di Guglielmo Evangelista

Capraia (XVII secolo)

La Capraia è un’isola abbastanza singolare, sia per la sua posizione geografica che per la sua storia. Antico rifugio di monaci come ricorda Rutilio Namaziano nel V secolo (1), è situata in pieno mar Tirreno, ma la terra più vicina è la Corsica e non la Toscana né l’Italia e, come in Corsica, in tempi lontani vide alternarsi l’influenza pisana e quella genovese che, specialmente dopo la battaglia della Meloria nel 1284, finì poi per prevalere e dopo  essere stata posseduta da vari feudatari e dal Banco di San Giorgio,  fu definitivamente annessa alla Repubblica nel 1562.
Genova cedette la Corsica alla Francia nel 1769: l’isola restò genovese ma per alcuni anni fra il 1783 e il 1787 fu occupata dai francesi; tornò poi a far parte dell’agonizzante Repubblica  aristocratica e ovviamente fu ancora francese dopo l’annessione di Genova all’Impero napoleonico. Furono vicende non poco travagliate per uno scoglio poco produttivo e con una scarsa e povera popolazione, ma quello che lo rendeva importante era la sua posizione strategica per la navigazione sia sotto l’aspetto commerciale che militare: era infatti un comodo punto d’appoggio sulle rotte fra la Liguria, la Toscana e la Sardegna che poteva sia fornire riparo e rifornimenti alle fragili imbarcazioni mercantili dell’epoca, sia controllare quanto avveniva in un ampio specchio di mare percorso da un intenso traffico di cabotaggio e sorvegliare le mosse dei corsari degli stati nordafricani, attivissimi fino all’inizio del XIX secolo.
Durante il periodo dell’esilio di Napoleone l’isola non fu inglobata  nel suo piccolo principato dell’Elba perché  il congresso di Vienna, ripristinando la situazione precedente alla rivoluzione francese, ne decise la restituzione al precedente padrone, cioè a Genova e, con la città, seguì la sorte della Liguria che nel frattempo era stata assegnata al Regno di Sardegna.

Le isole dell’Arcipelago (1847)

E da qui prende le mosse la nostra storia.

*  *  *

Sia per la sua strategica posizione geografica che per l’atavica ostilità contro Genova, in Corsica non piacque affatto che l’isola tornasse un avamposto ligure tanto che, ritiratosi il presidio delle truppe imperiali, questo fu sostituito dai soldati di Luigi XVIII. Cambiò la bandiera ma le intenzioni restarono le stesse: la Capraia doveva essere francese.

Il governo piemontese tentò infruttuosamente la via diplomatica senza ottenere nulla: forse in Francia si  sperava che, tergiversando, alle lunghe fosse riconosciuto lo stato di fatto,  ma alla fine bisognò sottostare a quanto deciso dal Congresso di Vienna e, di conseguenza, doveva essere il Piemonte a esercitarvi la sua sovranità.

La cosa tuttavia non si presentava molto facile. E’ vero che le truppe francesi avevano abbandonato l’isola, ma vi era rimasto il loro comandante e si era costituito – non sappiamo quanto spontaneamente – un presidio formato da non meglio identificati “avventurieri corsi” intenzionati a sfruttare il più possibile quel vuoto di potere e ad ammantarsi di patriottismo filofrancese per fare i propri poco chiari interessi, presumibilmente legati al contrabbando.

Con queste premesse, anche se vista sulla carta l’occupazione della Capraia si prospettava più un’operazione di polizia che militare,  per il regno di Sardegna, uscito stremato dalle guerra napoleoniche, con un esercito tutto da riorganizzare e una forza navale debolissima, l’impegno che si doveva assumere non era da poco.

Il castello si San Giorgio (Da Wikipedia, foto Luca Aless)

Dopo una cauta ricognizione effettuata nell’agosto 1815,  si pose mano all’organizzazione della spedizione che impose all’intera flotta da guerra di prendere il mare: intervennero  le mezze galere Beatrice, Liguria e Falco (2) e il bovo Veloce (che il suo comandante definì nella sua relazione “veloce  di nome ma non di fatto”)(3). Poiché non c’era altro di disponibile, bisognò noleggiare per il trasporto della truppa da sbarco i due mercantili  Maria Teresa e Vergine della Misericordia.

