Là di fronte, fra Strumi e la temuta Bibbiena si elevava una collina che pareva una mammella, la poppa, appunto, di Madre Terra, dove ai margini di un vasto prato, il Pratello, si vedevano ancora avvolte nei rovi e nell’edera, le rovine di poderose mura etrusche all’interno delle quali vivevano alcune famiglie di servi forse raccolti in povere capanne attorno alla chiesa di San Lorenzo.
Il poggio detto ora Puppio ora Pupli, domina in effetti tutta la vallata e da lassù ben si osserva l’allineamento Porciano, Romena, pieve di Buiano e Bibbiena dei Tarlati.
Nel 1169 troviamo infatti nei documenti che dal castello di Poppi, Giovanni e Forteguerra Guidi si impegnano a difendere i beni dell’abbazia di San Fedele di Strumi che da lì a poco, nel 1172, trasferirà la sua sede a Poppi. Essendo Poppi, che domina la valle, divenuta residenza principale dei Guidi in Casentino, il Conte Guido Guerra III dà il via ad una serie di episodi di bullismo mirati ad affermare la sua supremazia intimidendo gli avversari.

Questo Guido si spinge fino a “proteggere” l’abbazia di Capolona, assoggettando poi i castelli di Fronzola e di Quota, vicini a Poppi.
Scendendo verso il Teggina, si impadronisce quindi di Risecco, Vanna, Ortignano e Raggiolo. Sulle vie per Camaldoli si impossessa di Lonnano e Moggiona, assediando beffardamente Camaldoli con un esercito di prostitute e di attori ed infine razzia le greggi dei monaci. Il castello di Poppi e la nuova abbazia di San Fedele vengono eretti simultaneamente per volere di Guido Guerra III, che edifica la residenza comitale presso la torre dei Diavoli, mentre in luogo del castello attuale erige una sola torre di guardia accanto alla porta d’accesso risalente dal guado sull’Arno. Crescono presto delle case lungo il sentiero che dalla sommità del Pratello porta alla nuova abbazia.
Le pievi romaniche che circondano il Pratomagno, furono erette o ristrutturate al tempo di Guido Guerra III ed è del tutto plausibile che ciò sia avvenuto per iniziativa di Guido che intendeva lanciare un segnale esplicito all’intera popolazione del Casentino e del Valdarno.
Il matrimonio in seconde nozze di Guido con la bella Gualdrada, figlia del borghese fiorentino Uberto dei Ravignani, nel 1176, è il primo segnale dell’emergere di una nuova nobiltà, quella delle città popolate da genti di origini eterogenee e principalmente giudeo levantine.
È questo un segno del cresciuto potere della classe mercantile e solo l’inizio della sua graduale ma inesorabile presa di possesso del territorio diocesano come territorio della polis, la città-stato.
Gualdrada diede a Guido ben cinque figli ed è con essi che inizia lo sbriciolamento dei beni della famiglia. I rami dei quali i figli di Guido Guerra III furono capostipiti, saranno funestati da litigi e guerre intestine che alla fine disgregheranno la potenza dei conti. Tuttavia i cinque fratelli terranno unita la contea fino al 1225, undici anno dopo la morte del padre, poi i beni verranno divisi in quote eguali ognuna delle quali avrà possessi in Casentino in Romagna nel Valdarno e in Val di Sieve, il che dimostra che tale divisione era frutto non della ragione ma di picche e ripicche.
Marco Bicchierai, nella sua splendida tesi Poppi dalla signoria dei conti Guidi al vicariato del Casentino (1360-1480), alla quale profusamente attingo, pubblica un inventario dei beni lasciati da Guido Guerra ai figli che ci apre una finestra su quel mondo di solito così aridamente descritto, poiché mai interpretato culturalmente e umanamente, dagli storici e dagli archeologi.
Scodelle, salsiere, calici, acquamanili con bacili decorati con pesci dorati, boccali da vino ornati con tralci di vite, fiasconi decorati con l’aquila imperiale. Se si aggiungono a questi elementi informazioni provenienti da inventari trecenteschi di Dovadola, dove si annoverano fra i beni barili di acqua di rose e vino o sciroppo di melagrane, tenendo presente che la prima volta che il gioco degli scacchi è menzionato in occidente è nel castello dei Guidi di Battifolle, il quadro è presto fatto.

Da San Martino a Vado la rocca e la torre con l’orologio di Castel San Niccolò
Tutto ciò rivela una cultura che ha la sua sola possibile origine nell’Iran orientale e che è giunta su un humus culturale iranico da Bisanzio e mediante contatti con l’Islam in Sicilia, Provenza e in Spagna.
Gli ultimi discendenti degli antichi cavalieri delle steppe si trovano ad essere fagocitati dalla civiltà urbana ed ha quindi luogo quel sincretismo culturale che porterà in pieno XV secolo alla nascita di una nazione italiana, sia pur priva di confini precisi. Nel XIII secolo i Guidi si troveranno coinvolti ora come podestà, ora come condottieri di eserciti comunali per tutta la Toscana, mentre i loro domini verranno pian piano incorporati nei territori di questo o quel comune.
Durante la seconda metà del XIII secolo il castello di Poppi muta aspetto ed è ampiamente ricostruito per sopperire a nuove esigenze, il castello doveva diventare ora sede del potere signorile, un concetto di potere del tutto cittadino.
La maestosa sede della signoria di Guido Novello e Simone Guidi, si trovava al centro di una serie di villaggi dei quali è polo urbano, mercantile economico amministrativo e militare.
*Wido, nome germanico corrispondente a Guido forse derivato da widu- (“legno”, “bosco”) oppure da wida- (“ampio”, “disteso”) [n.d.r.]
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