da: Guido Carocci, I dintorni di Firenze, Galletti e Cocci 1907

Barriera daziaria di San Niccolò

“La Barriera, eretta in sostituzione della vecchia porta di S. Niccolò, che nell’ampliamento di Firenze oltrarno rimase chiusa dentro la cinta daziaria, è posta di fianco al Ponte di Ferro in mezzo ad un piazzale dove fan capo numerose ed importanti strade. Sono le vie che in vario senso attraversano i vasti piani e percorrono le colline e i monti del Comune di Bagno a Ripoli, uno dei più importanti e più popolosi fra quelli che circondano il ristretto territorio comunale di Firenze. Due specialmente di coteste strade, la Via Aretina per S. Donato e la Via Chiantigiana sono fra le più antiche della Toscana e fra le arterie principali del transito e del movimento commerciale che da campagne ricche di prodotti del suolo, d’industrie e di popolazione si volgono verso la città. Fuori della Barriera di S. Niccolò, prima del 1864, non erano che delle case sparse ed un modesto villaggio aggruppato attorno alla chiesa parrocchiale di Ricorboli, mentre attualmente un nuovo e popoloso quartiere, attraversato da numerose e comode strade tracciate a poco alla volta in mezzo ai campi ed agli orti, si distende per un buon tratto della pianura e de’ colli vicini accrescendosi di continuo di nuove abitazioni, di palazzetti, e di villini.


È il sobborgo generalmente conosciuto coi nomi di Ricorboli o la Colonna. Un modesto corso d’acqua, chiamato in antico il Rio Corbulo, che dai colli di Montici reca all’Arno il tributo delle sue acque, dette origine al nome di Ricorboli; una colonna o, per esser più proprj un pilastro a tre facce che sosteneva i cartelli che indicavano la direzione della Via Aretina e della strada di Villamagna, dette motivo all’altro nome che dal modesto bivio dove l’indicatore sorgeva un giorno, si è esteso a tutto quel nuovo quartiere sorto in molta parte in quel breve e febbrilmente operoso periodo di tempo nel quale Firenze fu capitale d’Italia.

A Ricorboli e nelle sue vicinanze esistevano anche in tempi remoti diverse fornaci nelle quali si cuocevano i materiali formati col limo del vicino fiume. Una di queste fornaci apparteneva nel XIV secolo con vari altri beni vicini ad un Ser Bartolo di Neri da Rofiano il quale col suo testamento del 31 Ottobre 1367 stabiliva un curioso lascito a benefizio dei malati nello Spedale di S. Maria Nuova. Disponeva che per dieci anni, nella vigilia della SS. Annunziata, fossero date allo Spedale 6 staja d’orzo che si raccoglieva nelle sue terre e particolarmente nel podere di Ricorboli, per far l’acqua d’orzo, libbre 2 di candele di cera e due torcetti di una libbra e si distribuissero tre soldi a tutti gl’infermi. Un’ altra fornace edificò a Ricorboli Feo d’Andrea di Guido Rinaldi sul terreno che i Frati Olivetani gli concessero nel 1382 colla condizione che per 10 anni essi restassero suoi soci ed avessero la metà dei guadagni. Fra le antiche famiglie fiorentine ebbero possessi a Ricorboli gli Ardinghi ed i Boscoli.
Chiesa di S. Maria a Ricorboli. E una modesta chiesa che non presenta pregi architettonici di sorta e che non possiede opere d’arte degne di ricordo, giacché poca o nessuna importanza può darsi ad una tavola antica colla Madonna e il bambino, in gran parte ridipinta nei tempi moderni.
Nel luogo dov’è oggi il fabbricato annesso alla chiesa fu un piccolo monastero di Benedettine d’antichissima fon dazione, ma che non ebbe vita lunga, né prospera. Nel 1373 le monache lo avevano affatto abbandonato ed il Vicario del Vescovo tentò di dargli nuova esistenza mandandovi Suor Lapa di Teodoro de’ Bardi come abbadessa e poche suore del monastero di Monte Domini. Papa Eugenio IV, nel xv secolo, soppresse il monastero e dette il luogo agli Eremitani di S. Agostino i quali vi stettero solo pochi anni. Nel 1446 infatti non v’era più che un oratorio del quale conservavano il patronato i Bardi che lo ingrandirono nel 1478. In quest’oratorio si stabili una confraternita che come tutte le altre venne soppressa colla legge Leopoldina.
Nel 1786, essendo notevolmente accresciuta la popolazione del sobborgo di S. Niccolò, si presero gli accordi per creare una nuova parrocchia che venne infatti istituita nel 1788 per decreto del Granduca Leopoldo I. A questa parrocchia venne assegnata una parte del vasto popolo di S. Miniato al Monte, quando anche questa parrocchia monastica venne soppressa. L’antico oratorio de’ Bardi, ridotto poi a chiesa parrocchiale, è piccolo, mal disposto, oscuro, sicché oggi si stanno cominciando i lavori per la costruzione di una chiesa più ampia, più conveniente e tale da servire al popoloso sobborgo di Ricorboli e della Colonna.

