di Alessandro Ferrini

Il periodo turbolento tra gli ultimi decenni del XVIII secolo e i primi del XIX, che attraversò l’Europa dalla Rivoluzione Francese (1789) all’espansionismo napoleonico (1796 – 1814) e infine al Congresso di Vienna (1815), coinvolse anche il Granducato di Toscana governato dai Lorena dal 1737.
Dopo l’arrivo dei francesi a l’abdicazione del granduca Ferdinano nel1799 il governo della Toscana fu affidato alla casata dei Borbone di Parma fino al 1807 quando passò direttamente in mano francese. Il 10 dicembre di quell’anno entrava a Firenze un primo reparto agli ordini del generale Reille. Di lì a breve si arrivò alla riorganizzazione amministrativa e alla formale annessione all’Impero, ratificata con il Senatus Consulte Organique del 24 maggio 1808. Divenuta una provincia dell’Impero la Toscana fu governata prima da una giunta presieduta dal generale Menout finché, nel 1809, fu affidata a Elisa Bonaparte. Con l’annessione all’Impero la Toscana ereditò le strutture amministrative francesi, fu divisa in tre dipartimenti, quello dell’Arno, del Mediterraneo e dell’Ombrone, e venne stabilita la leva militare obbligatoria. Venne per questo creata la Division militaire de la Toscane, denominata successivamente 29a Divisione militare, che fu posta agli ordini d’un generale di divisione con sede a Firenze.


Reparti di fanteria rappresentati in stampe fiorentine dell’epoca
Difficile accertare il numero esatto di quanti furono obbligati ad arruolarsi nell’Armée dal 1808 al 1814, “perché già militari al momento dell’annessione, per chiamata di leva o come volontari, ma il contingente di cui la Francia usufruì si può con una certa sicurezza stimare tra un minimo di 20.000 e un massimo di 24.000 uomini, in maggior parte giovani coscritti. Iniziò quindi per molte migliaia di ragazzi toscani un periodo tragico e denso di avvenimenti bellici”.
Troviamo reparti toscani impiegati nelle più celebri battaglie o come reparti autonomi o inseriti nelle fila dell’esercito napoleonico, da Salamanca alla campagna di Russia, a Lipsia e infine a Wareloo (15 giugno 1815).
Proprio in relazione a questi avvenimenti il poeta e cantastorie Anton Francesco Menchi compose il testo del Canto dei coscritti, che rimase a lungo presente nella tradizione, toscana prima ed italiana poi, sulla cui musica verrà successivamente composto il testo di Maremma amara.
Partire partirò, partir bisogna
dove comanderà nostro sovrano,
chi prenderà la strada di Bologna
e chi anderà a Parigi e chi
a Milano.
Se tal partenza, cara,
ti sembra amara, non lacrimare,
vado alla guerra e spero di
tornare.
Quando saremo giunti all’Abetone
riposeremo la nostra bandiera
e quando si udirà forte il cannone
addio, Gigina cara, bonasera.
Ah, che partenza amara,
Gigina cara, mi convien fare,
sono coscritto e mi convien
marciare.
Di Francia e di Germania son
venuti
a prenderci per forza a militare,
però allor quando ci sarem battuti
molti, mia cara, speran di tornare.
Ah, che partenza amara
Gigina cara, Gigina bella
di me non avrai forse più novella.
Celebri le interpretazioni di Caterina Bueno e di Riccardo Marasco.