La mezza galera Beatrice

La squadretta fu posta al comando del Tenente di Vascello Francesco Sivori, un esperto ex ufficiale napoleonico che, come molti altri, era stato ammesso nella marina sarda badando più alla professionalità e al valore dimostrati nelle esperienze pregresse che agli ormai raffreddati entusiasmi politici; fra i giovani ufficiali imbarcati c’erano Giuseppe Albini che più di trent’anni dopo sarebbe stato l’indeciso e discusso comandante della flotta piemontese durante la prima guerra di indipendenza e Giorgio Mameli, che sarebbe diventato padre del più celebre Goffredo.
Le navi partirono da Genova il 16 settembre ma temporeggiarono a lungo portandosi ora a Livorno ora a La Spezia perché si trovava nel Tirreno settentrionale un grosso nucleo di imbarcazioni corsare tunisine che era meglio evitare perché troppo forti per la modesta compagine genovese  .
Solo il 7 novembre le navi poterono arrivare alla Capraia dove ricevettero la notizia che il giorno precedente, ancora prima che fossero in vista, il comandante francese era partito ma gli “avventurieri” corsi erano rimasti e si erano trincerati nel  vecchio castello costruito dai genovesi nel XVI secolo sulle fondamenta di un fortino medievale pisano.
Se descrivere la situazione della Capraia fra impero e restaurazione ha richiesto parecchio spazio, lo svolgimento dell’occupazione ne richiede molto meno, perché l’azione fu rapida e incruenta.
Il giorno successivo all’arrivo il Sivori fece sbarcare la truppa (130 artiglieri di marina con 7 cannoni al comando del capitano Bruneri) in due luoghi diversi lontano dall’abitato, operazione che denota una buona esperienza marinaresca e militare mancando lungo tutta la costa buoni punti di approdo come già avevano sperimentato sulla propria pelle genovesi e francesi in varie occasioni.  Mentre queste marciavano per il terreno impervio verso il centro abitato le navi vi si avvicinarono via mare e iniziarono a cannoneggiare il castello che rispose con qualche colpo svogliato: nessuno lamentò danni perché i piemontesi intendevano compiere solo un’azione dimostrativa che fu svolta tenendosi a debita distanza.
Tuttavia tanto bastò perché il castello fu presto sgombrato dai suoi occupanti  che si imbarcarono in fretta per la Corsica e la spedizione poté considerarsi conclusa con successo. Il bovo Veloce fu poi lasciato di stazione nell’isola dove fu istituita una milizia guardacoste di 50 uomini per evitare altri indesiderati arrivi.

Il bovo Veloce

* * *

Sotto il Regno di Sardegna  il porto della Capraia fu classificato di 4^ classe con un Capitano del porto, incarico che ricoprì per primo un Sarzana, membro di una famiglia che sembra avere avuto un certo rilievo e i cui componenti ebbero diversi ruoli nell’amministrazione marittima e pubblica dell’isola sia sotto la sovranità sarda che la successiva italiana.
Furono istituiti due Vice-consolati, di Francia e del Regno delle due Sicilie per sbrigare gli affari commerciali dei due paesi, le cui navi frequentavano assiduamente il suo porto anche se questi traffici non  fermarono la decadenza dell’isola tanto che a metà del XIX secolo contava 748 abitanti ma le case sparse nel territorio erano ben 1200,  quindi in buona parte vuote.
I piemontesi, ben decisi ad evitare il ripetersi di pretestuose occupazioni, fino all’unità d’Italia ne fecero un’isola in qualche modo fortificata: restaurarono le tre torri genovesi e il castello nel quale fu alloggiato un distaccamento del Battaglione Real Navi (4). Il suo comandante fu sempre un ufficiale superiore che aveva il titolo di Comandante dell’isola.

La  storia della piccola Capraia, tanto ricca e particolare, fu in qualche modo cancellata quando nel 1925 fu separata dalla provincia di Genova e aggregata a quella di Livorno.

NOTE

  1. De reditu, I, 444-449
  2. La mezza galera era una nave a remi più piccola e maneggevole delle galere tradizionali; nel XIX secolo i rematori non erano più schiavi, ma membri dell’equipaggio o, al massimo, condannati ai lavori forzati.
  3. Il bovo era una piccola nave mercantile dall’aspetto goffo, ma con una capacità di carico proporzionalmente molto elevata.
  4. Il Battaglione Real Navi era un corpo specializzato di fanteria di marina.

BIBLIOGRAFIA

Giuseppe Albini: “Guida del navigante nel littorale della Liguria” Tip. del R. Istituto de’sordo-muti. Genova 1855
Gian Vincenzo Belli : “L’occupazione dell’isola di Capraia in  https://lamaddalena.info/
Alete Clonini: “L’isola di Capraia: impressioni di viaggio e cenni storici” Cappelli, Pisa 1891
Giuseppe Gonni “Nel centenario della spedizione Navale di Tripoli” In “Il comune di Genova-Rivista Municipale” Giugno 1925.
N.N.: “Calendario Generale pe’ Regi Stati”. Pomba, Torino anni vari.
Carlo Randaccio: “Storia delle Marine militari italiane dal 1750 al 1860”. Forzani & C.,  Roma 1886
Sante Romiti: “Le Marine militari italiane nel Risorgimento”. Italgraf, Roma 1950
Guglielmo Stefani: “Dizionario corografico-universale dell’Italia” Civelli, Milano 1854

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