Ponte di Ferro e Barriera di San Niccolò in una mappa del 1906

Via di Villamagna. Nel suo primo tratto, fra la Colonna e lo sbocco della strada di S. Piero in Palco, che si trova a destra prima di giungere al borgo della Nave a Rovezzano, quest’ampia e diritta via che corre parallela all’Arno, era come un gran viale, aperto in mezzo ai suoi possessi dalla famiglia Castelli, sicché per lungo periodo di tempo le restò il nome di Stradone del Castelli. L’Anconella. Fu un tempo un piccolo casale costituito da un ampio fabbricato per uso di pigionali e da poche casette, mentre oggi si trova già collegato al quartiere della Colonna o di Ricorboli. Il casale dell’ Anconella è posto sulla riva del fiume allo sbocco di un fosso che porta lo stesso nome e che raccoglie tutte le acque del Pian di Ripoli. D’onde abbia origine quel nomignolo, comune ad altre località, non può determinarsi con certezza, ma è probabile che esso derivi dalla forma della cateratta che in tempo di piena si chiudeva per impedire l’invasione delle acque nei bassi piani, cateratta che nella sua parte superiore rassomigliava ad un ancona d’altare. Nella località dell’ Anconella, fra la Via di Villamagna e l’Arno il sottosuolo è percorso in ogni senso da gallerie filtranti, le quali raccolgono in gran copia la maggior parte delle acque limpide e pure che, innalzate poi per mezzo di pompe in ampi serbatoi, servono a sufficenza ai bisogni della città. A questa grandiosa opera idraulica, molti ed importantissimi perfezionamenti sono stati introdotti in questi ultimi anni, sicché è stato possibile ottenere qualità migliore e copia maggiore di acque potabili.

Sulla destra della strada di Villamagna, fra questa e la Via di Ripoli, il tratto della pianura, compreso in gran parte nel popolo di S. Piero in Palco, porta il nome di Bisarno. In epoca remota, prima che il governo della Repubblica facesse eseguire con grandissimo dispendio i lavori di arginatura e le altre opere di difesa lungo la riva del fiume, l’Arno dilagava nella pianura e formava un secondo braccio in mezzo al quale rimaneva come in isola un ampio tratto di terreno. Da questo braccio del fiume, derivò il nome di Bisarno, a significare, doppio Arno; ed il nome che per molti secoli fu proprio anche della parrocchia di S. Piero, sussiste tuttora nelle denominazioni di poderi e case poste in quella località. A ricordo poi delle condizioni in cui si trovava un giorno questo tratto di pianura vale ancora il nome di Lame o di Via delle Lame proprio della strada che, parallela a quelle di Ripoli e di Villamagna, attraversa tutto il piano di Bisarno, essendo accertato come cotesto nome derivi dalle acque che dilamavano gli adiacenti terreni.

Castello del Bisarno in via di Badia a Ripoli

Pertanto, prima di proseguire il nostro cammino per la strada di Villamagna illustreremo gli edifici più impor tanti che si trovano nella contrada di Bisarno e più precisamente nel popolo di S Piero in Palco. A questa parte del Pian di Ripoli si accede tanto dalla Via di Ripoli per mezzo della Via delle Lame, della Via Erbosa e della Via della Badia, quanto da altre strade che imboccano nella strada di Villamagna.

Dall’essere stata edificata nel punto più elevato della pianura, per sottrarla alle inondazioni dell’Arno, venne a questa chiesa l’appellativo di S. Piero in Palco, mentre in antico fu pur chiamata S. Pietro in Bisarno,  perché posta nell’isola chc l’Arno dividendosi in due rami formava in questa parte del Pian di Ripoli. Dai ricordi che se ne hanno, può ritenersi che essa esistesse già verso il 1000 alla pari delle altre chiese parrocchiali vicine. In origine fu di modeste proporzioni e di forma rettangolare; più tardi vi furono aggiunte le cappelle le quali le dettero la forma di croce latina. La prima riduzione della chiesa deve riferirsi al secolo XIV nel quale alla copertura con tettola a cavalletti vennero sostituite le volte a nervature di stile ogivale; ma le trasformazioni più essenziali che le tolsero in gran parte il carattere d’antichità vennero compiute dal XVII secolo in poi.”
(Fu parrocchia fino al 1958, quando passò il nome e il titolo alla nuova, grande chiesa del quartiere di Gavinana, detta appunto di San Piero in Palco, in piazza Elia Dalla Costa. n.d.r.)”

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